Marines sulla spiaggia di Cuba

Marines sulla spiaggia di Cuba COSI' CARTER HA RAFFORZATO LA BASE DI GUANTANAMO Marines sulla spiaggia di Cuba Pftr antirn r»nnt.ratt.n un lembo dell'isola (Drotetto da 28 chilometri di filo sninatol è onounato dn Per antico contratto un lembo dell'isola (protetto da 28 chilometri di filo spinato) è occupato da forze Usa - Ora si è aggiunto un contingente di 2200 yankees: l'obiettivo non è il confronto armato, ma una «riaffermazione di vigilanza» - Come si vive in questa anomala propaggine statunitense NEW YORK — Lo sbarco dei marines più reclamizzato della storia — reclamizzato dalla televisione, dalla radio, dai giornali e dai documentari televisivi — è avvenuto lo scorso mercoledì a Guantanamo, la base militare americana di Cuba, l'unica base degli Stati Uniti in un paese comunista. Di fronte alle cineprese e telecamere, ai microfoni, alle macchine fotografiche, ai taccuini dei giornalisti, come in uno sceneggiato. 2200 giovani yankees. appoggiati dagli elicotteri e dai caccia bombardieri, hanno 'invaso- un lembo di isola. Milioni, forse decine di milioni di ascoltatori e spettatori ne hanno seguito i movimenti dal continente: e lo stesso hanno fatto, dalle montagne circostanti, coi binoccoli e i teleobiettivi, gli ufficiali di Castro. Si è trattato di una manovra militare senza precedenti, sia per la sua spettacolarità sia per la sua peculiarità. Il presidente Carter l'aveva ordinata in risposta al rifiuto sovietico di ritirare «la brigata d'assalto» da Cuba. I 2200 marines rimarranno nell'isola un mese circa, per rafforzare la base, e l'anno venturo, altri prenderanno periodicamente il loro posto. L'obiettivo non è un confronto armato tra la superpotenza e il piccolo Stato dei Caraibi. ma la riaffermazione di una vigilanza e un impegno che. ha detto Carter, «non verranno mai meno». Gli Stati Uniti controllano adeguatamente le attività cubane e russe con gli aerei spia: Guantanamo è il simbolo del loro primato sull'emisfero che Monroe voleva libero da «ingerenze straniere». Questa coesistenza sull'isola del Cremlino e della Casa Bianca, di un'enclave capitalista e di una comunista, del dollaro e del rublo, della bandiera a stelle e strisce e della falce e martello non ha riscontro in nessun'altra parte del mondo. Con qualche violazione del «fair play», sembrerebbe che a Cuba Stati Uniti e Unione Sovietica interpretino un ruolo stabilito dalla diplomazia: e che Castro protesti contro i primi e si appoggi alla seconda più per convenienza estenore die interesse nazionale, e comunque evitando crisi pericolose. In realtà. Guantanamo costituisce un Impasse da cui le due superpotenze e l'Avana potranno uscire solo in un periodo di sincera distensione, quando Carter e Castro avranno riallacciato le relazioni diplomatiche. La base è un'anomalia, nell'attuale contesto politico. Sorge all'estremità sud orientale di Cuba, di fronte' ad Haiti, in una zona strategica di straordinaria importanza. E' formata da una baia, una striscia di terra ai piedi delle montagne, e un reticolato semicircolare lungo 28 chilometri. Normalmente, conta 2300 militari, che passano la maggior parte del loro tempo al sole, sulla spiaggia, e 3600 civili. Un gruppo di operai cubani, 123 uomini, vi entrano ed escono ogni giorno, facendo i pendolari con la cittadina di Caimanera. Castro ha eretto intorno alla base del filo spinato, lasciando una fetta di 400 metri di «terra» di nessuno, e ha disseminato di mine la costa circostante. Al largo, incrociano le poche navi da guerra fornite dai sovietici. Da otto mesi, il comandante della base è il capitano John Fetterman, un mari- naio che non manca di umorismo. Con un sorriso, racconta che apprese dello sbarco dei marines il primo ottobre, quando Carter annunciò la sua decisione alla tv. «L'importanza della base è fondamentale — dice Fetterman — ma non per la prova di forza in corso con l'Avana, o per la neutralizzazione della brigata d'assalto russa, che è a 800 chilometri di distanza, bensì per il dominio dei Caraibi e dell'Atlantico-. Spiega che nessun'altra baia è così protetta e razionale: ■ La flotta viene rifornita assai rapidamente, la Florida e si trova a 700 chilometri, e abbiamo la protezione dei missili da essa». Ma Castro non disturba Guantamano? «Non c'è mai stato un incidente. L'abbiamo evacuata dai civili una volta sola. nel'62. quando il presidente Kennedy e Kruscev si affacciarono sul baratro della guerra nucleare». A Guantanamo si vive co- me alla Bahamas, in un lusso tropicale. Le case hanno l'aria condizionata, le televisioni i programmi americani, esiste il cinema, comici come Bob Hope vengono in tournée. Coi pendolari cubani, i rapporti sono ottimi. Il comandante non li lascia interrogare perché non abbiano fastidi con Fidel, ed essi fingono di riferire al partito comunista tutto ciò che vedono. Sicuramente, tra di loro, si nascondono parecchie spie, «ma la base non ha nulla da nascondere». Per tre lustri, essa ha funzionato anche come «porta della libertà»: non pochi dissidenti vi si sono rifugiati, sfidando' il mare coi cannotti, o rischiando di cadere mitragliati sulla «terra di nessuno». Oggi tuttavia, attraverso l'ambasciata svizzera, gli Stati Uniti e Cuba sanno negoziare: i prigionieri sono barattati, o le famiglie in Florida pagano un riscatto. Il traffico è più ordinato, tranquillo e redditizio. Per l'uso della base, la Casa Bianca paga 3 milioni e mezzo all'anno circa. 4000 mila dollari, che Castro rifiuta d'intascare, per non riconoscerle nessun diritto, e versa su una banca di Zurigo. L'uso della base è sancito dalla costituzione di Cuba del 1934, ed è irrinunciabile. A sua volta, la costituzione si rifà a un trattato del 1903, che prevedeva un pagamento di 2000 dollari (il tasso inflazionistico non era allora tanto galoppante). Nel quinquennio precedente, gli americani erano stati a Guantanamo come truppe di occupazione, in seguito alla guerra con la Spagna Castro accusa Carter di realizzare a Guantanamo la sua «vocazione di colonialista», e insiste che, nelle convenzioni internazionali, qualsiasi trattato scade dopo un secolo. Partendo dal 189S. data dell'«invasione yankee», egli conta dunque che l'odiato nemico si ritiri al più tardi tra un ventennio, dando «insolita prova di buon senso». In uno dei ricevimenti alla missione cubana presso l'Onu, durante la sua visita a New York, Castro ha minacciato future contromisure per la base. Ma gli aerei militari Usa continuano ad atterrare sulla pista e a volteggiare nel cielo badando a non violare lo spazio aereo del padrone di casa; e la stazione radio e tv che fa parte della rete del Pentagono a trasmettere la sua propaganda, in qualche misura recepita dalla popolazione circostante. «Tutto sommato — osserva Fetterman —, la reazione di Fidel è stata meno rabbiosa del previsto». A nessuno è passato per la testa di rinviare linizio dell'anno scolastico nell'istituto interno per i figli dei tecnici e degli ufficiali, o di imporre alle mogli e alle fidanzate di non uscire dagli appartamenti o non divertirsi al circolo. «In un certo modo — ammette il capitano — la nostra è una vita coloniale, con tutti gli ingredienti: bagni, cocktails. camerieri e bridge, alti stipendi e nostalgia, e poco da fare». Il contrasto col mondo esterno, con l'austerità castrista che assicura l'istruzione e il.lavoro ma sacrifica il confort e lindividualismo. è inquietante. E tuttavia. Guantanamo e Cu¬ ba hanno imparato a coesistere. E' dal '61, quando la da, i servizi segreti americani, organizzarono Un/elice assalto alla Baia dei Porci, nel tentativo fallito di riconquistare l'isola, che lo status quo viene universalmente accettato. «C'è qualcosa di latino-americano in tutto ciò —conclude Fetterman —, sospetto che più disorientati siano i sovietici, che mantengono il regime di Castro non solo con le armi e 11 petrolio, ma anche con i maggiori aiuti economici defioro impero». Se Guantanamo è un paradosso, lo si deve anche agli strani rapporti tra Usa e Cuba e a un contraddittorio sentimento di Castro verso le superpotenze. Prima di abbracciare il comunismo, Fidel fu un ammiratore dell'America. Figlio di latifondisti, studiò inglese e sognò di laurearsi in economia alla celebre università di Harvard. Nel '48, quando si sposò a soli 22 anni, venne in luna di miele a New York (la moglie divorziò, poi, nel corso della rivoluzione, e andò in esilio in Spagna col figlio, che oggi è ormai adulto). Ancora nel '59. l'anno della vittoria, nel primo viaggio all'estero. Castro bussò all'uscio statunitense, disposto a negoziare. All'Onu si dice che questa sua vicenda è un amore deluso, e fu il rifiuto yankee a spingerlo nelle braccia del Cremlino. Nella maggioranza dei cubani rimane inoltre vivo il ricordo dei potenti vicini, nei giorni in cui l'Avana era la capitale del vizio e del divertimento dell'intero emisfero. Come ha scritto il New York Times, condannando la sua prostituzione, la sua industria del gioco d'azzardo, «la città sembrava la pattumiera morale degli Stati Uniti». La mafia, la stessa legata misteriosamente all'assassinio del presidente Kennedy nel '63, ne controllava le attività illegali, e la classe dirigente se ne serviva per ampliare il divario dalla miseria altrui. Ma non tutto era negativo: vi erano industrie in espansione, americani che avevano fatto di Cuba la seconda patria, artisti che ne peroravano la causa agli occhi del mondo, come Hemingway. Anziché distruggere ogni rapporto, la rivoluzione avrebbe potuto salvare quelli validi. A Washington, a l'Avana e a Guantanamo si sa che le manovre in corso sono un episodio senza significati politici profondi. Il vero dramma si svolge dietro le quinte. Si impernia, come già notato, sulla richiesta americana a Castro di non inviare più mercenari nel Terzo mondo, quarantacinquemila soldati in tutto come braccio armato del Cremlino; e su quella all'Urss di rispettare lo status quo e non espandersi a danno dell'Occidente. I progressi sono inesistenti. Nel 77, Cuba ha riaperto le porte ai turisti americani. A New York, due settimane fa. Castro si è detto pronto a ricevere Carter all'Avana o a recarsi a Washington. Ma Carter ha rifiutato, perché teme che Fidel stia per esportargli la rivoluzione nei Caraibi e nell'America centrale. Non può pretendere, ha risposto, che gli stringa la mano destra fingendo di ignorare cosa fa la sua sinistra. Ennio Carette Guantanamo (Cuba). Giornalisti osservano le manovre di mezzi da sbarco degli Stati Uniti