L'Alfiere del lavoro ha 19 anni e i più bei voti della maturità

L'Alfiere del lavoro ha 19 anni e i più bei voti della maturità L'Alfiere del lavoro ha 19 anni e i più bei voti della maturità Flavio Raviola è l'unico liceale torinese insignito del prestigioso titolo - «Oggi si può ancora studiare sul serio, basta volerlo» ■ •£' vero, ci sono scuole dove violenza e intimidazione sono regime quotidiano, dove lo studio non è un diritto ma un reato. Per mia fortuna all'Alfieri non è stato cosi. Comunque l'apprendere è un fatto soggettivo, di interessi personali: si può studiare ovunque, .basta volerlo. Anche in situazioni di disordine cronico e diffuso». Flavio Raviola, 19 anni, è l'unico liceale torinese premiato quest'anno con 11 titolo di Alfiere del Lavoro assieme ad altri 24 giovani di tutt'Italia, per 1 60/60 alla maturità con il miglior curriculum nei cinque anni di scuola superiore. Dopo una settimana-premio a Roma, e gli incontri con Pertini ed il Papa, racconta la sua esperienza senza falsi pudori, senza ostentare un'umiltà che non prova. L'atteggiamento critico con cui ha vissuto la scuola emerge fin dalle prime battute. Dal padre, bancario, morto tre anni fa, ha accettato molti consigli ma non l'indirizzo del propri studi: «Lui era contrario al classico, perché offre pochi sbocchi professionali. Ma io sentivo già la passione per le materie letterarie e per linsegnamento. Ho fatto di testa mia». Dalla madre ha ereditato la passione per l'archeologia e per la musica. «£' importante che i genitori seguano gli studi dei figli, almeno nei primi anni di scuola. Ricordo una contestazione "pre '68" messa in atto da mia madre quando ero ancora alle elementari, perché la maestra non svolgeva i programmi. Aveva ragione». Fratelli? - Una sorella, di 10 anni. Maria Chiara, che frequenta la quinta elementare ma non sembra voler seguire le mie orme. In tutti gli scolari di quell'età si nota oggi un calo di originalità, perché ragionano secondo schemi tv, alla Fonzie per intenderci. Nelle elementari si trova una seconda casa, che va benissimo per chi ha problemi familiari, ma i nuovi metodi didattici non allenano ad impegnarsi nello studio». Un tempo era diverso? «Io alle elementari, alla Coppino, ricordo che avevo paura. Ma forse non era giusto neppure cosi». E al liceo? «Devo riconoscenza ai professori ed ai compagni dell'Alfieri. Non ci sono situazioni "calde" perché si applicano i decreti delegati (anche se limitati e deludenti come realizzazioni), e nei dibattiti politici vige la massima correttezza. Niente pestaggi o picchetti, frequenti in altri istituti». Ti ha maturato più 11 dialogo o il nozionismo? «Vecchio dilemma, ma la verità sta nel mezzo. I programmi sono abbastanza duri, e per realizzarli bene non sempre si riesce anche a discutere, ad approfondire il dialogo. Anche agli esami si può accertare la maturità dello studente se questi appare molto preparato; se viaggia invece sul filo del rasoio i professori si limitano alla domandina, per dargli una mano. Comunque sbaglia chi valuta la percentuale dei respinti come indice di serietà dell'esame, quasi che la bocciatura divenisse un fine invece che un mezzo». Sulla scuola sei ottimista allora? «Si, anche se la riforma è urgente. A me il liceo ha dato, soprattutto, strumenti logici di critica che mi saranno d'aiuto negli studi universitari di lettere antiche. Ma bisognerebbe valutare i maturandi su esami indicati da loro già in funzione dell'indirizzo scelto». Una specie di esame di ammissione all'Università? ■Qualcosa del genere, perché troppi ragazzi ci arrivano ancora senza idee. L'altra settimana ho visto due matricole iscriversi a Filosofia soltanto perché la coda agli sportelli era più corta. Davvero. Non sto scherzando». Come hanno giudicato questo titolo di Alfiere i tuoi compagni? «Né cosa da mostro, né da secchione, se questa è la domanda. Ci sono molti altri con medie simili, e per arrivare a Roma ci vuole, oltre al merito, tanta fortuna. Comunque la figura del secchione è tramontata, ne ho incontrati pochissimi alla premiazione: tutti gli altri erano ragazzi e ragazze con interessi simili ai miei, ricchi dal lato umano e pienamente inseriti nellavita». _ . , _ Roberto Reale