Gli Usa chiedono aiuto a Mosca Il Papa si rivolge a Khomeini di Ennio Caretto

Gli Usa chiedono aiuto a Mosca Il Papa si rivolge a Khomeini Si tratta per gli ostaggi americani a Teheran Gli Usa chiedono aiuto a Mosca Il Papa si rivolge a Khomeini Un rappresentante di Arafat avvia negoziati con esponenti della rivoluzione; ad Ankara il capo missione dell'Olp in continuo contatto con gli inviati di Carter - Appello del Consiglio di sicurezza Onu DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — Trattative per il rilascio degli ostaggi americani a Teheran sono incominciate d'improvviso ieri, meno di 24 ore dopo il secco rifiuto dellayatollah Khomeini e degli studenti che occupano l'ambasciata a ricevere la delegazione dell'Olp. Al tempo stesso il Consìglio di sicurezza dell'Onu ha rivolto un appello unanime all'Iran affinché liberi immediatamente i prigionieri. Il rappresentante palestinese Saad Sayel, responsabile delle operazioni militari e di guerriglia dell'organizzazione, ha incontrato alcuni membri del Consiglio rivoluzionario iraniano e del movimento giovanile. L'incaricato d'affari Usa in Iran, Bruce Lalnglen. «sotto sorveglianza., cioè di fatto detenuto al ministero degli Esteri da domenica scorsa, è stato ricevuto dal facente funzione di ministro ne! nuovo governo in via di formazione, Bani Sadr. Da fonti diplomatiche a Mosca si apprende che Washington ha chiesto «discretamente» all'Urss di interporre i suoi buoni uffici a Teheran. La risposta sarebbe stata( positiva. Sull'andamento delle trattative Olp-Teheran, che si svolgono in un'atmosfera di estremo riserbo e incertezza, mancano particolari precisi. Esso viene periodicamente descritto dal capo della missione dell'Olp in Turchia Abu Firas e da funzionari turchi agli emissari del presidente Carter, l'ex ministro della Giustizia Ramsey Clark e il funzionario del senato William Miller, costretti dall'nj/ntollah a fermarsi a Istanbul mentre erano in viaggio verso l'Iran. Forti pressioni vengono esercitate su Khomeini e sul Consiglio rivoluzionario iraniano da numerosi paesi islamici. A Pakistan. Arabia Saudita, Algeria e Siria si sono aggiunti ieri il Marocco e il Senegal. Sull'esempio di Papa Giovanni Paolo II. è intervenuto anche il presidente egiziano Sadat, che ha offerto d'ospitare lo Scià. L'ex campione mondiale di pugilato dei pesi massimi Mohammed Ali (Cassius Clay) ha chiesto di prendere il posto degli ostaggi, dicendosi pronto anche a morire per evitare «un massacro» e la rottura tra l'Iran e gli Stati Uniti. Una prima indicazione che {'ayatollah e gli studenti sa¬ rebbero disposti a un compromesso è venuta dall'ex ambasciatore americano all'Onu. Andrew Young, costretto a dimettersi tre mesi fa per aver preso contatti diretti con l'Olp sul Medio Oriente. Young ha detto che Teheran «si accontenterebbe» dell'espulsione dello Scià dagli Stati Uniti e della consegna di tutte le sue proprietà americane al Consiglio rivoluzionario islamico. Nel tentativo di allargare l'apertura che si viene delineando, gli Stati Uniti hanno ottenuto una convocazione d'urgenza del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. anche con l'appoggio dell'Unione Sovietica. Dopo poche ore è stato diramato un appello congiunto di tutti i suoi 15 membri all'Iran «per il rilascio degli ostaggi, il ritorno alle regole di comportamento internazionalmente riconosciute, e l'accettazione della mediazione del segretario generale Waldheim». L'Urss che. come s'è detto, sembra aver risposto positivamente a un approccio segreto americano di tre giorni fa, ha sostenuto tramite l'ambasciatore al Palazzo di Vetro Trojanovskij che «l'immunità diplomatica delle ambasciate straniere dovrebbe essere rispettata sempre e ovunque». Dall'ambasciata occupata dagli studenti ormai da sette giorni provengono informazioni inquietanti. Un portavoce del movimento giovanile, escludendo la possibilità di un compromesso ha affermato che "l'uccisione dello Scià è un dovere religioso» e che l'occupazione -continuerà anche per mesi». Membri della Croce rossa iraniana, il «Leone rosso», hanno visitato i prigionieri e li hanno trovati in stato fisico «discreto» ma psicologico «molto precario». Né la Casa Bianca né il Dipartimento di Stato sono ancora riusciti a comunicare con loro, e non possono né Ennio Caretto (Continua a pagina 2 In prima colonna)