Tramonta il Maigret dell'economia di Bernardo Valli

Tramonta il Maigret dell'economia Tramonta il Maigret dell'economia (Segue dalla l'pagina) co, troppo fragile dai sanguigni cittadini della Quinta Repubblica, abituati all'imprevedibile e orgogliosa genialità di De Gaulle, e, nel tardo gollismo, alle astuzie di Pompldou. Se Chlrac, il primo ministro uscente, aveva incarnato la Francia nazionalista e brontolona, venata di pujadisrao, più bottegaia che tecnocratica, il professor Barre avrebbe espresso la Francia auspicata da Giscard, tesa verso un progetto nazionallzzatore, più incline al supermarket e alle multinazionali che allo sciovinismo e agli interessi della borghesia con i napoleoni d'oro sotto il materasso. 1 Come economista, il professor Barre era considerato un modernista: e si pensava che come tale avrebbe affrontato l'inflazione sul terreno congiunturale e strutturale. Non si sarebbe accontentato di applicare i rimedi classici, quali la stretta creditizia e le frustate fiscali, i risparmi sul bilancio statale e la politica del redditi, ma avrebbe cercato di migliorare la macchina economica appesantita da quelle che egli stesso aveva definito • le stratificazioni parassitarie j e privilegiate» della società francese. La scelta risultò felice — per Giscard che l'aveva fatta — quando nel marzo '78 i moderati vinsero le elezioni politiche, contrapponendo 11 rea-' lismo del primo ministro alla litigiosità e all'incertezza dell'opposizione di sinistra divi- i sa. Ma dopo quel successo sono cominciati i guai. Il «commissario Maigret» dell'economia si è spogliato molto presto della sua bonarietà. L'immagine di un primo ministro al tempo stesso competente e di buon senso si è lacerata, lasciando affiorare un personaggio incline all'intolleranza e ail'autosoddlsf azlone, talvolta sprezzante verso coloro che non la pensano come lui. In un Paese In' cui la politica ò spettacolo, in cui la ribalta televisiva sostituisce quella parlamentare, relegata in secondo piano dal regime semipresidenziale, la trasformazione è apparsa evidente al grande pubblico. I sondaggi rivelano adesso che soltanto 26 francesi su cento si dichiarano soddisfatti di Barre. Barre non è un personaggio stevensoniano, non è il dottor Jekyll trasformatosi in mister Hyde. E' più semplicemente un uomo di governo fedele al principi e alle teorie, scontratosi con le difficoltà di un'epoca di transizione, difficile da definire. Ha l'efficienza di un tecnocrate, ha la cultura di un ottimo professore universitario, ma non la sensibilità del politico. Non ha quell'immaginazione, che è Indispensabile ad un amministratore della cosa pubblica quando 11 barometro della politica e dell'economia si Imbizzarrisce, comincia a oscillare confusamente. Ed è in sostanza quel che accade oggi, mentre si chiude il decennio. Ma chi ha la fantasia necessaria per affrontare questa situazione? Dopo un lungo periodo di forte espansione, da cinque anni l'economia occidentale jgira al rallentatore, frustrando le ambizioni, ma senza' procurare i traumi di una crisi violenta. Gli improvvisi, insistenti aumenti del petrolio bruciano i dati econometrici appena rilevati, sconvolgendo 1 bilanci. In questo clima di in¬ certezza, oscillante tra 1 timori di una recessione totale e le speranze di una ripresa, è difficile conciliare le abitudini di una società dei consumi con gli imperativi non delineati 'della stagnazione, che potrebbe rivelarsi cronica. Governare nei momenti di mediocrità è forse, paradossalmente, più difficile che nei Imomenti di emergenza. Nei' Paesi democratici non è agevole convertire l'opinione pubblica all'austerità, se gli effetti della crisi non sono drammatici. I provvedimenti congiunturali assumono inevitabilmente una colorazione più netta. Quelli di Barre sono apparsi di stile conservatore. i Al critici che definiscono un fallimento la politica economica applicai-, per tre anni, Barre risponde che non ce ne sono altre. A suo avviso, il solo difetto è che essa «non si ad-; dice agli spiriti frettolosi, poiché richiede una lunga durata». Ma è proprio sul tempi che insistono gli accusatori. U riequllibrio della bilancia, commerciale, del quale Barre ■ era. fiero nel primo anno, è 'svanito in seguito ai ripetuti e «prevedibili» aumenti del petrolio. Il disavanzo dovrebbe I essere di 2 mila miliardi di 11- re. L'indice del prezzi, artificialmente Imbrigliato con l'abbassamento dell'Iva nel ' '77 e con il rinvio a dopo le elezioni del rincaro delle tariffe pubbliche, è poi aumentato negli ultimi 18 mesi. La crescita sarà dell'11 per cento, forse, più, nel 1979. La liberalizzazione del; prezzi industriali ha rianimato le aziende più competitive, che hanno avuto discreti profitti, quindi hanno aumentato la loro capacità di autofinanziamento, ma non ha condotto, allo sperato rilancio degli investimenti. La sperequazione della ricchezza non.sarebz. be stata attenuata, al contrarlo si sarebbe allargata, con l'archiviazione della promessa giustizia fiscale. Quanto al bilancio preventivo dello Stato, il liberale Barre ha accettato un deficit insolito per la Francia: circa 6 mila miliardi di lire. Il primo ministro ha avuto una debolezza keynesiana, ha adottato con quel disavanzo una forma di intervento statale nel tentativo classico di arginare la disoccupazione. Tra le conseguenze si danno per scontati, il gonfiarsi della massa mone-; tarla (circa il 16 per cento) e, l'Indebolimento del franco rispetto al temuto e ammirato marco tedesco. _ Probabilmente logorato' daf tre anni di governo e dalle recenti ondate di critiche, il professor Barre è in questi giorni ricoverato in ospedale. Per la prima volta non assiste al dibattito parlamentare sul bilancio preventivo, non ascolta 1 severi attacchi dell'opposizione, alla quale si sono affiancati gli alleati-avversari, gollisti. Tutti chiedono che, egli lasci il posto di primo ministro, che getti la spugna. Bernardo Valli

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