Le conclusioni dei peri i per i 2 morti alla Teksid

Le conclusioni dei peri i per i 2 morti alla Teksid L'inchiesta sull'infortunio dell'agosto '78 Le conclusioni dei peri i per i 2 morti alla Teksid Gli operai furono investiti da magma incandescente - Gli esperti: forse una bolla di gas causò la fuoriuscita di scorie e acciaio fuso La mattina del 31 agosto '78 un'improvvisa fuoriuscita di scorie incandescenti e di acciaio fuso da una gigantesca «siviera» Investi, alla Teksid di corso Mortara, quattro operai. Un inferno durato pochi, drammatici secondi: tre tonnellate di magma, a temperatura elevatissima, piombarono da un'altezza di alcuni metri. Il caposquadra Eugenio Blandino, 49 anni, sposato e padre di una ragazza di 19 anni, Roberta, mori sul colpo. Tre suol compagni rimasero ustionati: Michelangelo Oraziani, 26 anni, Domenico Elia di 23 e Giuseppe Leone di 25 anni. Quest'ultimo cessò di vivere due settimane dopo. Sul tragico incidente i periti, professori Appendino, Mariottl e Genon, incaricati dal giudice istruttore Vaudano, hanno presentato nei giorni scorsi le loro conclusioni. Due le ipotesi prese in considerazione dagli esperti. La prima, ritenuta però meno attendibile, è quella della caduta accidentale di un corpo estraneo dal ponte sospeso sulla siviera. Un recipiente d'acqua o un altro oggetto qualsiasi, di notevole peso tale da perforare lo strato di scorie della «secchia», piombando nell'acciaio fuso avrebbe potuto provocare la fuoriuscita del magma. Questa possibilità, anche se non scartata a priori, è apparsa al periti poco verosimile. Più attendibile invece la seconda ipotesi: quella di una bolla di gas formatasi all'interno del materiale incandescente e che espandendosi per l'alta temperatura è scoppiata spingendo fuori dalla siviera scorie e acciaio fuso. Ma come si sarebbe iiiiitiiiiiiiiiiiiiilt iti lllljiliit formata la bolla? Probabilmente per una dose eccessiva di calce nel magma dopo 11 processo di desolforazione (eliminazione dei gas). La calce serve in effetti a «purificare» il materiale nella siviera: viene aggiunta al liquido e rimescolata. Un dispositivo preleva poi un campione dal «bagno» per controllarne le dosi (ma sembra che il giorno dell'in- cidente il dispositivo non funzionasse). Secondo gli esperti quindi ci sarebbe stata un'aggiunta ulteriore di calce dopo la desolforazione: di calce non in polvere ma in piccoli blocchi, tali da perforare lo strato di scorie sulla superficie del liquido. Venendo a contatto con l'altissima temperatura dell'acciaio (circa 1600 gradi) la calce avrebbe creato una bolla di anidride carbonica (grosso modo di due metri cubi di volume). Bolla che si sarebbe dilatata fino a scoppiare provocando la fuoriuscita del materiale. E' un'ipotesi, questa, più verosimile della prima, ma sempre un'ipotesi. Nei fogli di servizio e in quelli che registrano le colate non si parla di aggiunta di calce. I periti avrebbero però ritrovato tra le scorie fuoriuscite una quantità di calce non trascurabile di cui non sarebbe stato possibile chiarire la provenienza. Per quanto riguarda l'inchiesta del dottor Vaudano ricordiamo che il magistrato ha indiziato di omicidio colposo e di omissione di cautele antinfortunistiche dieci dirigenti della Teksid. Agli stessi responsabili della fabbrica di corso Mortara il giudice ha inviato mandati di comparizione per un altro incidente avvenuto nel maggio '78 (due operai rimasero un mese in ospedale per un infortunio sul lavoro). Infine sulle misure di sicurezza (cancelli, ripari ecc.) attuate alla Teksid dopo l'incidente i periti hanno espresso un 'Parere positivo'. Sarebbero cioè in grado di evitare il ripetersi di gravi infortuni. n. piet. iiitiitiititiiiiiiiriiiiiiiiiiiiiijiiiiii tisiihiiii

Persone citate: Appendino, Domenico Elia, Eugenio Blandino, Genon, Giuseppe Leone, Michelangelo Oraziani, Vaudano