Facciamo il punto e la virgola

Facciamo il punto e la virgola Facciamo il punto e la virgola Figure e fatti di Giovanni Arpino Raccatto le ossa di una settimana non troppo insensata. Mi sento un cane randagio che fruga tra la spazzatura (e talvolta la spazzatura è assai più nobile di delicati piatti). Come tutti voi, ho letto anch'io della strage nella trattoria milanese 'La strega», che già fu *La fogna». Come tutti voi mi sono ben guardato da ipocrite pretese di scandalo: la gente dice 'Otto di meno», facendo violenza certa ad una povera cuoca, ma sema pietà per gli altri. Tutti i discorsi sul gangsterismo (che produce sociologismi accattoni, puntualissimi e melensi: qualcuno ha addirittura rispolverato le crudeltà del Rinascimento, o povero] cadono di fronte alla popolare certezza che certe «cose nostre» non sono -fatti nostri» e quindi il morto ammazzato è solo un inciampo sconosciuto, persino trionfale come notizia. E la settimana continua. Ricevo una lunga lettera dal 'Centro provinciale di studi urbanistici» (organo consulente dell'ordine degli ingegneri) firmata dal suo presidente Guido Barba Navaretti, che fa il punto sui »mali nievt'affatto oscuri» dell'amministrazione e di Torino e mi esorta a continuare la battaglia. Benissimo. Grazie. Ma l'idea di venire a mia volta monumentalizzato come «istituto» esclusivamente torinese mi sta addosso quale camicia di ferro e di fiele. Perché so molto bene come un individuo monumentalizzato diventi a lungo andare un oggetto da appuntamenti per cani con la zampa alzata e per colombi stercorari. Con molto pudore ricordo che bisognerebbe essere italiani a Torino e non soltanto torinesi in Italia. Il sindaco riceva Guido Barba Navaretti: la mia magra persona non lui potenza o virtù o tendenza carismatiche. Avanti, o settimana. In- contro un'ottantina di meravigliosi amici cuneesi per un dibattito conviviale al castello di Grinzane Cavour. Il volto gessoso del conte risorgimentale assiste, impassibile. Vini squisiti, cibi che paiono nuvole di delizie, domande conturbanti. Perché c'è anche chi legge, o signori e signore. C'è anche chi, leggendo, processa e interpreta e soprattutto ricorda cosa un giornale ha fatto, detto, sventagliato. Per spiegarmi, per farmi capire, finisco forse col franare entro un'aneddotica vispa ma probabilmente anche stantia. A medici ed ingegneri, a insegnanti e commercianti, a tutti questi amici così seri, che non ritengono inutili le antiche prediche di Luigi Einaudi, la stampa sembra ancora un »quarto potere». Ne esco un po' ammaccato, ma ancne contento. Conoscendo le tirature dei giornali italiani, mi sono messo in testa che questo 'quarto potereconti pochissimo, più o meno come il primo, il secondo, il terzo. La verità è die pochi leggono. Quelli che leggono sanno valutare, quasi sempre, ma come raggiungere coloro die non leggono? Come rispondere a chi detta legge sui muri con lo spray? Cosa spiegare, e con quali fatidw, alla signora o signorina Jolanda Cottu, torinese, che mi scrive una lettera di insulti feroci, e mi definisce ipocrita, nauseante, reazionario, per poi aggiungere die il tradimento è di noi 'Scribacchini» e via continuando in un delirio di proposizioni che escono diritte dal crogiuolo della violenza anche se suonano innocenti, disperate? La verità è che bisognerebbe sapersi muovere — e scrivere e parlare — con la leggerezza che una tortora ha nel suo volo. La verità è che bisognerebbe rinnovarsi ma non 'negativamente»,' come diceva un marxista pensando ad operai di comodo. La verità è che la confusione dei linguaggi ha trovato terreno fertile nello sloganismo, il quale diventa così la tomba di ogni linguaggio possibile, presente o futuro. Sì, è stata una settimana intensa, tossicolosa di. chiacchiere, con novità che scaraventano nel piatto una suggestione micidiale. Sempre a Grinzane Cavour, uno spirito sottile mi avverte che nessun giornalista italiano e nessun giornale italiano hanno avuto la forza di obbligare un ministro al suicidio. Come è accaduto in Francia, pochi giorni fa. Proprio così: io mi vergogno profondamente di non aver mai posseduto questa forza. Quando ho sfregiato un potente, sempre mi è stata spedita una letterina di auguri in risposta o addirittura un libro con dedica. Che rabbia e che frustrazione. Forse dovrei chiedere a Le Monde se mi assume come fattorino. Forse dovrei compiere qualdie ardita capriola per riciclarmi. Forse dovrei obbedire a! consiglio dell'Alfieri, che invocava per sé uno «spensare» da cui sarebbe uscito un nuovo «ripensare».

Persone citate: Giovanni Arpino, Guido Barba, Luigi Einaudi

Luoghi citati: Francia, Grinzane Cavour, Italia, Torino