Maxwell uno dei padri della fisica moderna

Maxwell uno dei padri della fisica moderna Lo scienziato morto cento anni fa Maxwell uno dei padri della fisica moderna Il suo nome è spesso affiancato a quelli di Newton e di Einstein - Le sue intuizioni e le sue teorio restano valide Cade, il 5 novembre, il centenario della morte di James Clerk Maxwell, il più grande fisico teorico del secolo scorso. Il suo nome, di frequente associato a quelli di Newton e di Einstein (altri costruttori di sintesi), anziché appannarsi col tempo, sempre più di frequente è stato menzionato nei cent'anni seguiti alla sua scomparsa. Era nato nel 1831, a Edimburgo, figlio di un gentiluomo di campagna, ed era cresciuto, amante del cavalcare e di passeggiate a piedi in compagnia di bei cani. Dotato, fin dall'infanzia, di una vivace curiosità per 1 «perché», dimostratosi presto eccezionalmente bravo in matematica e abile altresì nel lavorare con le mani, occasionalmente componeva versi e disegni bizzarri. Fu avviato agli studi scientifici e frequentò, come allievo e come docente, il famoso «Trinity College» di Cambridge. Ivi gli fu offerta l'occasione per il primo lavoro importante: si dibatteva sulla natura degli anelli di Saturno. Egli, nel 1859, dimostrò con rigore matematico che quegli anelli debbono essere composti di frammenti, di parti distaccate: non avrebbero stabilità né durata se fossero compatti o gassosi. Questa ricerca lo promosse, a ventotto anni, primo tra i fisici matematici del suo tempo. L'anno appresso pubblicò le sue ricerche sulla teoria dei gas. Parecchi scienziati avevano già sviluppato l'idea che un gas sia costituito di particelle (atomi o molecole) animate da rapidi movimenti, che danno ragione della pressione, temperatura, densità del gas medesimo. Per comodità di calcolo, quegli studiosi avevano supposto (consapevoli di sbagliare: era una ipotesi semplificativa) che quelle parti minute avessero tutte la stessa velocità. Maxwell, riprendendo l'indagine, suppose che le molecole del gas fossero come bi- glie puntiformi, perfettamente elastiche, dure, che si urtavano rimbalzando. Anche questa era una ipotesi approssimata: le molecole non sono biglie perfettamente elastiche; ma egli suppose altresì che le velocità di quelle particelle non fossero uguali, bensì distribuite secondo una legge statistica, da lui elaborata e che porta il suo nome. La «statistica di Maxwell», perfezionata dal fisico tedesco L. Boitzmann, trovò applicazioni in altri campi, quando si dovettero studiare fenomeni dovuti a una molteplicità di elementi non osservabili singolarmente. Questa è una delle ragioni per cui il nome di Maxwell di frequente ritorna nella letteratura scientifica. Il filone principale dei suoi studi si allaccia all'opera del fisico inglese M. Faraday, il quale, per spiegare a se stesso e agli altri come una corrente elettrica produca magnetismo intorno a sé, come una calamita in movimento produca una corrente elettrica in un vicino conduttore, come, una corrente elettrica in un circuito produca un'altra corrente in un altro circuito, aveva immaginato che queste e altre azioni a distanza fossero prodotte da invisibili «linee di forza» elettriche e magnetiche. Riprendendo questi concetti, arricchendoli con modelli meccanici immaginari (che poi lasciò cadere), trattandoli con molta matematica, confortando infine le sue deduzioni con esperimenti, pervenne alla scoperta sorprendente che le azioni elettriche e magnetiche nello spazio si muovono con la stessa velocità della luce (circa 300.000 chilometri al secondo). Egli ne' dedusse che la luce consiste di ondulazioni trasversali dello stesso mezzo che trasmette le azioni elettriche e magnetiche. A completamento di quegli studi, egli pubblicò (nel 1864) una «Teoria dinamica del campo elettromagnetico» culminante in una serie di sei equazioni. Ad esse si fa ricorso per tutte le questioni di elettromagnetismo e si trovano spiegate nei trattati di fisica non elementare. Noi, per chi voglia cimentarsi, rimandiamo a due opere. L'una è l'ampio, ricchissimo «Trattato di elettricità e magnetismo» del Maxwell stesso, pubblicato nel 1873 (volto in ita-!] liano, a cura di E. Agazzi, nei due volumi dedicati a Maxwell, nella collezione dei classici della scienza, Utet, Torino 1973); un'altra opera, più accessibile, è r.Ottica» di Enrico Persico, già (1932) pubblicata da F. Vallardi a Milano, e fatta oggetto di recente (1979) di una ristampa anastatica quanto mai opportuna (per cura di Zanichelli, Bologna, L. 18.000). In questo libro, al capitolo secondo, dedicato all'unità delle varie radiazioni, compresa la luce, si incontra appunto una spiegazione del meccanismo di propagazione delle onde elettromagnetiche, più discorsiva e breve. La teoria di Maxwell venne sempre crescendo di importanza da quando fu annunciata fino ai giorni nostri. E difatti, dopo la morte di lui, si' è avuta una vasta filiazione delle onde elettromagnetiche: quelle scoperte da Hertz e da lui prodotte e studiate in laboratorio, che dovevano servire per la radio (e furono dette «hertziane»); i raggi gamma, penetrantissimi, rivelatisi con la radioattività; i raggi X, che trapassano la materia, scoperti dal Roentgen. La morte prematura impedì al fisico scozzese di seguire la fortunosa carriera della sua grande sintesi. Un aspetto quasi prodigioso delle equazioni di Maxwell è ch'esse risultano compatibili con quella teoria della relatività che doveva essere scoperta quarant'anni appresso: teoria che sconvolse quasi tutte le formule della fisica, ma non quelle di Maxwell. Il prodigio diventa meglio com-l prensibile quando si consideri la circostanza che Einstein parti dalle equazioni di Maxwell per costruire la sua teoria- Didimo

Luoghi citati: Bologna, Cambridge, Edimburgo, Milano, Torino