Nelle trappole della lingua italiana

Nelle trappole della lingua italiana Nelle trappole della lingua italiana Tristano Bolelìi: «Qualche' parola al giorno. Conversazioni alla radio sulla lingua», ed. Giardini, pag. 303, lire 12.500. Confesso che, a leggere' questo libro, mi si è allargato il cuore: finalmente di nuovo un linguista che parla di ouestionl e problemi minimi e: massimi della lingua e del linguaggio con estrema chiarezza e concretezza, e anche con una certa arguzia e con una punta di ironia.- Il discorso di Bolelli é, invece, sempre garbatamente comunicativo, e punta sulla notizia, sul dato, almeno cornei spunto di partenza, si tratti della ricerca e delle indicazioni etimologiche di parole comuni dell'uso linguistico, ovvero della spiegazione di come si svolgano 1 conflitti e si' attuino 1 rapporti fra le varie lingue e culture, ovvero ancora delle innovazioni e anche delle storture dell'uso. La posizione di Bolelli è di un moderato conservatorismo, soprattutto nei confronti dii quegli usi linguistici che più dipendono dalle mode culturali e che rappresentano la diffusione snobistica in ambito generale delle parlate di gruppi circoscritti (come il cosiddetto «sinistrese»). Ma c'è, soprattutto, in questo libro l'idea che una migliore conoscenza della lingua che si legge e di quella che si parla nelle motivazioni storiche, etimologiche, culturali, significhi anzitutto una più profonda e utile conoscenza della realtà della nostra vita e, al tempo stesso, una visione più completa e chiara di quello che è stato il nostro passato, che con le sue vicende, che sono privilegiatamente fissa-, te nella vicenda e nelle testimonianze della lingua, determina il nostro presente, proponendoci quel patrimonio linguistico che filtra di necessità le nostre idee, 1 nostri sentimenti, i nostri rapporti con gli altri, tutte le Torme dell'espressione della comunicazione. Bolelli non rifugge dall'a¬ neddoto, dalla curiosità, che può anche sembrare minore o minima (come i soprannomi degli abitanti di città o di popoli o come le invenzioni linguistiche che nascono da motti di spiritò): ma lo scopo è sempre quello di introdurre 11 lettore alla comprensione sempre più precisa di che cos'è la lingua che parla, acquistando coscienza di tutte le opportunità e le sfumature che essa gli offre per i bisogni della comunicazione, ma anche per quelli della battuta, del divertimento, dell'espressione. Cosi accade che, anche quando Bolelli affronta i problemi teorici, come quelli della grammatica generativa e trasformazionale oppure quelli dell'insegnamento, o, meglio, del non insegnamento linguistico, egli faccia prevalere una sorta di superiore buon senso che è una propria saggezza che ridimensiona sia le pretese di un astratto razionalismo universalizzante sia quelle di una libertà e spontaneità che, nel campo della lingua, sono soltanto causa di incomprensione e di impossibilità o, almeno, di difficoltà di comunicazione. Il problema fondamentale del parlante, di fronte alla lingua, è di impadronirsi di essa con tutti i suoi meccanismi, ciò che significa, inoltre, conoscere il suo passato, la sua storia, senza attendersi la giustificazione di forme errate o imperfette di pronuncia o d'uso, che non significano altro che ostacoli nella mutua comprensione per quanto impegno pedagogisti e linguisti mettano nello spiegarle. Ecco: il libro di Bolelli è proprio la miglior guida che si potrebbe desiderare per giungere a dominare sempre meglio e più ampiamente e proficuamente quel patrimonio della lingua che è di tutti e a cui tutti devono poter attingere, ma attraverso lo sforzo della conoscenza, non attraverso la faciloneria e la comoda sufficienza dell'ignoranza. G. Bàrberi Squarotti

Persone citate: Bolelli, Giardini, Squarotti, Tristano