«Chiediamo solo di lavorare»

«Chiediamo solo di lavorare» Si moltiplicano le voci più diverse nel dibattito sulla violenza in fabbrica «Chiediamo solo di lavorare» Un gruppo di operai della M ir afiori: «Noi, come tanti altri, non abbiamo scioperato per i 61 licenziati. E vi spieghiamo perché» - «Ho subito la vecchia Fiat repressiva e paternalistica» - Un ex dipendente: «Le ragioni storiche di tanta insofferenza» - Nove piccoli industriali: «Grazie, Agnelli» Molte altre voci si sono aggiunte a quelle dei giorni scorsi sul dibattito 'Violenza in fabbrica* e «La Stampa' continua a ricevere lettere che rispecchiano posizioni diverse. Personaggi famosi, come Asor Rosa, Federico Caffè, Luigi e Filippo Cavazzutti, Luigi Frey, Paolo Leon, Pietro Rescino, Stefano Rodotà e Tiziano Tecce hanno firmato, con una trentina di docenti universitari, un documento nel quale si afferma che il tentati-, vo della Fiat, con licenziamenti e blocco delle assunzioni, è di «indicare un nuovo modello di "governo" della fabbrica con l'obiettivo di offrire un termine di paragone non solo al mondo dell'industria, ma al sistema politico nel suo complesso». Cittadini, lavoratori, sindacalisti, piccoli imprenditori con un linguaggio semplice ma non per questo meno profondo, sollevano il velo di una realtà complessa ponendo interrogativi, offrendo soluzioni, indicando ciascuno una strada. E' il ritorno ad una dialogo, ad un confronto destinati a far maturare buoni frutti «Cara Stampa, dato che anche noi ti leggiamo, vorremmo un piccolo angolo del tuo giornale (siamo un gruppo di operai della Fiat Mirafiori) per dirti che allo sciopero sui 61 licenziamenti noi, a grandissima maggioranza, abbiamo lavorato. Perché? Come ci sono gli "ultras", piccola minoranza che va allo stadio non per vedere la partita ma per rompere, bruciare, sparare, gente cosi c'è anche alla Fiat: i sindacati lo sanno e li proteggono. «Perciò diciamo che Agnelli incomincia ad aprire gli occhi. Anzi, doveva farlo prima. Se ci pubblicherai, credo che a tanta gente onesta non faccia dispiacere. Grazie Fiat: fai qualcosa che è ora: siamo operai che vogliamo lavorare un po' più tranquilli». * ★ «Sono un vecchio operaio Fiat adesso in pensione, da sempre socialista: la Fiat di Valletta, repressiva e paternalistica, l'ho subita. Da quando ho lasciato la fabbrica, ho sempre cercato di seguire le vicende della Fiat che è stata tanta parte della mia vita. «Sui giornali si è sempre letto della completa partecipazione di tutti alle lotte per le riforme, per il Mezzogiorno, per il contratto eccetera. Io, e con me tanti altri pensionati con cui mi incontro, pensavamo che veramente questi giovani fossero migliori e stessero meglio di noi. Abbiamo anche sempre letto che agli scioperi aderiva il 90-100 per cento; adesso salta fuori che gli iscritti ai sindacati sono solo il 30-40 per cento. «Sembra strano che sia più difficile far iscrivere al sindacato che far scioperare. Perché questa grossa differenza? La risposta è che gli scioperi di questi giorni, per i licenziamenti e la violenza, non solo non sono riusciti, ma non hanno scioperato neanche nei reparti dove li conoscevano. Non credete che sia colpa anche dei giornali se la gente non conosce la realtà delle cose?». Marcello Scrimi * * «Come assiduo e attento vostro lettore ho seguito con vivo interesse il «caso Fiat» e siccome sono un ex dipendente di tale società vorrei aggiungere alcune mie considerazioni. Le cause sono molte e di diversa natura, ma certamente una ha rilevanza, oserei dire, storica. Riguarda l'Immissione di masse lavoratrici di altre regioni italiane, senza prima provvedere a tutte quelle informazioni e preparazione professionale necessarie al fine di creare uno spirito d'adattamento, sufficientemente in grado di affrontare l'impatto con la fabbrica, cosi diversa dagli usi e costumi ai quali erano abituati. «Di conseguenza tutto ciò ha provocato gravi crisi di adattabilità e di scontento, innestando una spirale d'insofferenza. Vorrei porre ancora alla vostra attenzione il fenomeno di vasta proporzione che ha assunto il prepensionamento di moltissimi lavoratori Fiat, quasi tutti con discrete posizioni di lavoro, ottimi livelli professionali, con ancora ampie possibilità d'avanzamento: sarebbe oltretutto istruttivo saperne i motivi. Non vorrei che la causa principale fosse proprio il "clima aziendale". A voi il compito di scoprirlo. Se cosi fosse il danno non è solo dell'azienda ma sopratttutto del paese». Un exdipendente Fiat * * «Questa lettera (che certamente non verrà pubblicata) èpddptutn è una lettera di solidarietà per il comportamento del dott. Agnelli nella vertenza dei 61 licenziati Fiat. E' mai possibile che ci siano ancora tante discussioni e dubbi su una situazione che è diventata veramente insostenibile non solo per la Fiat ma per tutte le altre piccole e medie aziende? «In questa vicenda si spera solo che Agnelli riesca a tener duro contro questi incoscienti, pazzi sindacati che hanno ridotto il paese in tale situa¬ zione: grazie a loro, abbiamo una manodopera inefficiente, assenteista, prepotente e purtroppo anche assassina. «E' che dire poi dell'ufficio di collocamento? E' possibile che nessuno protesti, che dobbiamo passare tutti attraverso questo ufficio che ha tanti disoccupati da sistemare, ma che sono tutti disoccupati con un curriculum spaventoso? «Avremmo nelle nostre piccole aziende lavoro da dare a chi vogliamo, ma dopo molti tentativi infruttuosi abbiamo preferito diminuire la produzione piuttosto che prenderci del personale che è "zero" sotto tutti i punti di vista, soprattutto moralmente. Grazie Agnelli: hanno ragione all'estero di dire che è l'unico uomo valido in Italia. Alle prossime elezioni se ci fosse lui, tra tutti i nostri politici solo parolai, lo voteremmo. Poiché questa speranza sarà solo un'illusione, voteremo scheda bianca. «Ecco che cosa hanno otte¬ nuto quella schiera di grandi uomini ai quali interessa unicamente il posto a Montecitorio, mentre il resto va alla deriva. Ci scusiamo per lo sfogo, ma siamo tutta gente che ha lavorato una vita sperando di avere un futuro sereno; invece ci troviamo con un pugno di mosche e poiché siamo gente onesta, siamo sopraffatti dalla disonestà, dal teppismo che ormai regnano e imperano in questa povera Italia». seguono nove firme