«I politici imposero il segreto militare su Guido Giannettini»

«I politici imposero il segreto militare su Guido Giannettini» Miceli ai magistrati di Milano «I politici imposero il segreto militare su Guido Giannettini» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MILANO — Vito Miceli, ex capo del Sid, parlamentare missino alla seconda legislatura, ha ripetuto al sostituto procuratore della Repubblica di Milano quanto ha già affermato più volte: «Quando il vertice dei servizi segreti oppose il segreto politico militare al giudice istruttore D'Ambrosio (che, durante l'inchiesta per fare luce sulla strage di piazza Fontana, chiedeva lumi sulla posizione di Giannettini in seno ai servizi), aveva l'avallo del potere politico». E' la tesi da sempre sostenuta dall'ex alto ufficiale in contrasto con tutti i politici sfilati come testi davanti alla corte d'assise di Catanzaro. E' proprio per questo che gli atti di quelle deposizioni dalla città calabrese sono stati inviati a Milano. I magistrati lombardi devono esaminare l'eventualità che con quella lettera, in cui si opponeva il segreto politico militare all'inchiesta giudiziaria, qualcuno abbia commesso il reato di favoreggia- mento nei confronti di Guido Giannettini, coinvolto nell'inchiesta e successivamente condannato all'ergastolo, ma solo quando il segreto politico militare fu rimosso. Al lavoro si era messo subito il sostituto procuratore Emilio Alessandrini, ucciso da killer di «Prima linea» nel gennaio scorso. Alessandrini aveva interrogato Mariano Rumor, il capo del reparto «D» del Sid generale Gianadelio Maletti (condannato a Catanzaro) e il generale Miceli. Pochi giorni dopo il magistrato veniva assassinato e lasciava da compiere una gran mole di lavoro, come lui stesso aveva annunciato, spiegando che era sua intenzione sentire ancora Giulio Andreotti, Mario Tanassi, l'ammiraglio Eugenio Henke, all'epoca capo di stato maggiore della Difesa. Ieri, dopo l'interrogatorio di Miceli, la sorpresa da parte del sostituto procuratore Luigi Fenizia. Il magistrato, infatti, ha lasciato capire che intende chiudere al più presto trattandosi solo di dare «definizione giuridica di quanto avvenne». Tempo previsto una quindicina di giorni. Per il prossimo futuro davanti a questa inchiesta «stralcio» sul processo di Catanzaro si aprono alcune possibili strade. Il passaggio di tutto il fascicolo alla commissione parlamentare inquirente se i giudici milanesi riterranno che siano stati commessi reati (all'epoca della famosa lettera) da ministri in carica; l'invio degli atti alla pretura di Catanzaro se parrà più verosimile che qualcuno abbia mentito davanti alla corte d'assise di quella città o addirittura l'archiviazione di tutto se si affermasse la convinzione che tutti hanno detto la verità pur smentendosi l'un l'altro. Per quanto riguarda tutti i personaggi già sentiti a Milano, questi hanno confermato la propria ricostruzione degli avvenimenti. Maletti ha ripetuto di avere Informato tem-> pestivamente della «questione Giannettini» il proprio superiore Miceli, che però nega e sostiene di averne parlato con il ministro della Difesa Tanassi che in Calabria smentì e a Milano non è stato ascoltato. Mariano Rumor, qui come là, «non ricorda». m. f.