La Sardegna aspetta il rilancio della Sir ma dice basta all'utopia petrolchimica

La Sardegna aspetta il rilancio della Sir ma dice basta all'utopia petrolchimica Il piano del consorzio bancario non prevede nuovi impianti La Sardegna aspetta il rilancio della Sir ma dice basta all'utopia petrolchimica SASSARI — La situazione dell'industria in Sardegna, profondamente segnata dalle vicende della Sir, resta pesante. Il consorzio bancario, costituito per fare della Sir una società finalmente in pareggio, sta per il momento provvedendo a sistemare alcune «pendenze», abbastanza pesanti in verità, di natura finanziaria per poi passare all'attuazione di quel piano Imi sul quale si è raggiunto l'accordo con la costituzione del consorzio stesso. Il piano non lascia nessuno spazio a nuove avventure petrolchimiche. L'orientamento è per la rimessa in attività degli impianti già realizzati; nuovi programmi di sviluppo non sono previsti; verranno inoltre tagliati quei rami che il mercato delle fibre tende a far diventare «secchi» o comunque economicamente non validi. In questo quadro acquista un particolare peso il problema dell'impiantistica, un set¬ tore che si è sviluppato di pari passo con la crescita della Sir e che ora non trova più sbocchi se non nella manutenzione degli impianti esistenti. La dimensione di questo settore sta in queste poche cifre: oltre 8 mila addetti, pari al 60 per cento della categoria dei metalmeccanici in Sardegna, e al 20 per cento dell'intero settore industriale. E' un nodo che viene al pettine, ma, come al solito, si presenta in modo drammatico. Sono 6640 i metalmeccanici provenienti dall'impiantistica che sono in cassa integrazione speciale, e che beneficiano degli interventi della legge 501 detta anche «legge Taranto». In base a tali interventi il regime di cassa integrazione viene portato a dodici mesi e può essere esteso a 24 mesi, ma contemporaneamente si fa obbligo ai lavoratori di partecipare a corsi di riqualificazione professionale per essere avviati ad una nuova occupazione. L'obbligo di istituire i corsi di riqualificazione — che vengono finanziati dalla Comunità Europea — spetta alla Regione, la quale è stata finora inadempiente per gran parte dei suoi obblighi. Si è dato inizio ai corsi soltanto il 3 settembre e si parla già di chiuderli; sono in numero assai ridotto; funzionano malissimo. D'altro canto non si sa ancora in che senso procedere. Dice il nuovo assessore regionale all'Industria, il socialista Fausto Fadda: «Dobbiamo ancora decidere quale impostazione dare ai corsi. Che cosa bisogna insegnare a questi lavoratori? Ancora non lo sappiamo'. La Regione ha affidato all'Italimpianti (Iri) un'indagine con i seguenti obiettivi: fare una ricognizione sullo stato delle aziende esistenti nell'isola circa le possibilità di riconversione, fare una ricognizione dei livelli di specializzazione della manodopera, dare concrete indicazioni su nuovi investimenti non solo per il riassorbimento della manodopera espulsa ma perché si inneschi una nuova fase di sviluppo che si fondi su basi diverse da quelle sulle quali ha prosperato l'illusorio disegno dello sviluppo petrolchimico. Ora la cassa integrazione speciale sta per esaurirsi e con essa si chiuderanno i corsi di riqualificazione. I quali saranno serviti praticamente a nulla: a non riqualificare perché non si è saputo che cosa insegnare, a non far trovare nessuna occupazione perché nessuna prospettiva si è nel frattempo aperta. Cosi si ingrossa il numero dei disoccupati (oltre centomila, il numero proporzionalmente più alto di tutte le Regioni italia-, ne). Per le forze politiche, per quelle economiche e per quelle sindacali si prospettano giorni di duro controllo. Antonio Pinna

Persone citate: Antonio Pinna, Fausto Fadda

Luoghi citati: Sardegna, Taranto