Lo scoglio maggiore resta l'occupazione

Lo scoglio maggiore resta l'occupazione Esuberanti 6-8 mila posti? Lo scoglio maggiore resta l'occupazione TORINO — Gira e rigira, il problema fibre ha sempre piti i connotati di una polveriera, pronta ad esplodere da un momento all'altro. La Montedison ci ripensa su Montefibre, ma intanto, negli stabilimenti di Verbania, si prepara a licenziare altri 417 operai che vanno ad aggiungersi ai 450 che da oltre un anno fruiscono della «cassa integrazione rotativa», persone cioè che si presentano saltuariamente sul posto di lavoro finché non ne trovano un altro; e allora si licenziano e non vengono più sostituite. Con questa tecnica, solo a Verbania, in sette anni, gli organici Montefibre sono scesi da 4500 a 2780 unità soltanto, con la previsione die, tra un anno, siano meno di duemila. Il numero degli occupati in tutto il settore fibre resta sempre il problema numero uno. Le aziende valutano in 6-8 mila il numero degli «esuberanti» e anche alle Partecipazioni Statali, dove si lavora sodo per varare i consorzi bancari per le aziende più disastrate del settore (Anic, Snia, Sir, oltre naturalmente a Montefibre) concordano su questa cifra. Clie poi è la stessa cifra indicata dal cosiddetto «piano dei professorini» (Filippi. Vacca, Ranci, Cappugì, Gnes) elaborato un anno e mezzo fa per il Cipi. A sei-otto mila posti di lavoro in meno (in pratica il 20-25% dell'intera occupazione delle fibre sintetiche) non si giunge in modo indolore, ma dopo tutta una serie di ridimensionamenti e ristrutturazioni che, partiti dal 75, quando gli occupati nelle fibre erano 40 mila, hanno ridotto lo scorso anno il settore ad avere poco più di 32 mila persone. Un «salasso», insomma, die ha coinciso con il crollo dei maggiori gruppi (dalla Montefibre alla Sir) ridotti ad essere per lo più un ammasso di perdite e di debiti. Ora il problema s'è fatto anche più acuto e sono in molti a giurare die i tempi per intervenire sono strettissimi: due-ire anni al massimo, quanto basta all'industria italiana per ristrutturarsi e non essere travolta dai cosiddetti -Paesi emergenti», soprattutto mediorientali e africani, che hanno fatto delle fibre uno dei loro cavalli di battaglia di sviluppo per gli Anni 80. Finora l'Europa e gli Stati Uniti lianno arginato Va-, vangata di questi Paesi bloccando le esportazioni, ma gli «ombrelli protettivi» (quali il patto multifibre) non sono eterni e molto presto bisognerà fare i conti con queste «realtà emergenti». E la più handicappata in questa battaglia rischia di essere proprio l'Italia. Non è che altrove le cose siano rosee (l'olandese Akzo, ad esempio, il gruppo leader delle fibre europee, Ita chiesto proprio in questi giorni un aiuto piuttosto consistente al governo), ma in Italia sembrano andare peggio sia sul piano finanziario (i gruppi maggiori perdono mediamente 800-1000 miliardi l'anno), sia su quello produttivo. Un solo dato è sufficiente per inquadrare il problema: ogni occupato, nel '78, ha prodotto in Italia circa 14 tonnellate di fibre sintetidie contro le quasi 20 prodotte in Francia, le 23 della Germania Federale, le 27 del Giappone e le 37 degustati Uniti. Già un anno e mezzo fa i «cinque professori», tracciando una mappa completa del «grande errore delle fibre» (un passato di «sbagli e inefficienze ») avevano dato due consigli a politici e sindacalisti. Il primo si riferiva alla produzione, che era eccessiva, quindi occorreva individuare in tempo gli stabilimenti da chiudere e quelli in costruzione da fermare. Il secondo si riferiva alle previsioni: bisognava, al più presto, individuare gli impianti da completare entro il 1981 in modo da riportare per quella data la capacità di produzione sulle 600 mila tonnellate. Finora, però, su questi consigli, si è perso tempo. Nel '78 la produzione è stata tagliata drasticamente (450 mila tonnellate, contro una capacità produttiva di 650 mila) e oggi, con i gruppi con l'acqua alla gola, si rischia di calare il bisturi troppo frettolosamente, tagliando magari al Nord, dove è più facile collocare la manodopera eccedente, senza però sbrogliare fino in fondo l'intera matassa: ricreare cioè dalle macerie un'industria efficiente. Cesare Roccati

Persone citate: Anic, Cesare Roccati, Filippi, Gnes, Ranci, Vacca