Ma l'apparecchio anti-dolore continua a coprirsi di polvere di Claudio Giacchino

Ma l'apparecchio anti-dolore continua a coprirsi di polvere Ma l'apparecchio anti-dolore continua a coprirsi di polvere Una storia di denaro sprecato ed inefficienza nel reparto di terapia antalgica delle Molinette - Il prof. Delfino: «Da noi regna l'immobilismo» Per compiere interventi più sicuri c'era bisogno di un'apparecchiatura molto costosa. Dopo ripetute richieste e lunghe attese l'apparecchiatura è arrivata, l'ha donata una banca. Sono trascorsi mesi e l'apparecchiatura non è ancora mal stata adoperata: addirittura non è stata nemmeno installata, continua a languire e coprirsi di polvere, smontata in una grande cassa, in un corridoio. E cosi i medici sono costretti a lavorare sempre in precarie condizioni, con estremo disagio e pericolo per se stessi e per i malati. Questa storia di spreco di denaro e di efficienza, storia abbastanza frequente nel pubblico servizio, è ambientata alle Molinette, nel reparto di rianimazione e terapia antalgica (ossia terapia antidolore) dell'Università. In questo centro, diretto dal' prof. Enrico Ciocatto, da anni una ristretta équipe combatte la sofferenza e i risultati sono sor-, prendenti: da gennaio ad oggi sono state visitate circa 2 mila persone torturate da terrìbili dolori provocati dal cancro o da nevralgie del trigemino e della colonna vertebrale, quasi tutte sono state affrancate dalla schiavitù del tormento. •Agiamo in condizioni assurde — osserva il prof. Ugo Delfino, Incaricato dell'insegnamento della terapia antalgica nella scuola di specializzazione in anestesiologia e rianimazione dell'Università —. Manca un sacco di cose: e adesso che ci è stata regalata una macchina indispensabile per eseguire otti-, mamente la terapia contro il dolore, non ce la lasciano utilizzare. Da noi funziona tutto cosi: il nostro reparto è paralizzato dall'immobilismo. Un immobilismo: che finirà per creare un giorno o l'altro qualche disastro*. L'algologia, cioè la scienza che studia la sofferenza fisica, ha compiuto negli ultimi anni passi da gigante, all'estero vanta enormi successi. In Italia, invece, è pressoché ignota o ignorata; gli specialisti si contano in poche decine. Tra questi c'è appunto il prof. Delfino. «Mi sono perfezionato studiando in Usa, in Inghilterra — spiega Delfino — sono in grado di fare gli interventi più difficili. Però, farli in ospedale è molto rischioso, la carenza di strumenti è incredibile. Cosi, per sicurez-za mia e del paziente, spesso opero in cliniche private. Faccio là quello che, con un minimo di volontà da parte del mio direttore e delle autorità sanitarie, potrei benissimo fare, sema sottoporre il malato a sacrifici economici, in ospedale*. La terapia antalgica si basa sulla cosiddetta « terapia di blocco*. Il medico debella il tormento, interviene con speciali sonde sulle vie sensitive e distrugge il fascio nervoso che trasmette il dolore. Gli interventi, il cui successo oggi rasenta la percentuale del cento per cento, devono essere eseguiti con il paziente' sotto anestesia, sono quasi sempre molto delicati. ••Basti pensare che con le sonde dobbiamo penetrare nel cervello — dice il prof. Delfino — nel midollo; arriviamo anche a sfiorare l'aorta. L'errore, seppur minimo, può costare la vita al malato o procurargli lesioni irrimediabili*. Per individuare il punto esatto dove intervenire con le sonde, esiste un'apparecchiatura radiologica (un amplificatore di brillanza) che costa oltre 50 milioni. Apparecchiatura in funzione in alcune cliniche private e non nell'ospedale. «Da anni lo richiedevamo — afferma 11 prof. Delfino — ci siamo rivolti al rettore dell'Università, alle autorità politiche, in cambio abbiamo sempre e solo ricevuto promesse mai mantenute*. Nel '78 Delfino opera, in clinica privata, l'ex sindaco Guglielminetti, gli racconta delle difficoltà che assillano 11 centro antidolore. «£ grazie all'interessamento di Guglielminetti nel giugno scorso l'apparecchiatura ci è donata dalla Cassa di Risparmio. A settembre V "amplificatore di brillanza" arriva alle Molinette in un cassone, finisce in un corridoio. E' li ancora adesso e chissà per quanto ci rimarrà ancora*. Per adoperare la macchina è. necessario dotare il centro di un locale schermato e asettico. «Per poter lavorare come si do-' vrebbe — assicura Delfino — sono indispensabili altre apparecchiature, costano in tutto 15 milioni, una sala operatoria vera, 4 assistenti specializzati. Oggi andiamo avanti alla meno peggio, mancano perfino le indispensabili misure di asepsi. L'annopassato facemmo presenti tutti questi assurdi al prof. Ciocatto, ci rispose semplicemente che se non c'erano tutte le condizioni ideali per lavorare, era meglio sospendere gli interventi. «Nessuna comprensione ab-, blamo incontrato all'assessorato reintintai pstdechcil'itrgiDEtezadpziapchdimceddceFSnddvalozidglepolepcRiptdsLpdncn«pmd2pmns11111J11111111 Il 111111111IIIJ11II111111111II 1 regionale alla Sanità. Abbiamo interpellato pure il ministro Altissimo. Ma nulla si è mosso. L tinta? a dimostrare sensibilità per i problemi del centro antalgico è stato il sovrintendente sanitario delle Molinette, prof. Neri*. Intanto la costosa apparecchiatura resta imballata, i medici proseguono ad agire sotto l'incubo che una mattina o l'altra accada l'irreparabile. «Un giudice ci ha detto — confida Delfino — che rischiamo grosso. E se un malato ci morisse durante l'intervento?*. Non c'è quindi da scandalizzarsi o stupirsi se poi gli algologi delle Molinette preferiscono, per 1 casi delicati, curare 1 pazienti nelle cliniche private. «Se almeno — lamenta Delfino — potessimo servirci dell'apparecchiatura regalataci dalla Cassa di Risparmio. Invece, con l'immobilismo che regna da noi, il centro corre davvero il pericolo di chiudere definitivamente*. Claudio Giacchino

Persone citate: Ciocatto, Enrico Ciocatto, Guglielminetti, Ugo Delfino

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Usa