Amendola: anche nel pci e minoranza di Aldo Rizzo

Amendola: anche nel pci e minoranza «Non mi hai persuaso» dice il leader a Berlinguer Amendola: anche nel pci e minoranza L'animato dibattito al Comitato Centrale - Amendola risponde a Pajetta: «La classe operaia non è un mito astratto» e a Lama: «Si aggravano le storture del sindacato» - La posizione di Chiaromonte: «Critiche al governo, niente crisi al buio» Il dramma comunista Questo Comitato centrale è un dramma comunista, nel dramma italiano. Da una parte, il grosso del gruppo dirigente, che respinge la proposta di un'auto-analisi esplicita, sulle responsabilità diffuse del dissesto nazionale ; dall'altra, un vecchio leader, dal prestigio indiscusso, che non rinuncia alla richiesta di un'autocritica severa, e anzi la rinnova e la rafforza, nella massima sede Istituzionale del partito, a parte il congresso. Uno contro tutti, dunque una battaglia persa in partenza? Probabilmente. Ma ciò non toglie nulla alla drammaticità del dibattito e alla sua cruciale importanza per il futuro del pei e del Paese. Le critiche di Berlinguer, Lama, Pajetta, ad Amendola erano state di aver parlato delle responsabilità e delle colpe del partito e del sindacato, trascurando quelle dell'avversario di classe, e in pri-; mo luogo della de; e poi di avere chiesto una politica di sacrifici alle classi lavoratrici senza inserirla nella prospettiva di una trasformazione socialista della società e del Paese. Nella relazione al Comitato centrale, Chiaromonte (pur convenendo più di altri sulla serietà delle questioni concrete poste da Amendola) ha aggiunto l'accusa implicita, ma non tanto, di aver danneggiato «l'unità del partito*. Amendola ha risposto a tutto. Ha detto che è inutile diluire l'autocritica nella critica agli altri, se si vuole darle valore e vigore: e ha ripetuto le accuse di aver tollerato o promosso una politica econo-, mica contraddittoria, che si proponeva la lotta all'inflazione senza contenere la spesa pubblica e il costo del lavoro, cresciuto oltre i limiti della svalutazione della lira: e ha rinnovato i rimproveri al sindacato di non avere attuato nella pratica la «svolta del-. l'Eur» e di non avere opposto una resistenza adeguata alla violenza nelle fabbriche. Ha poi rivendicato 11 carattere prioritario «della salvezza dell'Italia; negando «l'esistenza di una distinzione, anche solo accennata, tra l'obiettivo del socialismo e la salvezza della patria*, giacchè «non si costruisce socialismo alcuno sulle rovine del Paese*. Parole chiare e persino ovvie, e tuttavia alternative, di fatto, alla problematica strategia berlingueriana delle trasformazioni che dovrebbero accompagnare, se non addirittura precedere, i sacrifici necessari al risanamento del sistema produttivo. Infine, sul metodo della discussione, Amendola ha riconosciuto la validità del centralismo democratico, ma ammonendo che «esso non può funzionare a senso unico* e deve Invece consentire «una aperta lotta politica, con nomi e cognomi*, in vista «di maggioranze e minoranze*, contro «una falsa e ambigua unanimità». Ci si può domandare se una slmile apertura democratica della dialettica interna del partito sia davvero compatibile col centralismo democratico; ma è questa apertura che Amendola ha chiesto (qui con la possibilità di coagulare o di dare nuovo vigore a fermenti diffusi in altri settori del pel). Quando si dice che siamo in presenza di un dramma comunista, s'intende che, con i suoi due interventi, e con questo secondo soprattutto, Amendola ha posto il pei di fronte a scelte assai ardue. Per ricordare una discussione come questa, bisogna risalire indietro nel tempo, forse addirittura a prima che il costume stalinista permeasse anche i comunisti italiani, cioè a quando si ponevano ancora drastiche alternative di linea. Ora il costume stalinista è finito o sta per finire del tutto, e gli sviluppi del dibattito interno comunista si fanno imprevedibili, al di là di quello che potrà essere l'esito immediato del «caso Amendola». Aldo Rizzo

Luoghi citati: Chiaromonte, Italia