La Thatcher senza le Unions di Mario Ciriello

La Thatcher senza le Unions I sindacati inglesi ormai esclusi dai "comandi strategici,, La Thatcher senza le Unions DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — Depressi, incerti, inquieti, i condottieri dei sindacati si sentono oggi come si sentirebbe chiunque privato d'improvviso di poteri che considerava intoccabili, immutabili, quasi sacri. Per la prima volta dal 1939, siede a Douming Street un premier che agisce sema consultare i maggiorenti sindacali, che va per la sua strada senza cercare né i loro consigli né la loro collaborazione. Le Unions sono state estromesse dagli alti comandi strategici. Non è un silenzio totale, perché i singoli dicasteri mantengono i necessari contatti con il mondo del lavoro e perché i rappresentanti del governo, della Confindustria e della Confederazione sindacale (il Tue) s'incontrano alle riunioni del National Economie Development Council. Ma i colloqui dicasten-Vnions sono circoscritti ad aree tecniche e quelli in seno al Council hanno perso da anni la capacità d'influenzare il corso degli eventi. La porta che conduceva direttamente al potere era quella, stretta e modesta, al 10 di Douming Street, e questa si è chiusa. Per Margaret Thatcher il governo non deve spartire con nessuno la direzione del Paese. La collaborazione più intensa tra governo e sindacati si era avuta ovviamente sotto i premier laboristi, quando la stanchezza delle maratone notturne veniva combattuta, tradizionalmente, con boccali di birra e panini imbottiti. Ma anche i premier conservatori non avevano certo ignorato il Tue, così come non ignorano le proprie potenze e superpotenze sindacali tutti gli altri governi dell'Occidente democratico, principalmente l'Italia. La 'rivoluzione thatcheriana* non è dunque una fantasia giornalistica, la bionda signora s'avventura senza esitazioni su rotte nuove e rischiose, come si è visto nei giorni scorsi quando ha abolito tutte le restrizioni valutarie in vigore dal 1939. Mentre altri Paesi pensano d'imitare l'ex patto sociale inglese, qui si accetta il conflitto e se ne proclama l'utilità. Cambiando una sola vocale, lo humour inglese ha creato un nuovo nome per Margaret Thatcher, per questa ferrea guerriera: non Attila the Hun, Attila l'unno, ma Attila the Hen, Attila la gallina. Si sorride, ma è un sorriso che si spegne presto, perché non c'è nulla di dilettantesco o di goffo nella strategia di Maggie. Errata o giusta che sia, è una visione originale della società inglese e del suo lungo travaglio. Il premier respinge la politica del consenso, dell'intesa obbligatoria, rituale, tra governo e sindacati, perché, a suo giudizio, altro non è se non un corporativismo nocivo alla nazione. I compromessi esigono concessioni economiche che il ooverno finanzia stampando nuove banconote. ' Nell'ideologia thatcheriana, i sindacati non devono avere un ruolo macroeconomico, perché dovendo difendere gli interessi di categoria non possono essere partners imparziali nell'elaborazione delle grandi strategie. Ma a tale perdita di poteri corrisponde una maggior libertà. Libertà di battersi per miglioramenti salariali senza la disciplina di una politica dei redditi o di un patto sociale: libertà di sfidare tutti, imprenditori e governo. Con un avvertimento, però. Se saranno troppo miopi potrebbero essere scavalcati, come alla Leyland, dai lavorotori stessi. I critici gridano che Marga- Mario Ciriello (Continua a pagina 2 In ottava colonna)

Persone citate: Marga, Margaret Thatcher, Thatcher

Luoghi citati: Italia, Londra