«Si privilegia la Rai a danno dei giornali» di Giuseppe Fedi

«Si privilegia la Rai a danno dei giornali» ROMA — Mentre, dal giugno '78. si discute accademicamente se e come rinnovare le provvidenze a favore dell'editoria (trenta miliardi all'anno) e la legge di riforma, dopo una gestazione di tre anni, sta per arrivare a suon di emendamenti in aula, il Parlamento accorda alla Rai il trenta per cento in più di introiti pubblicitari per il 1980. Quarantasette miliardi vengono sottratti alla stampa, con una decisione che sanziona il privilegio del monopolio pubblico sui quotidiani a danno delle «editrici». Giovanni Giovannini. presidente della Federazione editori (Pieg). parla di provvedimento «inaudito». E osserva: «Dopo tutto ciò che si è detto e scritto sulla necessità di agevolare il ripristino dell'economicità nella stampa l'unico fatto concreto è quello di un aumento del gettito pubblicitario della Rai di diìnensioni tali da trovare contrari persino i rappresentanti degli inserzionisti, tradizionalmente orientati ad una maggiore presenza sul mezzo radiotelevisivo». Questa decisione è «scandalosa», secondo la Pieg. per essere stata presa «disattendendo gli accordi faticosamente raggiunti tra editori e Rai, grazie alla mediazione del sottosegretario alla stampa Cuminetti; per aver superato ogni limite di compatibilità con le esigenze di equilibrio economico della stampa; per non aver avuto, a quanto risulta, alcun oppositore». «E piti scandaloso ancora — sottolinea Giovannini — è che in uno Stato di diritto possano esistere decisioni quali quelle assunte dalla commissione di Vigilanza, sottratte ad ogni possibilità di appello da parte dei danneggiati». C'è poi da sgombrare il campo dagli equivoci e dalle polemiche artificiose provocati dalla proposta di un intervento diretto a risanare la posizione finanziaria delle aziende editrici. Giovannini ricorda che «te posizioni contrarie al nostro emendamento sono di due tipi» e cioè: «Non conosco l'emendamento ma sono contrario», oppure : «Lo conosco e sono contrario perette non si possono cancellare i debiti accollandoli allo Stato». Sulla prima, spiega il presidente della Pieg, «7107! credo ci sia bisogno di molte parole. Sulla seconda, invece, per chiamare le cose con il loro nome, occorre dire che si tratta o di malafede o di errore». «La Fieg, infatti — chiarisce Giovannini —«ori solo non ha mai chiesto che qualcuno si, accollasse i debiti degli editori, ma. per la verità, non è inai nemmeno stata sollecitata a farlo da alcuno dei suoi associati. La nostra proposta riguarda tutt'altra cosa: la concessione di un finanziamento a medio termine ed a tasso agevolato alle aziende editrici. Lo Stato quindi si accolla solo l'onere di un contributo sugli interessi die non è né maggiore né minore di quello che già ha deciso di sostenere per altre operazioni ed altri settori. Da cosa nasce questa richiesta?Dalla constatazione die l'obiettivo del risanamento delle aziende editrici — che la legge dell'editoria persegue — è irraggiungibile per molte se esse dovranno trascinarsi la palla al piede degli interessi passivi sui debiti a breve ac¬ Polemico intervento del presidente della Fieg «Si privilegia la Rai a danno dei giornali» Il Parlamento ha accordato all'ente radiotelevisivo 47 miliardi in più di introiti pubblicitari per il 1980, mentre non è ancora giunta in aula la riforma dell'editoria cumulati in questi lunghi anni di deficit e che potrebbero annullare gli auspicati e incentivati incrementi di redditività». Nella lunga gestazione di questo suggerimento la Pieg si è chiesta come impedire che un meccanismo di risanamento finanziario finisse per privilegiare chi aveva contratto più debiti e per danneggiare chi ne aveva fatti pochi. «Per evitare ciò — ricorda Giovannini — abbiamo proposto che il finanziamento venga accordato in proporzione al fatturato delle aziende. Chi lo riceve sarà poi obbligato ad estinguere preliminarmente la passività verso le banche o verso i terzi. Ciò che residua potrà essere utilizzato per iniziative di ristrutturazione produttiva che le tradizionali leggi sugli investimenti non hanno mai consentito di incentivare». In definitiva, quindi — dice Giovannini — le aziende «sa¬ rebbero messe su un piano di assoluta parità quanto all'accesso al finanziamento. L'utilizzo dello stesso, invece, cambierebbe in relazione alla situazione debitoria. A chi ha più debiti resterebbero meno soldi per Io sviluppo; a chi ne ha meno ne resterebbero di più». «Ritengo che sia perfettamente legittimo — conclude il presidente della Fieg — dissentire da questa proposta, ma non sia né legittimo né corretto, per contrastarla, attribuirle un contenuto diverso da quello che essa in effetti ha. L'esigenza di una rapida approvazione della legge é, comunque, sempre piti pressante perché è ora di uscire dai "si dice" o dai "si spera", per conoscere finalmente quali sono le regole del gioco che il settore deve rispettare e per lavorare seriamente all'obiettivo dello sviluppo in un quadro giuridico di certezza». Giuseppe Fedi

Persone citate: Cuminetti, Giovanni Giovannini, Giovannini

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