Molti salti sul treno di Kennedy che forma un comitato elettorale di Ennio Caretto

Molti salti sul treno di Kennedy che forma un comitato elettorale Importanti adesioni fra i democratici al «presidente ombra» Molti salti sul treno di Kennedy che forma un comitato elettorale Il sindaco di Chicago, l'ex senatore Clark, il sindacato dei dipendenti del Tesoro si sono schierati con Ted - Si teme una spaccatura nel partito a vantaggio dei repubblicani DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — A un anno esatto dalle eiezioni presidenziali, che si svolgeranno il primo martedì di novembre del 1980, Edward Kennedy ha compiuto il penultimo passo per la propria candidatura alla Casa Bianca, formando un «Comitato elettorale esplorativo», e ottenendo l'appoggio di funzionari-chiave del partito democratico, come il sindaco di Chicago, la signora Jane Byrne. L'ultimo passo, l'annuncio ufficiale, lo compirà il 6 o il 7 prossimi: e da quel momento il processo decisionale del governo e del Congresso americani si modificherà per riflettere anche le opinioni di colui che è considerato «il Presidente ombra». Sia in politica interna, soprattutto economica, sia in politica estera, soprattutto nei confronti deV'Urss, il senatore Kennedy condizionerà le scelte di Carter più. di quanto abbia già fatto. Uscendo allo scoperto dopo un'estate di meditazione e di ripensamento — era dello scorso giugno il suo rifiuto «a servire, anche se designato dal partito» — Edward Kennedy ha anticipato i tempi. Vi è stato costretto dalla campagna elettorale inaugurata da Carter già a luglio, nel viaggio fluviale sul Mississippi, nel cuore del Mid West americano, e dal successo riportato dal Presidente nelle «miniprimarie» della Florida a ottobre. Di fronte al proliferare di organismi autonomi con la pretesa di organizzargli una campagna in loco, il senatore ha voluto assumere il controllo di uno «sforzo nazionale... per restituire una leadership agli Usa». La fulmineità e il nume- ro delie adesioni dimostrano quanto la sua iniziativa fosse attesa: quelle riportate dalle cronache sono soltanto una percentuale minima, altre, più importanti, si consolidano da tempo, come è il caso del governatore dello Stato di Neio York, Carey. Agli effetti della strategia elettorale, tra gli appoggi annunciati l'altro ieri, i più importanti per Ted Kennedy sono quelli del sindacato dei dipendenti del Tesoro, che dovrebbe preludere a uno spostamento dell'intera confederazione ne! suo campo; quello dell'ex senatore Dick Clark, dimessosi dalla direzione degli aiuti ai rifugiati indocinesi, che potrebbe aprire al senatore le porte dello Iowa nelle primarie del 26 gennaio, e quello del sindaco di Chicago Byrne, che si crede sarà decisivo nelle cruciali primarie dell'Illinois a marzo. Particolarmente significative appaiono queste ultime due defezioni (Clark e Byrne erano ritenuti -uomini del Presidente») perché illuminano lo stato d'animo della «ìnacchina» del partito democratico: i funzionari-chiave temono di essere estromessi dalle loro cariche dagli elettori se nell'SO continueranno a battersi per Jimmy. Altri salti sul «treno kennediano» minano tuttavia, in maniera più vasta e profonda, la piattaforma elettorale di Carter. Un esempio clamoroso è quello di Morris Dee, un avvocato dei diritti civili dell'Alabama, che nel '76 raccolse fondi per l'elezione del Presidente. L'esempio è sintomatico delle simpatie che il senatore raccoglie fra le minoranze che garantirono l'ascesa carteriana: i negri, i poveri, gli studenti, persino le donne. Con l'offuscamento della stella del governatore della California Jerry Brown, ultimo esponente di un mondo «radicai chic» in crisi, Edward Kennedy corre ami il rischio d'essere idenficato con la cultura alternativa. Il suo problema, ha scritto il New York Times, in questo momento in cui l'ondata neoconservatrice percorre tutta l'America, è di collocarsi al centro. Commetterebbe un errore presentandosi come il candidato del Welfare State, del deficit del bilancio, lasciando al Presidente «lo spazio di mezzo», ossia il voto della maggioranza silenziosa. La controffensiva di Kennedy, la valanga degli appoggi, i risultati delle opinion polis a lui sempre più favorevoli hanno scosso /'entourage carte- nano. Sospinto dalla consorte Rosalynn, che si è rivelata tra le più formidabili first ladies della storia americana, il Presidente ha dichiarato che «risponderà alla sfida... e vincerà». Al tempo stesso, ha deciso di «purgare» sia i dirìgenti della pubblica amministrazione che quelli del partito legati alla Casa Bianca da una «quinta colonna» del senatore. Il suo impegno nella campagna elettorale è raddoppiato, nella convinzione che soltanto arrivando al Congresso di luglio in una posizione di forza potrà eliminare il rivale. Il vicepresidente Mondale ha ammonito che il pericolo di una spaccatura dei democratici «non è mai stato cosi grave nel dopoguerra», e che essi potrebbero perdere il controllo sia del Congresso che del governo a vantaggio dei repubblicani. La presidenza-ombra è comunque una realtà. Che si trasformi o no in una presidenza reale, che Kennedy vinca o no le elezioni, costituisce un dato di fatto con cui Carter e gli americani devono fare i conti. In vent'anni al Senato, Ted ha accumulato un'esperienza e un potere ai quali forse vi è un solo precedente, quello di Lyndon Johnson. Kennedy «è» il Congresso. I programmi alternativi a quelli della Casa Bianca, dall'energia all'assistenza sanitaria, per citare i principali, sono suoi. Kennedy mobilita le folle come e più del rivale, e i capi di governo stranieri lo includono nei loro appuntamenti. E' una situazione anomala Ennio Caretto