Lucchini: troppo forti negli Anni 50 oggi troppo deboli con il sindacato di Marco Borsa

Lucchini: troppo forti negli Anni 50 oggi troppo deboli con il sindacato Confindustria, identikit del successore di Carli Lucchini: troppo forti negli Anni 50 oggi troppo deboli con il sindacato MILANO — «In Confindustria sono l'ultimo arrivato, perché fino a 10-15 anni fa non ero nemmeno iscritto all'associazione bresciana. Ho bruciato un po' le tappe*. Luigi Lucchini che oggi è presidente dell'Associazione degli industriali bresciani, sta bruciando le tappe anche della notorietà. Sconosciuto fino a pochi mesi fa a gran parte dell'estabilishment industriale e finanziario ne è diventato in poche settimane uno dei protagonisti entrando nella Smi, gruppo Orlando, e nella Centrale, la finanziaria del gruppo Ambrosiano. I bresciani alla conquista del Lombardo-Veneto? Dopo la stagione d'oro dei pneumatici, dell'edilizia, degli elettrodomestici che alimentarono 10 sviluppo negli anni Cinquanta e Sessanta potrebbe essere ora la volta della minisiderurgia, protagonista del miracolo bresciano che, come 11 miracolo italiano, significa sviluppo e piena occupazione ma che si distingue per la competitività internazionale raggiunta dalle aziende delle vallate intorno a Brescia, un traguardo mai raggiunto dall'economia italiana degli anni del «boom». «Lucchini non è solo* spiega un suo stretto collaboratore, «ce ne sono almeno altri 30-40 come lui». Leali, Peralpi, Rumi, Stefana, compaiono nell'elenco delle prime venti aziende siderurgiche italiane in base al fatturato e sono tutti in ottima posizione nella graduatoria del cash-flow (utili più ammortamenti) nonostante la crisi in cui versa il settore in tutto il mondo industrializzato. «Quest'anno i bilanci della mini-siderurgia privata» spiega Lucchini «dovrebbero ancora essere buoni ma ci avviamo verso una forte crisi che si farà sen tire già nel 1980». Oltre alle difficoltà di mercato gli industriali si potrebbero trovare di fronte nei prossimi mesi ad altri urgenti problemi da affrontare come quelli sindacali, tipo le vertenze in corso alla Fiat e all'Olivetti, o energetici. «Sul piano energetico la situazione è indubbiamente preoccupante ma, almeno per il breve termine, non è ancora allarmante, sul fronte sindacale sono personalmente convinto che stia semplicemente venendo alla luce una situazione che vado denunciando da tempo...». - E cioè? «Gli imprenditori devono risalire la china e chiedere al sindacato di ridimensionare i poteri accumulati in questi anni». Suona come una rivincita. «Non è una rivincita. Diciamo che negli anni Cinquanta eravamo troppo forti noi e ora sono troppo forti loro». Cosa significa? «Tornando agli esempi di prima significa che la Fiat aveva il diritto e il dovere di far conoscere qual è la reale situazione delle fabbriche, indipendentemente dall'esito che avrà la vertenza in tribunale E la Olivetti? «Il caso Oliv.-tti dimostra che un'azienda deve avere i mezzi per difendersi nel medio-lungo periodo e quindi deve poter presentare una piattaforma delle proprie esigenze. Non sono solo i sindacati ad avere diritto a presentare piattaforme Comunque i rapporti con il sindacato nei prossimi mesi potrebbero inasprirsi proprio in un momento in cui la Confindustria deve scegliere un nuovo vertice. «Infatti il prossimo presidente della Confindustria dovrà, a mio avviso, prima di tutto essere in condizioni di affrontare questo problema». Chi sarebbe adatto, secondo lei? «Non ho candidati miei. Vorrei solo dire che possibilmente deve essere un imprenditore che conosce direttamente questi problemi e non si fa condizionare politicamente da nessuno». Niente candidati, perciò, legati direttamente o indirettamente ai partiti? «Il presidente della Confindustria non deve schierarsi né poter essere schierato con nessuno L'opinione del presidente della terza associazione industriale italiana, dopo quelle di Milano e Torino, è destinata a pesare nella scelta anche se Lucchini non ammette volen¬ tieri di «contaremolto». Una riluttanza ancora più marcata quando si passa al significato dell'ingresso del suo gruppo nella Smi e suo nella Centrale. «Parlare dì gruppo per noi è una parola troppo grossa» si schermisce, «sono comproprietario della Eredi Gnutti, la seconda azienda italiana dopo la Smi per i metalli non ferrosi e siccome non è più tempo di farsi la guerra abbiamo pensato ad una alterna...». Verso chi? «Oggi il pericolo non è il concorrente ma è all'esterno». A Lucchini non si dava di più, se non, forse l'impressione, ma è solo una sensazione, che la collaborazione con il gruppo Orlando porterà prima o poi a importanti intese industriali. In questo momento state investendo in qualche nuovo settore? «Stiamo investendo nelle nostre aziende, in una a Settimo Torinese e in un'altra qui a Brescia». E' per quello che cercate alleati finanziari, avete bisogno, di soldi? Lucchini mostra con orgoglio i cinque miliardi di cash-flow delle Acciaierie Lucchini e riassume brevemente la sua semplicissima ricetta finanziaria per gli investimenti: primo, gli investi¬ menti si fanno solo quando si hanno i mezzi e non con i debiti e quindi negli anni buoni è sempre bene mettere più fieno possibile in cascina; secondo, il migliore investimento in assoluto è quello nella propria azienda. «Quando Lucchini ha qualche miliardo» dice il suo collaboratore « lo investe nell'industria». Un po' di soldi però Lucchini li ha investiti anche in partecipazioni non industriali come i 250 milioni in azioni Banco Ambrosiano che risultano in bilancio alle Acciaierie e Ferriere Lucchini e che l'anno prossimo passeranno alla Lucchini S.p.A. la nuova società che farà da holding al gruppo. « Un punto di osservazione diverso, come quello a La Centrale» spiega Lucchini «è utile per mandare avanti le aziende...». Ma perché proprio quel punto di osservazione? «Perché non me ne hanno offerti altri...», ribatte sorridendo ma fermissimo nel non sbilanciarsi in nessuna direzione. Conta di usare i servizi finanziari della Centrale o le banche del gruppo? «Né gli uni né le altre. Fra te tante banche con cui abbiamo rapporti dì affari non credo vi sia il Banco Ambrosiano». Marco Borsa

Luoghi citati: Brescia, Milano, Settimo Torinese, Torino, Veneto