Baldwin racconta a ritmo di blues di Masolino D'amico

Baldwin racconta a ritmo di blues Baldwin racconta a ritmo di blues James Baldwin: «Se la strada potesse parlare», ed. Rizzoli, pag. 176, lire 6500. «Sulla mia testa», ed. Bompiani, pag. 496,ìfre 8500. La musica, la musica tradizionale negra, ha una grande importanza per James Baldwin, che frequentemente la cita e ne riproduce i ritmi nel dialogo dei suoi personaggi, ponendo fra l'altro problemi insolubili ai traduttori. Il primo dei due romanzi che escono quasi contemporaneamente qui da noi. Se la strada potesse parlare, del 1974, aspira con la deliberata semplicità e con il sentimentalismo volutamente ingenuo della storia a creare qualcosa di simile a un blues. Tish ama Fonny, e aspetta un suo bambino; ma Ponny è imprigionato ingiustamente dai bianchi; bisogna resistere e lottare. Tutto qui, e come in una canzone popolare non ci sono sfumature. I negri sono tutti buoni, cordiali, affettuosi, anche i loro difetti sono un portato della generosità; Fonny in particolare è quasi angelico, basta vedere la professione che si è scelto, quella di scultore in legno, tramite la quale sogna di evadere dallo squallore di Harlem. I bianchi viceversa sono quasi tutti viscidi, prepotenti, prevaricatori; qualche eccezione è possibile solo fra i gruppi etnici meno privilegiati. Il libro ha zone felici, in particolare le scene di famiglia, sempre una specialità di Baldwin; si ricorda anche l'episodio del viaggio a Portorico intrapreso dalla madre di Ponny per cercare di convincere la presunta vittima del figlio a riflettere sulla denuncia sporta. Nel complesso però l'effetto è di una stucchevolezza deamicisiana. Tutt'altra musica, ma sempre molta musica, e gran citazioni di canti sacri e non, nel recentissimo, torrenziale, lutulento Sulla mia testa: romanzo che per l'ampiezza della tela e per il numero degli argomenti affrontati costituisce lo sforzo più massiccio e ambizioso di Baldwin da diversi anni a questa parte. Filo conduttore della narrazione, ovvero suo scopo apparente, è il tributo elevato a Arthur Montana, cantante gospel morto improvvisamente a . trentanove anni in un pub londinede, dal suo fratello e impresario Hall, più anziano di qualche anno. Rievocando ad ampi sprazzi l'esistenza di Arthur, la sua arte, la sua omosessualità. Hall ci parla moltissimo anche di sé e degli amici con cui è cresciuto, e in definitiva mette insieme, più che la vita di un cantante, la saga di una (famiglia di Harlem dagli anni cinquanta ai nostri giorni, nelle sue vicende private e sullo sfondo della Storia: presente questa fra l'altro con la' guerra di Corea, i movimenti per i diritti civili dei negri, l'ambigua Europa degli Anni Sessanta. Intimamente legata ai Montana è un'altra coppia di fratelli, Julia e Jimmy, cui è dedicata gran parte del libro. Julia è dapprima bambina prodigio, molto ammirata per i sermoni che improvvisa in parrocchia (siamo ancora in un clima di candidi entusiasmi evangelici). Julia perde la sua eloquenza con la morte della madre; poco dopo il padre, piagnucoloso ubriacone, comincia ad abusare di lei. Julia vive dolorosamente il suo segreto, trovando conforto nel rapporto con Crunch, coetaneo di Arthur; ne rimane incinta, ma poi abordisce per le percosse paterne. Julia e Jimmy si rifugiano quindi da una parente nel Sud, e al loro ritorno a New York, anni dopo, diventano gli amanti dei fratelli Montana — più breve, anche se intenso, 11 legame fra Julia e Hall, lunghissimo quello fra Jimmy, che è diventato pianista, e Arthur. Sollecitato da una domanda del figlio. Hall dedica molto spazio a descrivere e a spiegare la «diversità» sessuale del fratello, dalla scoperta dell'amore per Crunch — nato durante una tournée nell'ostile Sud, che in seguito i fratelli torneranno a percorrere quasi in missione, e dove lasceranno un amico, ammazzato dai razzisti — al sodalizio con Jimmy, passando per un intermezzo parigino, dov'è rievocata l'avventura effimera con un francese dall'europea, amara affabilità. A un certo punto del libro Hall esprime l'intenzione di mettersi a nudo, di vuotare veramente il sacco, e questo è quanto Baldwin qui cerca innegabilmente di fare, senza paura delle eventuali e facilmente rilevabili incoerenze, rischio di ogni confessione totale: i negri di Sulla mia testa non sono dei santi, tutt'altro. Grondano sangue e sudore, paura e ira. frustrazione e energia repressa: quasi nes¬ suno è sereno; uniche eccezioni, dei vecchi musicisti, Montana padre, un jazzistaincontrato a Parigi. Nessunoha le idee chiare sulla propria condizione: d'altro canto, tutti sono uniti da vincoli saldi e ineffabili. Il meglio naturalmente viene a galla nelle condizioni peggiori; nel vecchio e intollerante Sud, per esempio, dove avvengono gli episodi di efficacia propagandistica più immediata. Altrove il malessere, l'inquietudine, la rabbia descritti da Baldwin appaiono meno risolti artisticamente; mantengono l'indigeribilità della cronaca e del libello. Nell'insieme, il libro è violento, ma anche querulo; appassionante, ma anche molto ripetitivo. Forse paradossalmente però è proprio attraverso il fallimento del suo tentativo di ordinare, di oggettivare materiale tanto incandescente per lui, che Baldwin risulta efficace nel rendere tangibile la tremenda difficoltà di essere negro. Masolino d'Amico James Baldwin in una caricatura di David Levine (Copyright N.Y. Revlew of Books. Opera Mundi e per l'Italia .La Stampa.)

Persone citate: Baldwin, David Levine, James Baldwin

Luoghi citati: Corea, Europa, Italia, Montana, New York, Parigi