Iran: «no» di Khomeini alla mediazione Arafat di Ennio Caretto

Iran: «no» di Khomeini alla mediazione Arafat Per gli ostaggi nelF ambasciata americana Iran: «no» di Khomeini alla mediazione Arafat Radio Teheran si scusa «con i fratelli palestinesi» e ribadisce di volere la consegna dello Scià - La notizia dopo un incontro a Istanbul fra l'inviato di Carter e rappresentanti Olp - Kennedy critica Carter per «impreparazione» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — L'Iran ha respinto il tentativo di mediazione dell'Olp per la liberazione degli ostaggi nell'ambasciata americana a Teheran. La delegazione palestinese, che aveva raggiunto la capitale iraniana l'altro ieri, non ha potuto avvicinare né le autorità né i prigionieri. Alla Casa Bianca e al Dipartimento di Stato la notizia ha destato costernazione: il presidente Carter ha convocato una riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza nazionale. I portavoce hanno dichiarato che per ora manca conferma della drammatica svolta e che le Iniziative diplomatiche dirette a salvare la vita degli ostaggi «sono state intensificate». Affermano che non tutte le speranze sono perdute, ma ammettono che la crisi è «al suo punto cruciale». Il «no» iraniano all'Organizzazione per la liberazione della Palestina è stato comunicato in una trasmissione radio captata nel Kuwait: «Chiediamo scusa alla delegazione dell'Olp... per la nostra impossibilità di accettare la sua mediazione. Informiamo i nostri fratelli palestinesi che sono giunti a Teheran per mediare tra la nostra Repubblica islamica e gli Stati Uniti che il nostro leader ayatollah Khomeini, il Consiglio rivoluzionario e gli studenti che occupano l'ambasciata rifiutano di intavolare qualsiasi negoziato... prima dell'estradizione dello Scià». Si ignora quali decisioni potrebbe prendere Carter qualora il «no> iraniano venisse ribadito e la situazione all'ambasciata si aggravasse. Manovre militari sono state segnalate intorno a Ford Hood nel Texas, dove stazionano elementi della cosiddetta forza di rapido impiego, destinata ad operare contro guerriglieri e terroristi all'estero. Ma 1 portavoce del Pentagono hanno smentito che le manovre siano da collegare con l'aggravarsi della crisi a Teheran; hanno lasciato capire però che sono state anticipate in seguito all'occupazione dell'ambasciata, per futuri, analoghi incidenti. La drammatica svolta si è verificata mentre gli sforzi della diplomazia internazionale per far scendere a patti l'ayatollah raddoppiavano. A Istanbul in Turchia, l'ex ministro della Giustizia americano Ramsey Clark e rappresentanti dell'Olp avevano intavolato delicate trattative sulla mediazione palestinese. Khomeini aveva impedito all'emissario di Carter, accompagnato da William Miller, di entrare in Iran, rifiutando sia di accettare il messaggio personale inviatogli sia di concedere loro un colloquio con il Consiglio rivoluzionario. Altre iniziative a favore degli Stati Uniti erano state assunte dall'Algeria e, sembra, dalla Siria, oltre che dal Pakistan e forse anche dalla Libia e dalla Svezia. Con profonda apprensione, 11 Dipartimento di Stato ha riferito a Washington che alcuni ostaggi .sono stati percossi e sottoposti a pressioni psicologiche»: gli studenti che occupano l'ambasciata americana a Teheran hanno smentito, asserendo che «riconoscono t diritti civili dei prigionieri». Un funzionario della Croce Rossa, che è entrato nell'ambasciata li ha trovati in «buone condizioni fisiche», ma »psicologicamente sconvolti». Si è appreso che Reza Pahlavi ha offerto già lunedi di lasciare il Cornell Medicai Center dove è ricoverato e di ritornare in Messico, ma i medici glielo hanno proibito per le sue pessime condizioni di salute. Criticando duramente Carter per la sua impreparazione alla crisi», il senatore Kennedy ha auspicato che venga messo a punto « un programma di emergenza», cioè un piano d'intervento militare «perproteggere le vite degli ostaggi». Le trattative tra Ramsey Clark e l'Olp sono state rese necessarie dal desiderio dell'Organizzazione che la sua mediazione venga chiesta ufficialmente dagli Stati Uniti. L'altro ieri, in un'intervista al Nero York Times, l'osservatore palestinese all'Onu Terzi aveva parlato di «collaborazione senza condizioni». Ma ieri l'Olp, la cui delegazione è stata l'unica a raggiungere tempestivamente Teheran, ha cambiato parere. In risposta alla sua richiesta, il Dipartimento di Stato ha diramato a Washington un breve comunicato che dice: «Se l'Olp si adoperasse per il rilascio degli ostaggi, la sua sarebbe un'azione altamente responsabile. L'Olp potrebbe avere qualche influenza sulla vicenda. Siamo lieti di questo aiuto». Parallelamente alla trattativa di Ramsey Clark, altre sono in corso a New York, all'Onu, tra il segretario generale Waldheim e lo stesso Terzi. Waldheim fa praticamente da tramite per il segretario di Stato americano Vance con il quale è da due giorni in costante contatto telefonico. L'invito all'Olp a mediare è giunto ad Arafat in persona, tre giorni fa, dal deputato repubblicano Pindley, che lo aveva incontrato di recente. Findley ieri ha esortato Carter a rivolgere un messaggio al leader palestinese. Un portavoce della Casa Bianca, Len Lef kow, ha dichiarato che l'e¬ sortazione non è ancora stata accolta, «ma tutte le strade sono aperte». Gli Stati Uniti si trovano in una posizione imbarazzante per l'impegno, assunto con Israle a non negoziare direttamente con l'Olp. Esiste tuttavia un precedente: nel '76, per l'evacuazione dei cittadini da Beirut in Libano durante la guerra civile, ci furono fruttuosi contatti. Ovviamente, l'Olp mira oggi a crearsi un credito politico per una soluzione del problema palestinese conforme ai suoi disegni. Lo sgombero degli altri cittadini americani dall'Iran, 400-500 persone in tutto, continua a rilento, sebbene sembri cessata la caccia all'uomo. La Casa Bianca e il Dipartimento di Stato confidano che l'evacuazione sarà completata nei prossimi giorni. Ennio Caretto (In Iran un super governo per porre fine alle frizioni fra potere laico e religioso. Servizio di Eric Rouleau a pag. 4).