Tutto il caos minuto per minuto

Tutto il caos minuto per minuto COSI' LA DOMENICA CI INVADE CON LE VOCI DELLO SPORT Tutto il caos minuto per minuto E un'orgia di sillabe: un esercito di cronisti ufficiali o «liberi» e di spontaneisti riempie i cieli d'Italia da Udine a Palermo - Si comincia con la «Davis», poi si avvia il calcio, incalza il rugby, prorompe l'ippica - Quindi le confessioni e gli alibi negli spogliatoi - Forse oggi anche il povero Proust dovrebbe commentare un Gran Premio di Monza Le »voci della domenica' farebbero andare nel pallone — è proprio il caso di dirlo — anche Giovanna d'Arco, ben nota ascoltatrice di messaggi vaganti nell'etere. E' un'orgia di sillabe insalivate, si sente lo sforzo polmonare, un esercito di cronisti ufficiali o «liberi, e di spontaneisti che si intromettono riempiono i cieli d'Italia da Udine a Palermo. E' la domenica dello sport: tutto si ferma per questo rito, da una parte (scarsa) giocato e da milioni divorato negli stadi, negli ippodromi, davanti alla televisione, con le radioline all'orecchio. Comincia subito dopo il desinare, per via della 'Davis» a Roma, dove al Foro Italico i tennisti azzurri battono i cecoslovacchi, tra urla becere del pubblico, insidie di vespe, ineffabili apprezzamenti di Guido Oddo (anche per una povera lucertola azzardatasi sul campo) e nessun rispetto umano verso un ragazzino diciannovenne, il buon Lendl, che naturalmente è visto (e commentato) da chicchessia come un barbaro da buttar nel Colosseo. Poi si avvia il calcio, incalza il rugby, prorompe l'ippica. A Roma c'è il derby di trotto, a Parigi nientemeno che il celebre 'Are de Triomphe* con tanto di presidente Giscard in tribuna e cappelli fioriti per le signore. Tra tutto questo, un riflusso: la 'Diretta sport' del secondo canale, non paga della scorpacciata d'attualità, impone pure commenti e immagini di un Milan-Juve o un LazioPerugia dell'anno scorso. La smania del 'revival' contagia persino le pedate. A quando il calcione del 1902? Via, allora, tra grugniti, interruzioni, scambi di toni, ruggiti, ansiti e con un certo vocione anonimo che (sono le 15,15) invoca uno sconosciuto «Mario». Chi sarebbe? Interrotti, neppure gli stakanovisti del microfono riescono a spiegarselo. Poi l'anonimo trova, molto probabil- mente, quel suo amico Mario, e si continua, in un bailamme felice e tossicoloso. Ha già segnato il Milan, ha già messo dentro una doppietta il Napoli, ma i draghi della parola sportiva, cioè Sandro Ciotti ed Enrico Ameri, si tengono ancora ai margini: strariperanno, con l'abilità indiscussa che gli riconosciamo da mezzo secolo, dopo il primo tempo. Per ora si vive di lacerti brevissimi, di sovrapposizioni concitate. Gli unici che sputano sangue sono i radiocronisti delle • libere', e ne vanno citati almeno un palo, torinesi, Enrico Heiman di «GAP» e Marco Bernardini di »Radioreporter», che vomitano rabbie vocabolaristiche commen¬ tando da San Siro e dal Comunale. Li seguono, con altrettanta 'Verve', Riccardo Signori e Filippo Grassia di 'Radio Montestella» milanese: la masticazione delle fasi di gioco è furente. Ma intanto, su 'Diretta sport» del secondo canale, scritte semoventi che annunciano i gol vanno ad impastarsi su Pana tta che blandamente conduce al Foro Italico, su cavalli guidati dai toni signorili di Alberto Giubilo, che con microfoni e trottatori ha stretto patti all'inglese dal tempo delle guerre puniche, ma mai lo dimostra, talmente è bravo. All'improvviso, una -perla-: da Udine ci gridano che è stata perforata tra le gam- be una difesa. Speriamo che non sia una signora. Poi salgono latrati dai campi fangosi del rugby. Piombano dai cieli più strani altre interferenze (paragonabili ai refusi tipografici in un giornale). Perché anche alcuni radioamatori riescono, nei loro movimenti misteriosi, ad inserirsi su qualche onda e dettano scherzacci: per esempio Bettega espulso, o un gol di Pruzzo, che invece non sta vedendo palla a Napoli. Avanti così, in una codara che gli inventori della radio, tra cui il nostro Marconi, non si sa quanto apprezzerebbero. Le immagini di 'Diretta sport» hanno la pretesa di arricchirsi grazie ad alcuni disegnini che vorrebbero essere satirici e risultano patetici: Panatta mostra la dentiera, un cavallo è ritratto con un garofano in bocca. Forse è il puledro di Bettino Craxi. E si giunge ai fatali calci del •minuto per minuto», quando anche la suocera più chiacchierona viene incerottata, in casa, perché non disturbi i draghi, Ameri a Milano, Ciotti a Bologna. La ragnatela è tesa, coinvolge uomini di A e uomini di B, voci che espettorano giudizi e inseguono polpacci aggressivi sull'erba. Trasuda anche un po'di tifo sotto pelle, specie dai corrispondenti — come dire? — provinciali. C'è uno che soffre a Lecce e un friulano che non digerisce la provvisoria vittoria del Cagliari ad Udine. L'Italia spasima. Condotto con sussiego da Alberto Giubilo il cavallo Gentile vince il derby del trotto (sono le 16,30) a Roma, subito dopo la testa con capelli riportati di Giscard, presidente francese, annuisce alla vittoria di un galoppatore nelV'Arc» parigino. Ma via le groppe, torniamo alla radio: Giordano ha pareggiato i conti con Paolo Rossi all'Olimpico, Bettega non viene mai nominato a San Siro, Ameri parla freddamente di Furino e Novellino avvinghiati a terra: ma è freddezza indispensabile e severa per i due citati giocatori che si scalciano a tutto andare. E' un -rush. tumultuoso, tra immagini che cominciano ad arrivare dagli stadi (a partire dalle 15,55) e frasari che cercano di sintetizzare gioco e calcioni. I minuti si mangiano l'uno con l'altro, le interruzioni («scusa Sandro», «scusa Enrico») cadono come colpi di mannaia. L'orecchio è diventato ormai un labirinto di echi, di follie sonore, tiri che lambiscono i pali e ruzzoloni fanno alzare il timbro delle voci professionali, qualche còrda vocale' sfodera ruggini, il •gran coordinatore» assume dallo studio centrale tutte le redini, calza l'elmetto e distribuisce ordini perentori: a te un secondo, a te un .flash», a voi due aggiornamenti, a te niente, a un altra — forse — tre caramelle. Si è entrati nella strettoia conclusiva, il sogno di diventar Improvvisamente sordi va sedueendoci. A Sandro Ciotti (la partita di Bologna è cominciata con sei minuti di ritardo) spetterebbe l'ultima parola, ma ogni due sillabe è brutalmente spazzato via da colleghi interferenti con il loro ormai straconosciuto risultato finale. Termina in una pioggia di cifre, di commenti velocissimi, di ponderazioni che durano un microsecondo, di giudizi ed interviste strappati a volti e personaggi ora conosciutissimi ora nemmeno parenti del solito Cameade. Finisce? Macché. Mancano ancora le confessioni, le bugie, gli alibi e i rimbrotti negli spogliatoi. Mancano le successive visioni a torrenti dai due canali. Manca la •Domenica sportiva», che si sta soavemente organizzando per mandare- in onda quello che tutti ormai sanno da ore. E' la grande domenica. Con uno sforzo cosi geniale e coordinato, con un impegno di uomini tutti bravissimi, potremmo inventare un nostro Cape Canaveral e mandare in orbita una decina di satelliti. Ma lo sport — da consumare tifosamente — è primario. Se Bettega non fa il centravanti (e perché dovrebbe?) è argomento che riguarda milioni di persone: un missile può aspettare, l'elettronica e i telefoni servono a ben altro. Manchi pure il gasolio, ma non questa abbuffata mostruosa di pasta e fagioli e gol (più sbagliati che fatti). E pensare che Proust si rinchiudeva in una stanza foderata di sughero per respingere i vili rumori. Ecco davvero un ricordo (un para¬ gone) blasfemo, dati i tempi, il costume, il fanatismo sportivo. Oggi il povero Proust dovrebbe commentare un Gran Premio di Monza, o l'urlo milanese perché l'Inter torna in testa alla classifica, sola e gaudente. Che gioia girare allincontrario la manopola, che soddisfazione premere quel pulsante. La radio torna un aggettino inutile, il video una lastra nera. Un'altra domenica è finita. L'orgia — più meditata, più Ironica, più patetica e da centellinare — passa alle pagine sportive, dove non si possono sbagliare i congiuntivi ed i passati remoti. Cala il crepuscolo, gli stadi sono deserti, i cavalli riposano nei loro «box». Ci vorrebbe un film muto, stasera, con o senza Chaplin. E' lui l'unica medicina. Giovanni Alpino Un'immagine della partita di ieri a Milano: disperazione di Furino, stanchezza di Novellino