Il «Ventaglio» di Squarzina è quasi uno psicodramma

Il «Ventaglio» di Squarzina è quasi uno psicodramma Goldoni ha aperto la stagione del Teatro di Roma Il «Ventaglio» di Squarzina è quasi uno psicodramma ROMA — Cordiale esordio all'Argentina del «Ventaglio» ■di Goldoni, spettacolo d'apertura del teatro di Roma, per la regìa di Luigi Squarzina. Scritta a Parigi nel 1764. a due anni dalla partenza da Venezia e nel pieno della delusione dell'esperienza francese, tra attori svogliati e pubblico indifferente. Il ventaglio è. senza dubbio, l'estrema, grande commedia goldoniana. Ma. a differenza degli ultimi capolavori veneziani, cosi sofferti, cosi intrisi di socialità e progressivi (si pensi alle Baruffe), questo Ventaglio pare, ad una prima lettura, uno splendido esempio di ..teatro teatrale», svincolato cioè da qualunque aggancio con la realtà e la storia. E', in effetti, una vicenda fatta di nulla, sospesa, in apparenza, in un'aura senza tempo. In un paesino di campagna di una improbabile Lombardia, un ventaglio, dono e pegno tra due innamorati, passa da una persona all'altra, ingenerando equivoci, sollevando sospetti, accendendo gelosie, profanando insomma la quiete di quell'arcadico lembo di terra. E tutto accade con cosi mirabile tempismo, secondo una meccanica cosi perfetta che non è infondato pensare al Ventaglio come ad un esempio perfetto di puro intrattenimento scenico. Di opposto parere si dimostra il regista Luigi Squarzina. che torna con questo allestimento al Goldoni maturo, dopo aver siglato, negli anni dello Stabile di Genova, la cosiddetta «trilogia della partenza», cioè / rusteghi. La casa nova. Una delle ultime sere di Carnovale. Tutto il suo impegno è. infatti, nel sottrarre il testo alle rarefazioni della pura teatralità. Aiutato da una bella scenograiia di Gianfranco Padovani, che allinea puntigliosamente, una dopo l'altra, le casupole e le botteghe dell'an¬ gusto borgo lombardo, Squarzina . evidenzia, intanto, il realismo di mestieri, consuetudini, oggetti in cui si traduce l'esistenza quotidiana di quella piccola collettività. Poi cerca di far risaltare gli sparsi, ma taglienti accenni di polemica sociale che galleggiano nella partitura e dividono i borghesi dai nobili ormai frolli e gli indocili popolani dai borghesi. Quindi immerge tutti in una nervosa, anzi nevrotica tensione, che ha qualcosa dello psicodramma, o, se si preferisce, del confronto, continuamente eluso e rinviato, tra l'individuo e il destino, la libertà e il caso. E. infine, lascia baluginare, sullo sfondo, dietro la diafana corolla di quel ventaglio bianco, il profilo di un Goldoni smanioso di un impossibile ritorno, investito della luce tremula della nostalgia. Sarà la ricchezza del testo.che è folto di codeste e altre suggestioni, ma in maniera allusiva e spesso disordinata. sarà una mera questione di rodaggio, ma le motivazioni critiche del regista che ho cercato di elencare.-emergono si nell'allestimento, ma stentano ad amalgamarsi in un impasto coerente. Nel lavoro di Squarzina c'è. insomma, molta materia prima, ma non è, almeno per ora, ben fusa o ben assestata. Anche il lavoro degli attori, pur consapevoli che codesta ..e una gran commedia», di quelle che costano «gran fatica d'attenzione», è fervido ma diseguale. Spiccano, su tutti, la signora Geltrude di Ilaria Occhini e il Conte di Riccamarina di Roberto Herlitzka. La Occhini fa di questa borghese vedova una donna inquieta, tesa a capir bene sino in fondo, quasi per interiore risarcimento, dove, in quel marasma, si estende la terraferma della ragione e dove s'aprono le sabbie mobili del sentimento. Herlitzka. stralunato e febbrile, sbozza del suo Conte un mascherone di spocchia e spilorceria, stolidità e loscaggine. Massimo Foschi mette nel borghese Evaristo. cacciatore e innamorato, una passionalità da eroe tassiano: e Piero Sammataro colora il difficile ruolo di Crespino di una ruvida malinconia. Meno appagati lasciano altre prestazioni. Antonella Munari è una Giannina adolescenziale, di forte temperamento: ma, forse per ragioni anagrafiche, persuade più nella rabbia che nella tenerezza. Troppo ammanierata è la Candida di Marina Tagliaferri: a disagio nei panni del rodomontesco Conte del Cedro Vittorio Congia. che madre natura non ha dotato di fattezze rodomontiche: mentre manca di cattiveria pettegola la paciosa Susanna di Donatella Ceccarello. Un pubblico divertito (molti i giovani) ha calorosamente applaudito. Guido Da vico Bonino

Luoghi citati: Argentina, Crespino, Genova, Lombardia, Parigi, Roma, Venezia