APERTA LA STAGIONE DEL REGIO

APERTA LA STAGIONE DEL REGIO APERTA LA STAGIONE DEL REGIO Aida fuoco e gelo La bella direzione di Gavazzeni ha momenti di furia espressionistica - La Arroyo commovente, la Cossotto drammatica - Le scene in legno dello scultore Ceroli TORINO — Con un'Aida un po' fuori delle consuetudine tradizionali si è inaugurata al Regio la stagione lirica. L'insolito viene soprattutto dalle scene di Mario Ceroli e. di conseguenza, dalla regia di Mauro Bolognini. Contro ogni tentazione d'autarchia municipale mascherata sotto pretesti sindacali («dar lavoro ad artigiani e maestranze cittadine») si ribadisce il principio della convenienza, anzi, della necessità di far uso. quand'è possibile, di allestimenti d'altri teatri, senza dar vita allo spettacolo inverecondo di quattro o cinque teatri che nella stessa stagione abbiano la boriosa, e costosa, pretesa di mettersi in scena ciascuno la sua Aida. Non solo, ma si aggiunge: è un preciso dovere di un Ente lirico quello di portare a conoscenza del proprio pubblico messe in scena di cui si sia molto parlato e che abbiano fatto discutere in altra sede, com'è stato il caso a Venezia, pochi anni or sono, per queste scene di Aida dello scultore Ceroli. Vogliamo conoscerle anche noi. senza bisogno di metterci in viaggio, e farcene un'idea personalmente, anche a costo di doverci poi dichiarare poco soddisfatti. Che è il caso di questa Aida. sempre riconoscendo che le scene di Ceroli sono il prodotto d'un artista e realizzano, specie nel quadro del trionfo al second'atto e in quello del giudizio, all'ultimo, vedute di grande nobiltà stilistica, che con un uso un po' più avveduto delle luci potrebbero concorrere validamente all'efficienza dello spettacolo. Ma sono scene poco ospitali per l'azione, soprattutto quando questa si concentra sulle relazioni individuali tra i personaggi (e si sa che. sia nella critica, sia nella pratica teatrale, l'interpretazione dell'Aida si va sempre più orientando verso il suo aspetto intimistico, con crescente diffidenza, per non dire fastidio, dei rataplan spettacolari). Ceroli è un grande artista del legno, un poeta del buon legno grezzo, senza vernici né smalti, giallo e nudo con tutte le sue venature in vista; e in un'epoca in cui ferro, latta, cemento e le più infernali materie plastiche sono diventate materia delle arti figurative, questo vale a conciliargli la simpatia, anche indipendentemente da ogni cedimento di arcadia ecologica. Giustamente perciò ha fatto le scene di Aida interamente in legno. Anzi, la scena di Aida, perché si tratta d'una scena unica, che con l'accorgimento di alcuni elementi mobili, come piramidi, sfingi, tutte in legno, suggerisce gli esterni, e con altri elementi meno identificabili, e con molto minor successo, gli interni. Scene inospiti, si diceva. Non ci sono suppellettili e arredi, non lo straccio di un trono, d'una poltrona, d'una sedia, d'uno sgabello. Gli attori sempre in piedi. Ciò pone alla regia problemi aggiuntivi d'impossibile soluzione. Per esempio la grande scena in cui Amneris esplora e svela l'anima semplice di Aida per scoprire che è innamorata di Radames. non ha più nessun senso senza l'occasione che dà luogo a quelle confidenze: Amneris che si fa acconciare dalle ancelle per la festa trionfale e Aida che le sta vicino, la prediletta fra quelle ancelle e schiave. Qui invece sono in piedi tutte due. in uno spazio neutro, che non è né interno né esterno. Amneris costretta a prestare un'attenzione esagerata al balletto dei «giovani schiavi mori». (Ma è invece ottima cosa averci liberato dai saltellamenti dei morettini in età scolare e averli sostituiti con ballerini adulti, in una coreografia di Ugo Dell'Ara, che non manca di gesti azzeccati nel rapporto con la musica ed evoca forse riflessi erotici un poco inquietanti). La scena unica è costantemente su due piani, anticipando così, fin dal primo momento, la presenza della tomba, che perde molto del suo lugubre effetto quando viene usata come tale nell'ultima scena, dopo essere già stata impiegata a tanti altri usi. Aggiungiamo che la tomba stessa, e così gli altri due scomparti lignei che le stanno attorno a pianterreno, sembrano maledettamente i box del garage d'un condominio. Anche la scena notturna sulle rive del Nilo scapita molto della sua suggestività tropicale, nonostante la presenza d'una strana luna e d'una improbabile nave (richiesta, in verità, dal libretto, ma dovrebbero scenderne i personaggi, cosa che non si fa mai). Nel tetro spazio di quello scantinato Bolognini ha molta difficoltà a valorizzare il romanzesco dell'inganno di Amonasro per carpire il segreto militare degli Egizi, e cosi nell'ultima scena l'apparizione di Aida nella tomba è molto meno misteriosa di quanto lo: sia nei fremiti della musica, perché, invece di trovarsi già nascosta nell'oscurità del sotterraneo, Aida viene molto semplicemente dalla camera accanto. Invece il melodramma si fa proprio con questi trucchi semplici e ingenui da romanzo d'appendice. Comprendiamo benissimo e condividiamo il fastidio del regista per tutto l'apparato della marcia trionfale, coi comprimari che escono dalle quinte di sinistra e rientrano dalla destra, guerrieri con casseruole in testa e pennacchi, e tutto un arsenale di trofei, insegne e carabattole da rigattiere. Ma allora tanto valeva interiorizzare tutto e sopprimere anche le incomode picche e insegne di comando, come quella che Amneris consegna a Radames. E in ogni caso, la soluzione di trasferire la Marcia ai ballerini è musicalmente inaccettabile: una Marcia non è una danza, o per lo meno è un tipo di danza tutto particolare che si può eseguire in un modo solo, camminando. Dentro questa cornice un po' gelida, contrariamente a quanto avrebbe dovuto produrre il calore umano della materia legno, la direzione di Gavazzeni ha conferito alla partitura verdiana una superiore nobiltà di stile, senza nessun pericolo, però, di accademismo senatoriale. Anzi, appena il testo musicale lo permette Gavazzeni stacca certi tempi da giovanotto focoso, a cui l'orchestra e il coro (un po' meno numeroso di quello che Gavazzeni avrebbe desiderato) e i cantanti si adeguano con bravura. Anzi, a proposito dell'orchestra, è doveroso dire che Gavazzeni tira fuori da essa certi colori, di legni e d'ottoni, che pochi vi sospettano, d'una cupezza lohengriniana e. in un espressionistica caso, di furia bell'e buona. Sul palcoscenico predominano e strafanno le donne: Martina Arroyo dalla voce purissima, senza un'incrinatura, e commovente interprete dell'aspetto umile, schiavo, di Aida, vittima dei vincitori e del padre; un po' meno convincente come giovinetta innamorata e seduttrice. La Cossotto, finalmente restituita ai patrii lidi delle scene cittadine, spiega le unghie già nel second'atto. quando costruisce la regal carogna che inquisisce la povera Aida, ma soprattutto nell'ulti-, mo atto, quando il personaggio, da altera donna di corte, si evolve in uno dei soliti eroi verdiani in rivolta contro le ipocrisie di preti e potenti, allora la Cossotto spiega tutta la potenza del suo temperamento sanamente popolano. L'ovazione che immancabilmente l'accoglie dopo la scena dell'invettiva ai Sacerdoti non è il solito applauso di cortesia, ma la reazione irresistibile d'una folla che si è sentita rimescolata e trascinata dalla generosità d'un'autentica forza naturale. In presenza d'un tenore, il Todisco, che è incorso in qualche infortunio per voler forzare oltre i limiti le risorse d'una voce gradevole, ben disciplinata, ma non stentorea, le fortu-. ne virili sono state affidate soprattutto all'energia del baritono Mastromei. che impersona un bronzeo e tonante Amonasro. Corretti bassi Giacomotti e De Bortoli nelle parti del Re e di Ramfis. che si scambieranno nel corso delle numerose repliche. Per fortuna quella splendida pagina che è il racconto del Messaggero nel primo atto viene scandita a dovere da Giampaolo Corradi. E la voce esterna di Maria Gabriella Onesto contribuisce anche lei alla prevalenza del sesso femminile. Prima ballerina Taina Beryll. che si produce tra l'altro in un rischioso volo dal primo piano. Primi ballerini Marita Marchioretto. Carmen Novelli e Arpad Kovaks. La serata, iniziata in un gelo siberiano dopo l'aria di sortita di Radames. si è andata progressivamente scaldando ed è finita con caldi applausi a Gavazzeni e agli interpretiMassimo Mila Le sfingi in legno di Ceroli (Foto Piero De Marchisi

Luoghi citati: Torino, Venezia