Ore 11,15: «Finalment a frogia»

Ore 11,15: «Finalment a frogia» La statua equestre di Emanuele Filiberto va al restauro Ore 11,15: «Finalment a frogia» Il cavallo ha resistito quattro giorni all'assalto - Lavori alla cieca, troppi imprevisti - Alle 17,46 il monumento a « Testa di ferro» ha lasciato piazza San Carlo Eppur si muove. Tradotto in vernacolo piemontese, il celebre motto rimbalza con sussurri di bocca in bocca tra la folla assiepata in piazza San Carlo, attorno al monumento. Sono le 11,15 di ieri, martedì 27 novembre, un momento storico. -A bugia, a bugia» ripete la gente, scrutando col fiato sospeso la statua equestre che dondola a pochi centimetri dal basamento, finalmente libera. Impegnati più duramente che a San Quintino, Emanuele Filiberto e il suo fido cavai 'd bróns si sono arresi al manipolo di operai con batterie di martelli pneumatici, dopo una battaglia durata quasi quattro giorni. Ed ora una folla di pensionati, ammirata da tanta lotta, rendo al duca l'onore delle armi. Dilettanti e professionisti dell'obiettivo sparano foto a raffica verso il fiero destriero appeso, novello ippogrifo, alla potente gru da 60 tonnellate. Sotto, tee- nici e amministratori comunali tirano un gran sospiro di sollievo dopo le ansie e la rabbia dei giorni passati. -Sembrava proprio che la città facesse il tifo per il cavallo — commenta qualcuno a denti stretti — ma non era un'impresa semplice. Senza i piani di fusione originali e senza notizie sulla presunta rimozione in tempo di guerra bisognava scoprire il monumento poco alla volta». L'assessore Vindigni rimprovera, bonario, i giornali, per la loro severità: «Questa gente ha lavorato bene, non è giusto metterla in ridicolo. E anche per la città, nell'atto di ripiombare in giorni colmi d'angoscia per il processo alle Brigate rosse, un simile diversivo può aver offerto motivo di distensione». Tornano alla mente, in rapide sequenze, pensieri e battute che hanno fatto da contorno a questa kermesse cittadina. I lazzi del primo giorno, che addossavano ai democristiani il sospetto d'aver -cementato» Emanuele Filiberto sul piedistallo per far dispetto alla Giunta rossa. I dubbi sulla struttura tecnica della statua equestre di Carlo Marochetti, ricchi di complimenti postumi allo scultore: « Una volta si che si lavorava bene, mica come adesso che fan la roba di latta». La disputa sul presunto spostamento a Santina in tempo di guerra, nel '43, con ricollocazione in piazza San Carlo nel '46. Secondo le testimonianze raccolte dai sovraintendenti ai beni ambientali e dallo stesso assessore ai lavori pubblici il salvataggio avvenne («i4 Santena, conferma Vindigni, gli operai lasciavano nella pancia del cavallo le bottiglie di vino, per tenerle in fresco»); secondo i ricordi di un partigiano, invece, fu rimosso soltanto Emanuele Filiberto, mentre il cavai 'd brOns divenne nascondiglio per armi e munizioni della lotta di Liberazione. Si ricordano, infine, gli attimi di tensione durante il difficile lavoro: come lunedi sera, quando la statua ha trascinato con sé una parte di basamento da 16 tonnellate e soltanto la grossa stazza della gru, sopportando la -sbandata», ha forse impedito notevoli guai. Ma polemiche e accuse di improvvisazione si smorzano d'incanto alle 11,15. Il maligno impedimento (un perno elicoidale più lungo, sotto la zampa posteriore destra del cavallo, -Ha anche l'antifurto» commenta un tecnico) è stato scoperto e segato; nulla trattiene più il bizzoso cavallo e Testa di ferro alla base, la piastra di bronzo sotto gli zoccoli ruota leggera e il duca si staglia nel cielo azzurro, tra le due chiese. Dopo una pausa per godersi il successo, i tecnici riprendono l'attività dopo pranzo, alle 14,30. Viene preparato il planale sul basso rimorchio, praticando i iiliiiiiiiiiiillililllilllliliiillllillllliiiiiiiiiiiiiiiil fori di alloggiamento che ospiteranno i perni degli zoccoli; si sistema l'automezzo sul lato destro del monumento, fronte a Porta Nuova; traffico e curiosi vengono incanalati con qualche difficoltà. Alle due e quarantacinque il tradizionale profilo comincia lentamente a salire, mentre il motore della gru ronfa potente per depositare poco più in là 22 tonnellate di storia fusa nel bronzo. C'è una ressa fatta di curiosità e sguardi ammirati: nessuno l'aveva mal visto cosi da vicino, cosi bello. Anche le ferite inferte dai vandali, i fregi mancanti e 1 danni del tempo sembrano scomparire in questa massa possente ma aggraziata. Nervi tesi sotto la pelle del cavai 'd bróns parrebbero annun¬ ccsssl ciare un galoppo imminente; che pensa il duca osservando sdegnoso la calca? A scanso di sorprese piccole figure in tuta scalano gli oltre cinque metri lungo staffe, gambali, armatura, e «si affannano ad imbragare il colosso, con un'operazione che dura fino all'imbrunire. Il cielo al tramonto si tinge di rosso e il duca è ancora 11, sfiorato dal traffico, ansioso d'iniziare la parata. Quando l'automezzo si muove verso via Giolitti, nel «salotto» di Torino già soffuso di luce artificiale qualcuno mormora: -Finalment i suma, a bugia». Soltanto in quel momento lo sguardo torna sul basamento monco dei suoi personaggi, con un po' di nostalgia. Torna presto, cavallo. Roberto Reale La gente trattiene il respiro: il cavallo «vola» fino a incastrarsi tra le sponde del camion. Ed ecco che il duca, frenando il galoppo, va a spasso tra le auto

Persone citate: Carlo Marochetti, Emanuele Filiberto, Santina, Vindigni

Luoghi citati: San Quintino, Santena, Torino