Quel pranzo con Hua al Quirinale di Andrea Barbato

Quel pranzo con Hua al Quirinale Nomi e Cognomi di Andrea Barbato Quel pranzo con Hua al Quirinale Chi scrive questa nota ha avuto lunedi scorso l'occasione d'essere invitato, sia pure indegnamente, a una colazione al Quirinale in onore di un ospite illustre, il successore di Mao alla guida della Cina. Al di là della cronaca politica, dell'importanza della visita e dell'amabilità dell'ospitante e dell'ospitato, ne è nata qualche piccola riflessione «di colore-, maturata nell'attesa o nei quieti conversari intorno alla grande mensa. Fra coloro che casualmente, oppure guidali da un cerimoniale discreto e invisibile, erano seduti vicini, si conversava sul luogo in cui ci trovavamo, e su ciò die ci circondava. Innocue e benevole chiacchierate a un desco, fra persone che si conoscono appena. Un centinaio di commensali, forse poco più, fra i quali quasi tutti i volti noti della Repubblica, i ministri, i politici, gli industriali, i grandi tecnici, i professori, i militari. Una garbata regia ci aveva lentamente radunati nei saloni, fra gli elmi scintillanti e le monture dei corazzieri impeccabili, poi ci aveva fatti sfilare rapidamente per la presentazione all'ospite, annunciati da un alto funzionario del cerimoniale die era riuscito a non sbagliare neppure un nome, e a non dimenticare neppure una qualifica. E veniva da pensare, dinanzi all'immobile sorriso di Hua Guofeng (al quale l'interprete traduceva sottovoce il ruolo di ciascuno) die impressione potesse suscitargli il passaggio di tanti segretari di altrettanti partiti, con quell'incastro di sigle e di denominazioni: a lui che viene da un Paese dove il partito è uno, e chi non lo vuole se lo tiene lo stesso. Alcuni di noi erano colpiti da un 'altra, sia pur frivola e minuscola, differenza. Il ritegno e addirittura l'assenza di un aspetto privato della biografia degli ospiti. I leaders occidentali viaggiano accompagnati, e ami quasi ostentandone la presenza, dalle loro famiglie; ai banchetti, si distribuiscono appunti sulla loro vita, le loro abitudini, i loro figli, in modo da favorire la conversazione. Vi sono nazioni in cui la politica è addirittura un fatto che coinvolge l'intera famiglia. Su Hua solo grandi silenzi, riserbo, e le scarne informazioni die solo di recente si sono avute sulla sua vita di militante rivoluzionario. E i suoi accompagnatori, gentili e silenziosi, non partecipavano alle conversazioni. Così, invece che di Cina, si parlava del Quirinale. E prima di tutto si ammirava il Salone delle Feste, dove i Papi tenevano Concistoro, fra specchi e damaschi. Ci si attendeva che, da un momento all'altro, si aprisse il tendaggio color cremisi del balconcino della musica, e vi si affacciasse un cardinale in porpora o un quartetto d'archi. Il gusto e lo stile dell'insieme sono più papali che savoiardi, forse perdio i Papi vi abitarono tre secoli e i monarchi una settantina d'anni. Qualcuno, frequentatore abituale, narrava le vicissitudini del mobilio, poiché il Vaticano dopo il '70 si fece restituire ogni cosa, e più tardi gli artigiani die arredarono il palazzo dei Savoia chiesero di rientrare in possesso dei loro doni. In definitiva, il Quirinale è arredato con grande austerità, come si conviene a quella che in fondo era una residenza estiva, prescelta perché con la sua altezza (ben sessanta metri sul livello del mare!) era considerata più salubre delle zone paludose e tiberine che circondavano San Pietro. I Savoia, si sa, ci abitavano malvolentieri, e non vedevano l'ora di tornarsene in Piemonte a ogni occasione. La tavola a tre lati era elegante, arredata da porcellane, cristalli e argenti dorati. Il servizio senza pompe, senza livree; il pasto quello tradizionale di cinque portate, con vini che — spiegava qualcuno — provengono a rotazione da regioni diverse, per non dar luogo a preferenze. E, a proposito di ciò, ci si chiedeva quali sforzi d'immaginazione avesse dovuto compiere non solo il responsabile delle cucine e della cantina, ma più ancora il cerimoniale, per accordare intorno al tavolo la formula delle precedenze dell'etàrepubblicana. Quali leggi vi saranno? Gli an Udii elenchi non sono più adoperabili. Dopo le cartelle più alte dello Slato, ecco nascere subito i problemi: in che gradino porre i grandi e potentissimi dirigenti delle imprese di Stato? E il cerimoniale si sarà aggiornato fino a prevedere l'importanza del governatore della Banca d'Italia? E i managers dell'industria privata, die precedenza occuperanno rispetto a magistrati, consiglieri di Stato o ambasciatori? Un rompicapo, un piccolo gioco di società. Mi sembrava, guardandomi intorno, che lo stile fosse informale, dominato da una cordiale casualità, privo di regole cortigiane o di soffocanti protocolli. Una coreografia sapiente aveva mescolato il grande imprenditore all'illustre professore, il generale al segretario di un irrequieto partito. Avversari dichiarati, o protagonisti di fiere polemiche pubbliclie si trovavano strategicamente disposti. La Repubblica aveva, una volta tanto, un aspetto gioviale, e non è questo l'ultimo merito dell'inquilino del «Colle:.

Persone citate: Mao, Savoia

Luoghi citati: Cina, Nomi, Piemonte