Dalla culla alla disoccupazione

Dalla culla alla disoccupazione NATALITÀ' E CONSEGUENZE ECONOMICHE Dalla culla alla disoccupazione Il mancato rinnovamento delle generazioni nell'Europa occidentale comporta invecchiamento, malattia mortale tanto per l'uomo quanto per la società, quindi diminuzione del numero, con la sua scia di scosse per contrazione e di ripercussioni sfavorevoli sull'occupazione, contrariamente a quanto risulta secondo un'ottica ingenua quanto dannosa. Per assicurare la semplice sostituzione generazionale, la natalità dovrebbe essere aumentata dal 10 al 50 per cento a seconda dei Paesi. Escludiamo innanzitutto ogni ritorno al passato agendo sulle due cause fondamentali di tale caduta: l'avvento di tecniche anticoncezionali efficaci (pillola sterilizzante e aborto) e l'emancipazione della donna, compreso il lavoro professionale. Prima del 1965, infatti, in tutti i Paesi un numero notevole di nascite era contrario alla volontà dei genitori. Occorre quindi agire in modo che il numero medio di nascite volute da una coppia superi un po' le due unità. Se tale obiettivo nazionale fosse prioritario, la soluzione sarebbe agevole, ma ogni metodo efficace perturba qualche elemento nella società, si oppone a principi accettati (senza parlare del peso finanziario) e perciò è respinto. Perché sia modificata la volontà delle coppie, bisogna dunque anzitutto che la volontà della nazione sia suf- ficientemente forte, ciò che è ben lontano dalla realtà, per il momento, in tutti i Paesi. Ecco tre esempi, scelti di proposito, tra quelli che non comportano alcun aggravio finanziario: 1. Il «voto familiare», o rappresentanza dei minori nel suffragio elettorale secondo modalità da stabilire, avrebbe una grande efficacia, più per la presa di coscienza nazionale che per l'incitamento diretto da parte della famiglia. Ma semplicemente accennare a tale mezzo provoca subito obiezioni di principio, spesso violente ; 2. Il principio della priorità alle madri di tre figli, accordato in Francia dopo la guerra, fu uno stimolo potente, non individuale, beninteso, ma anche in questo caso di presa di coscienza collettiva e di riabilitazione di coloro che assicurano l'avvenire d'un Paese. Tale principio in quegli anni venne applicato senza difficoltà, ma oggi le cose andrebbero diversamente per l'assenza di volontà nazionale. 3.1 sussidi per l'abitazione sono sempre stati insufficienti in tutti i Paesi e in contrasto, con i propositi ufficiali: non si è mai tenuto conto pienamente delle reali necessità di spazio, ossigeno e luce. Non è questo che un problema di giustizia: l'aiuto finanziario è stato distribuito in modo antisociale. Si tratta di tre esempi edificanti: l'ostacolo finanziario non è il solo in causa. Ecco ora tre suggerimenti che potrebbero trasformare un certo numero di rifiuti in acce ttazioni: — il livello di vita delle famiglie; — la pensione alla madre dopo il terzo figlio; — la revisione del sistema pensionistico in senso sociale. Contrariamente ad un pregiudizio corrente, molti successi si sono registrati in tema di politica della natalità. In particolare è il caso del codice di famiglia del 1939 e del 1946 in Francia, Paese che si trovava da quasi due secoli all'ultimo posto e che ora è quasi al primo in Europa occidentale. Il risultato sarebbe stato ancora più evidente senza la diminuzione di metà dei sussidi familiari. Il fatto è che gli spiriti socialmente più avanzati, i più solleciti delle necessità dell'uomo, rinnegano i loro principi quando si tratta di bambini. Per essi il diritto alla vita scompare. Ogni giorno la stampa denuncia le difficoltà del salariato al minimo (in Francia lo «Smicord»), senza dire che una famiglia con tre bambini ha un potere di acquisto minore rispetto alle altre anche se il salario (o i salari) che entra in casa è notevolmente superiore al minimo. Un'azione in questo senso è perciò, nello stesso tempo, pro-natalità e sociale, se il sussidio, è dato in misura maggiore per il secondo figlio e per il terzo, chiave dell'operazione. I Paesi socialisti dell'Est l'hanno capito molto bene: tutto va nella stessa direzione, natalità, giustizia distributiva, aspetti finanziari. Soluzione minima: qualsiasi maggiorazione futura del potere d'acquisto globale deve avvenire esclusivamente per le famiglie, soprattutto in riferimento al terzo figlio. Soltanto dalla guerra è già passato un terzo di secolo: per quanto importante, il bi¬ lancio familiare non è più il solo in causa. Inoltre esso è aggravato dalla cessazione di lavoro che risulta dall'arrivo di un figlio. I pochi, timidi passi fatti nell'Europa occidentale sono in forte ritardo sulle realizzazioni nel Paesi socialisti: in questi il tasso di natalità è risalito (anche tenuto conto dell'effetto delle restrizioni adottate per l'aborto) soprattutto nella Germania Est dove il numero delle nascite è aumentato del 31 per cento in quattro anni, in particolare grazie al congedo pagato di un anno dopo la nascita del secondo figlio. Nell'Europa occidentale e soprattutto in Francia il congedo pagato di due anni ad uno dei genitori del terzo figlio avrebbe senza dubbio molta efficacia, a condizione di garanzie per l'occupazione e per la carriera. Una siffatta operazione sarebbe relativamente poco costosa, perché le persone in temporaneo congedo dalla popolazione' attiva sarebbero in parte sostituite da disoccupati o da prepensionati. Il terzo elemento fondamentale è nel settore delle pensioni. Qui la giustizia distributiva agirebbe ancora nello stesso senso del ritorno nazionale alla vita, perché il sistema attuale esclude paradossalmente nella maggior parte dei Paesi, se non in tutti, le donne «non attive» che, allevando molti figli, hanno assicurato le pensioni alle altre. Anche in regime di capitalizzazione pura, le pensioni sono in realtà pagate dal lavoro delle generazioni adulte. Numerose sono le modalità possibili d'una tale compensazione; anche qui dipende dalla volontà nazionale. La disoccupazione, come abbiamo constatato, svolge un ruolo aggravante tanto sul piano individuale (stato depressivo) quanto su quello collettivo. ^Perché mettere al mondo altri disoccupati?-. Questa la tragica sentenza, che già si udiva negli Anni Trenta. Qui non si tratta più d'una questione di volontà, ma tecnica. Non c'è problema conosciuto cosi male come quello dell'occupazione; gli economisti lo sfuggono, o lo affrontano, come l'opinione pubblica, in termini su¬ perficiali. Non è questo il luogo né l'occasione per descrivere il meccanismo, logico quanto implacabile, dell'esclusione dal circuito economico, ma bisogna sperare che finalmente la chiarezza un giorno sostituirà le illusioni. La conclusione generale è netta: al di fuori della disoccupazione si tratta assai meno di tecnica che di volontà. Il giorno in cui se ne prenderà coscienza, il resto sarà facile. Il primo sforzo da fare è dunque di chiarezza e di ricerca, fuori d'ogni dogma; in particolare bisognerà approfondire lo studio dell'invecchiamento, anch'esso, finora, rifiutato. Non c'è molto tempo; siamo ancora nella fase euforica della perdita di gioventù. Senza presa di coscienza arriveremo alla soglia critica, e il processo diverrà irreversibile. Qualsiasi male sociale porta in sé il rimedio, ma bisogna individuarlo; bisogna rimuovere il rifiuto di conoscere la realtà, ancor più che il rifiuto della vita. Alfred Sauvy

Persone citate: Alfred Sauvy

Luoghi citati: Europa, Francia, Germania Est