«Sindona è stato abile: ha condotto l'operazione e dosato i colpi di scena di Sandra Bonsanti

«Sindona è stato abile: ha condotto l'operazione e dosato i colpi di scena Il commento di funzionari del Viminale e della polizia italiana «Sindona è stato abile: ha condotto l'operazione e dosato i colpi di scena «Sino a ieri toccava a lui dimostrare che era nelle mani di una organizzazione, ora tocca agli inquirenti dimostrare che il suo sequestro è un falso» - «L'arresto di Spatola è un indizio che un rapimento può esserci stato: per questo lo ha fatto catturare» ROMA — Sindona per 76 giorni nelle mani della mafia? A poche ore dalla ricomparsa del finanziere «rapito» la polizia italiana è abbastanza sicura che il giuoco lo abbia guidato sempre lui. dosando i colpi di scena, fino al più recente e risolutivo, l'arresto di Vincenzo Spatola. Un gioco quasi diabolico, che sarà difficilissimo da smantellare davanti ai giudici. 'E' stato abi UssimO', spiega un alto funzionario del Ministero dell'Interno. 'Ha completamente ribaltato le regole: fino a ieri toccava a lui convincere che era nelle mani di un'organizzazione. Adesso tocca agli inquirenti dimostrare che il suo "sequestro" è un falso, e che lui se n'è andato di sua volontà, il 2 agosto, dall'hotel Pierre'. Una mossa «geniale» è stato l'arresto del costruttore di Palermo, venuto a Roma il 9 ottobre con gli ultimi messaggi di Sindona e dei «sequestratori». 'Spatola è il classico deus ex machina', spiega il funzionario del Viminale. 'Spatola è collegato in modo determinante con la ricomparsa di Sindona. E' siato scelto ad hoc: è incensurato e uscirà presto per insufficienza di prove». Gli inquirenti elencano i risultati ottenuti con l'arresto del costruttore di Palermo. 'Almeno due, di fondamentale importanza per Sindona. Il primo è quello di aver offerto le prove, o almeno gli indizi, che un sequestro può esserci stato. L'altro è di aver procurato una giustificazione al "rilascio" del sequestrato. Con Spatola in carcere, la polizia aveva imboccato quella pista che portava alla mafia italo-americana e Sindona era finalmente in grado di spiegare: ecco perché mi hanno rilasciato, senza pretendere altro, senza riscatto e senza documenti, solo per timore di esser scoperti». Una mossa «splendida»: c'è ammirazione in chi riflette sulla «gestione» delle ultime vicende del caso Sindona. E c'è anche voglia di capire, almeno tanta quanta ne hanno i colleghi dell'Fbi, che da martedì alle 16 (ora italiana) non fanno che tempestare di telefonate Viminale e Criminalpol. Si parte da un punto fermo, addirittura indiscutibile, almeno in questa fase delle indagini.' « Vincenzo Spatola si è praticamente costituito a noi: è venuto nella trappola che gli avevamo preparato e che lui sapeva esser stata preparata». Un pezzo da quaranta, lo chiamano gli inquirenti. E aggiungono: 'Se fosse stato l'ultimo picciotto, avremmo potuto prenderlo per ingenuo. Cosi no. E allora dobbiamo domandarci perché la mafia ci ha fatto questo regalo». Le ipotesi possibili, partendo da quella premessa, sono soltanto due: o qualcuno voleva sviare l'attenzione dal luogo del sequestro di Sindona, facendo partire Spatola da Palermo, e facendo arrivare a Roma le lettere. Oppure si trattava proprio di far acquistare credito alla tesi del sequestro. Ed è questa che sembra la più convincente, pur con tutte le cautele che questa storia impone e ha sempre imposto. Per Sindona. ritengono gli inquirenti, era più facile far arrestare uno Spatola in Italia che organizzare un arresto negli Stati Uniti. E forse 11• picciotto», che «picciotto» non è, rischia molto meno da noi che non nei tribunali americani. 'Attualmente i punti a favore di Sindona sono tre», continua a spiegarci il funzionario: 'Prima di tutto è ferito. Poi, come ci ha confermato anche l'Fbi, non è in buone condizioni di salute, il che può dimostrare uno stato di costrizione. Infine ci sono i messaggi dei rapitori e il personaggio Spatola, messo dalla mafia, arrestato e indiziato di concorso in sequestro. Sta a noi dimostrare che sono tutte fesserie...». Una vera e propria «strategia», quella che avrebbe guidato la vicenda del banchiere scomparso, volta a fargli ottenere un diverso trattamento dai tribunali americani e lo status di «vittima». Un'interpretazione che pare abbastanza logica, ma che ha ancora bisogno di ulteriori conferme. Nessuno si sente di mettere una parola «fine» alla vicenda che pareva conclusa con la riapparizione di Sindona, «non lontano dalla casa di sua figlia- precisano gli inquirenti italiani. Chi prende invece sul serio la tesi del sequestro, avanza l'ipotesi che il rilascio del banchiere sia avvenuto solo per dargli modo di rintracciare e procurare 1 «documenti» più volte chiesti dai «rapitori». Ma quali erano i rapporti reali fra Sindona e la mafia? Molte illazioni sono state fatte, alcuni spunti sono emersi dalle carte trovate dal liquidatore Ambrosoli. Qualcosa di più risulta da alcune dichiarazioni dell'avvocato Rodolfo Guzzi, che dal '74 difende il finanziere. In una intervista a «17 Mondo», viene ricordato un episodio singolare e rivelatore. Guzzi si trovava nello studio di Ambrosoli (poco prima che fosse assassinato) quando costui ricevette una telefonata con minacce di morte. Uscito dallo studio, Guzzi telefonò a Sindona, gli raccontò l'accaduto e gli riferì anche che il telefono di Ambrosoli era controllato. Pochi giorni dopo Ambrosoli ricevette un'altra telefonata: il «picciotto» della prima telefonata si dichiarava infuriato per via di quel controllo del telefono. Chi glielo aveva detto? Guzzi non ha dubbi: fu Sindona ad avverti¬ re 11 «picciotto». Se ne lamentò con Sindona che gli rispose: 'Rodolfo, la comunità italo-americana mi dà una mano. Io devo informarli di quel che sta succedendo in Italia. Io li informo, ma non ho poi il controllo di come loro gestiscono l'affare». Guzzi avrebbe replicato: 'Almeno stai zitto, non raccontare tutto». E Sindona: 'Nonposso». Sandra Bonsanti

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