«La Sir spese i duemila miliardi per far fronte al caro-petrolio»
«La Sir spese i duemila miliardi per far fronte al caro-petrolio» La versione dei fatti offerta dagli imputati al giudice «La Sir spese i duemila miliardi per far fronte al caro-petrolio» Secondo Revelli, Cappon, Piga, Corrias e gli altri coinvolti nella vicenda, i finanziamenti all'industria chimica non vennero concessi in seguito a pressioni politiche, né circolarono «bustarelle» ROMA — I duemila miliardi di danaro pubblico concessi dagli islituti di credito alla Sir di Nino Rovelli e cosi sperperati, non vennero concessi in seguito a pressioni politiche, né circolarono bustarelle come «persuasione occulta». La responsabilità di aver dissolto quei miliardi sarebbe da attribuire alla crisi che coinvolse l'intero settore della chimica dopo la guerra del Kippur del 1973. quando aumentò sul piano internazionale il prezzo del petrolio e gli stanziamenti previsti dovettero quindi essere rinnovati e gonfiati per non perdere quanto già realizzato. Insomma, i finanziamenti ottenuti dalla Sir e lo sfascio della holding di Rovelli sarebbero solo una conseguenza di un evento storico, senza responsabili diretti. Sarebbe stata questa la tesi difensiva dei maggiori imputati dell'inchiesta Sir: Nino Rovelli ex presidente della società, i consiglieri di amministrazione e i presidenti degli istituti di credito che concessero il danaro pubblico (Giorgio Cappon ex presidente dell'Imi. Istituto mobiliare italiano. Franco Piga all'epoca al vertice dell'Icipu. il presidente del Cis. Credito industruale sardo. Efisio Corrias. il direttore generale dell'Imi. Giuseppe Saracini. il consigliere di amministrazione dello stesso istituto che fu il braccio destro di Cappon. Bucarelli). Tutti sono stati interrogati dal giudice istruttore Antonio Alibrandi e dal pubblico ministero Luciano Inf elisi. Sono accusati di peculato aggravato: i finanziamenti concessi e ottenuti sarebbero stati, secondo l'accusa, illegittimi e o comunque non utilizzati per i fini per i quali erano stati erogati. Cosi come i pareri dei comitati tecnici degli istituti, i quali condussero le istruttorie interne prima di esprimere il parere per il via all'erogazione del danaro, sarebbero stati contrari. Per questi imputati (si tratta della rosa della lista di oltre trenta personaggi coinvolti nella vicenda) il pubblico ministero Luciano Infelisi aveva chiesto il mandato di cattura. Il giudice Antonio Alibrandi si riserva di prendere una decisione nel merito dopo le risultanze di una serie di perizie disposte tempo fa sui bilanci degli istituti di credito. Si tenta di accertare se le somme erogate erano corrispondenti ai prezzi degli impianti previsti e se questi impianti furono in seguito effettivamente costruiti. «Adesso non potrò più guardare in faccia nessuno-, aveva esclamato ieri Nino Rovelli fingendosi accecato dai flash dei fotografi e. scherzando sul doppio senso della frase aveva aggiunto «almeno per un quarto d'ora-. Il suo interrogatorio era durato oltre due ore. Scortato dai difensori. Osvaldo Passari e Enzo Gaito. l'ex presidente della Sir. è uscito dalla stanza di Alibrandi sorridente e. all'apparenza, soddisfatto. La sua autodifesa in effetti anche se non ha convinto è servita però — come quelle degli altri imputati ascoltati ieri — a congelare le iniziative del giudice istruttore. In sostanza sia Rovelli, sia i presidenti (ex e no), degli istituti eroganti, hanno ripetuto la loro tesi: i prestiti vennero concessi dopo istruttorie regolari, senza contrasti con gli organi tecnici delle banche che stanziarono i finanziamenti. Tutto quanto avvenuto dal 1969 al 1977. inoltre, sarebbe stato deciso nel rispetto della legge. In realtà questa linea e stata contestata dal giudice istruttore che più volte (anche se dal verbale il tentativo risulta minimizzato) ha cercato di sapere se «ri furono pressioni politiche' alla base dei prestiti concessi, dichiarandosi disposto, nel caso, a trasmettere l'intero processo alla commissione parlamentare inquirente. Il magistrato ha latto anche notare le contraddizioni della linea difensiva di Rovelli e degli altri imputati. Alibrandi avrebbe detto che se nel 1969 il piano chimico prevedeva in effetti grossi finanziamenti per le holding che prendevano iniziative nel settore, il più grosso prestito (quello di mille miliardi) veniva concesso dall'Imi nel 1975. quando, dopo la guerra del Kippur del '73, la crisi del settore chimico era scoppiata da un pezzo. Rovelli comunque, insieme con la ripetuta recitazione della tesi difensiva, ha fatto anche un'ammissione: l'impianto di Ottana. in Sardegna, gli sarebbe slato imposto proprio perché rientrava in un piano più generale deciso a livello politico per potenziare il settore chimico. Per quanto riguarda inoltre la posizione dell'ex consigliere di amministrazione della Sir. Bucarelli. Alibrandi ha chiesto a Rovelli come fu possibile che quel suo funzionario rivestisse contemporaneamente al ruolo-Sir anche la carica di consigliere di amministrazione dell'Imi, cioè dell'istituto di credito che erogò le somme più ingenti alla holding chimica. Rovelli avrebbe risposto affermando che la doppia carica non solo è consentita, ma sarebbe addirittura prevista dalla legge. A proposito delle indagini interne, promosse dagli istituti di credito, infine. Rovelli avrebbe sostenuto che. per quanto è risultato alla Sir. queste istruttorie furono sempre condotte in maniera approfondita e spesso durarono fino a dieci mesi. La stessa scelta difensiva sarebbe stata fatta da Cappon. L'ex presidente dell'Imi avrebbe escluso ad Alibrandi e ad Infelisi di aver ricevuto pressioni politiche per erogare i finanziamenti concessi alla Sir ed ha ribadito che esisteva un piano nazionale per il potenziamento dell'industria chimica, suggerimento che egli segui come altri. Cappon. al pari di Corrias. ha contestato il fatto che gli organi tecnici del suo istituto espressero parere contrario sui programmi avanzati dalla holding di Rovelli a sostegno delle richieste di finanziamenti. Certo — avrebbe ammesso Cappon — c'erano anche annotazioni critiche, in quei pareri, ma è normale che vi siano. E poi — avrebbe concluso — erogate le prime somme, di fronte al rischio dello sfascio della holding, per non perdere tutto sembrò più giusto elargire ancora danaro. Franco Piga è stato l'unico imputato che non ha risposto alle domande dei giudici. E' comparso per primo ed ha consegnato ai magistrati un lungo promemoria sulla questione, s. m.
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