Tv color: l'Italia senza complessi ma i tedeschi sono arrivati prima

Tv color: l'Italia senza complessi ma i tedeschi sono arrivati prima Il nostro mercato diventa vecchio e poco redditizio Tv color: l'Italia senza complessi ma i tedeschi sono arrivati prima TORINO — Quando, nel '75, il Governo, dopo lunghe tergiversazioni, diede il via alla televisione a colori i produttori pensarono di potersi riconvertire in modo abbastanza indolore. Negli anni precedenti avevano denunciato ripetutamente il gap tecnologico che andava accumulandosi sulle aziende italiane per il ritardo rispetto a quelle straniere: soprattutto avevano detto e ripetuto che il rinvio della scelta del «sistema». Pai tedesco o Secam francese, bloccava ogni progetto di ricerca, ogni tentativo di approfondire gli studi e le esperienze in una direzione precisa. Tuttavia, quando finalmente fu scelto dall'oggi al domani il sistema Pai, tutti erano convinti di poter conquistare quasi automaticamente nel colore la stessa quota di mercato che già avevano con il bianco e nero, sia pure a prezzo di una furiosa rincorsa dei concorrenti stranieri. La realtà, però, si rivelò molto amara. Già un anno dopo, infatti, la battaglia del tv-color pez le aziende italiane volgeva al peggio, e la tabella che pubblichiamo lo dimostra. Queste, Infatti, si ac- corsero che la loro quota di colore era nettamente inferiore a quella del bianco e nero, mentre per i produttori stranieri accadeva esattamente il contrario. Il fatto è che proprio in quel momento si incontrarono numerose circostanze che decisero lo scontro fin dalle prime battute. 1) Dopo quasi 10 anni di for- te espansione il mercato europeo del tv-color si stava avviando alla saturazione, limite che si ritiene raggiunto quando il 60 per cento delle famiglie possiede un apparecchio. 2) Le aziende straniere, particolarmente i colossi tedeschi e olandesi Telefunken, Philips, Grundig avevano raggiunto un alto livello tecnologico grazie alla lunga esperienza acquisita. 3) Gli stabilimenti stranieri, dopo aver lavorato per anni al massimo delle capacità, stavano andando incontro ad una fase di stagnazione a causa appunto della saturazione del mercato. 4) Il mercato interno, oltre che essere ridotto al 40 per cento, risultava ormai composto prevalentemente dalle classi a. minor potere di acquisto e richiedeva quindi prodotti meno cari, quindi meno redditizi, cioè era ormai un mercato «povero». Nel momento in cui all'estero si presentavano tutte queste condizioni si apriva il mercato italiano, assolutamente vergine. Per i costruttori stranieri era un'occasione troppo bella, ricacciava indietro di anni ogni timore di recessione. Cosi per la Philips, la Grundig, la Telefunken, la Saba, che già erano presenti, ma anche per la Nordmende, la Blaukpunt, e altre aziende minori, l'Italia diventò l'obiettivo numero uno. L'assalto fu lanciato con le forze migliori; destinando ai mercati interni i televisori più a buon prezzo riservarono al «ricco» mercato italiano gli ultimi modelli; mentre, ad esempio, le nostre industrie si apprestavano a mettere fuori i tv-color a 8 canali con comando a tastiera, gli stranieri arrivarono con i multicanali e i telecomandi. Fu facile, quindi, far breccia negli «opinion leaders», in quella parte più ricca e anche più «Imitata» di consumatori capace di influenzare la massa con il proprio comportamento. E' stato in quel momento particolare che si è formata la convinzione, ancora diffusa, che identifica il televisore a colori con il prodotto tedesco. Sarebbe probabilmente acca-, duta la stessa cosa nei confronti della Francia se fosse stato scelto il sistema Secam. Oggi tutto il ritardo tecnologico è stato recuperato; nella produzione sia italiana che straniera si è ormai raggiunto uno standard di qualità piuttosto elevato e livellato, anche perché l'industria degli apparecchi tv è sempre di più un'industria di assemblaggio, e tutte le aziende finiscono di attingere presso gli stessi grandi fornitori, europei ed extraeuropei, soprattutto giapponesi che stanno conquistando la leadership mondiale nella produzione dei cinescopi. La lotta si fa ormai all'insegna del «di più», del particolare, che sia possibile sfruttare attraverso massicce campagne pubblicitarie. Ma ormai all'industria italiana l'aver superato il gap tecnologico (la Magnadine, ad esempio, è stata la prima a lanciare il TRD che può esplorare tutti i 99 canali televisivi) non serve più. Il mercato italiano sta diventando un mercato vecchio prima ancora di essere diventato, per le aziende italiane, un mercato redditizio; si prevede che già nell'83 si sarà vicini alla saturazione, cioè esattamente a quel punto in cui le aziende straniere «trovarono» il mercato italiano a cavarle d'impaccio. La campagna di ribassi lanciata in primavera dalla Grundig ha messo in difficoltà tutti quanti. - Ormai — dice il dirigente di una delle maggiori industrie italiane — lavoriamo tutti in perdita; eppure dovremmo essere ancora nella fase di espansione del mercato, quella ricca. Che cosa capiterà tra qualche anno. ». yj^ori0 Ravizza Le cifre della sconfitta Come sono cambiate le quote di mercato nel passaggio dal bianconero al colore (1976). Tv-bianconero Tv-color Industrie straniere Philips 7.2% 12,5% Grundig 7,1% 21.4% Telefunken 4,4% 9.3% Saba 0,7% 3,9% Schab-Lorenz pres. scarsa 5,2% Normende pres. scarsa 3,7% Blaukpunt pres. scarsa 0,9% Industrie italiane Seimart (Magnadyne-Radiomarelli) 9>4% 3'7% Indesit 10,0% 3,7% Zanussi 6,2% 4,1% Voxson 2,9% 1,2% Phonola 2,9% 2,3% Philco 2,8% 1,8%

Persone citate: Grundig, Philips, Ravizza

Luoghi citati: Francia, Italia, Torino