Dal calendario di Cesare ad Einstein alla ricerca della misura del tempo

Dal calendario di Cesare ad Einstein alla ricerca della misura del tempo Un calcolo che l'uomo deriva sempre dal mutamento delle cose Dal calendario di Cesare ad Einstein alla ricerca della misura del tempo I meno giovani tra i nostri lettori sanno che il tempo passa sempre più in fretta via via che l'età avanza: tal che la durata di un anno, interminabile per un bimbo, lunga per un ragazzo, corre in età matura e in vecchiaia vola. Insomma, un orologio fisico, sia esso una meridiana o un pendolo o il succedersi delle stagioni, non coincìde affatto, non s'accorda, col sentimento interiore del tempo. Tornati più volte (per ragioni nostre) a considerare questa sconcertante realtà, credemmo di averne trovato una spiegazione: che. per l'animo, per il sentimento, il battito del tempo, non è il ritmo fisico dell'orologio e nemmeno (come si potrebbe pensare) la pulsazione del cuore: ma il succedersi delle cose nuove, delle esperienze interessanti. Per il bimbo, tutto è nuovo: perciò le sue esperienze importanti sono fitte e frequenti: l'incontro con un gatto, il primo afferrare un oggetto, il primo passo autonomo tra una sedia e un'altra, l'aver visto la luna o l'ombra della propria persona, il sentire una musica, l'apprendere che un certo oggetto ha un suo nome. Per il bimbo dunque il giorno è lungo perché ricco di eventi, lunghissimo è un anno. Per l'uomo cresciuto, per il vecchio, molto di quel che essi fanno è abituale, meccanico, né quel che percepiscono si imprime facilmente nella loro memoria, come significativo. Perciò, alla fine di un anno, i battiti del loro orologio interiore saranno stati pochi, del fanciullo molti: al vecchio l'anno sembrerà essere stato breve, al bimbo lungo. Una spiegazione similare, confermata da un esperimento, abbiamo trovato in un agile libretto (Timothy Johnson. // Fiume del Tempo, trad. dall'inglese di L. Sosio, Feltrinelli Ed.. Milano 1979. L. 1500). In esso è ricordato che il 16 luglio 1962. il geologo francese M. Siffre si fece calare in una caverna delle Alpi. Aveva con sé cibo ed equipaggiamento, ma non un orologio. Voleva egli confrontare il senso interiore della durata col tempo degli orologi. Quando tornò in superficie, pensava di avere trascorso nella grotta 36 giorni: in realtà erano stati 61: noiosi e monotoni e. per l'appunto, in mancanza di novità, nella povertà di sensazione, il tempo gli era passato in fretta. Di pregevole facilità espositiva, il summenzionato libretto tocca alcuni altri concetti, legati a questo misterioso ente, il «tempo», al quale noi portiamo un interesse avaro, perché sentiamo che esso è limitato, per le creature. Uno dei quali concetti è l'età delle cose. Si legge sovente della antichità delle rocce, della vita, della Terra. dell'Universo. Quali orologi ci hanno consentito di valutare quei tempi del passato? Ce n'è più d'uno. Tra essi, la radioattività, che per intervalli noti muta alcuni elementi in altri (dai resti di quelle trasmutazioni si risale ai principi della serie di eventi): le varve (cioè ideposi¬ ti di limo annualmente lasciati dai ghiacciai, ritirantisi alla fine dell'ultima glaciazione); i noti anelli di accrescimento annuo dei tronchi degli alberi: i granelli di polline trovati nelle torbe; la datazione della morte degli organismi, fatta col metodo di Libby, del radiocarbonio: tutti questi orologi, e altri, sono stati raffrontati, al fine di ricostruire le cronologie del passato. Gli orologi che si adoperano per la misura dei tempi pratici bene li conosciamo: essi danno le durate brevi, le ore. i minuti: per il giorno, ci aiuta il moto di rotazione della Terra su se stessa, per gli anni il movimento della Terra intor¬ no al Sole. L'invenzione del calendario ci porta al nome di Giulio Cesare, che, per suggerimento di Sosigene, un astronomo greco di Alessandria d'Egitto, impose il sistema dei dodici mesi ch'è il nostro: egli aggiunse, ogni quattro anni, un giorno di più al Febbraio, per tener conto del quarto di giorno in più, oltre i 365, che la Terra impiega per fare un giro intorno al Sole. Ma il conto non era ancora esatto e perciò, nel 1581, il papa Gregorio XIII. accogliendo i suggerimenti dell'astronomo Cristoforo Clavio, un gesuita tedesco, diede un ritocco al calendario giuliano. Ci vollero non meno che un impera¬ tore e un papa (oltre ai molti studiosi del cielo), per dotare la nostra cultura di un calendario che andasse d'accordo, nei secoli, con i moti degli astri e il succedersi delle stagioni. Ai giorni nostri, Einstein ha molto contribuito a farci ripensare alla natura del tempo, cancellando il concetto di un tempo assoluto, indipendente dagli eventi, quale lo postulò Newton. Chi voglia rinfrescarsi nella accettazione della teoria della relatività (la quale ogni volta va ripensata daccapo, dal momento che la sua credibilità tende a svanire dalla mente), può ricorrere a una delle molte di¬ vulgazioni sulla relatività (la più recente delle quali è contenuta in un saggio di Mario Cavedon: Le tre Forme delia relatività, nel primo numero della eccellente rivista bimestrale. Astronomia, diretta da Margherita Hack). Per noi creature, il tempo è il sentimento del durare e del passare. Non sappiamo — è indagine per i filosofi — se in natura il tempo abbia un'esistenza vera. Come che sia. la misura di esso (cosi insegnano gli orologi naturali e artificiali, descritti nel volumetto del Johnson), noi la deriviamo sempre dal movimento e dal mutamento delle cose. Didimo

Luoghi citati: Alessandria, Egitto, Fiume, Milano