Dure parole dell'accusa ai brigatisti «Amano sele sparare alla schiena» di Vincenzo Tessandori

Dure parole dell'accusa ai brigatisti «Amano sele sparare alla schiena» S'avvia alla sentenza il processo air Assise di Firenze Dure parole dell'accusa ai brigatisti «Amano sele sparare alla schiena» mezzo a sei anni le richieste del pubblico ministero per le Br ;r insultato i giudici a Torino - Gli inimitati 1 asciano l'aula Da otto anni e accusate di aver dal n08tr0 inviato speciale FIRENZE — 'Per loro, per i brigatisti, il costume è sparare alla schiena. Assassinano un sottufficiale di polizia, per strada, a Torino e parlano di "aeione militare". Abusano di questo termine: sembra, da quello che scrivono, che abbiano ammansato Videla», Parla Franceso Fleury, accusatore nel processo alle Brigate rosse, e sono parole dure che marchiano a fuoco. E' la prima volta che nell'Assise fiorentina si parla di Br e lo si fa con toni aspri e pesanti ri-' chieste: otto anni e mezzo per Pietro Bertolazzi, Renato: Curcio, Alberto Franceschini, Tonino Parodi; sei anni per Angelo Basone, Pietro Bassi, Alfredo Buonavita. Paolo Maurizio Ferrari, Vincenzo Ouagliardo, Giuliano Isa, Arlaudo Llntrami, Nadia Mantovani, Roberto Ognibene, Giorgio Semeria; per Fabrizio Pelli, morto in agosto a Milano di leucemia, ovviamente non ci sarà verdetto; il pubblico ministero chiede anche il condono di un anno per chi ha «precedenti» e cioè per Curcio, Franceschini e Ognibene, e di due anni per gli altri. Dopo un avvio lento, dunque, il processo arriva a conclusione rapidamente, oggi ci sono i brevi interventi dei difensori d'ufficio, poi la sentenza. Ore 12,55. L'accusatore inizia la requisitoria. Parla senza gli imputati, usciti dopo avere inutilmente tentato di leggere un documento. Spiega perché quattordici brigatisti devono rispondere di 'istigazione all'insurrezione armata contro i poteri dello Stato, minaccia al corpo giudiziario, istigazione alla guerra civile e alla formazione di banda armata, apologia di sequestro di persona e di omicidio, oltraggio a magistrato in udienza». Dice Fleury con voce pacata: -Gli imputati abusano del sistema democratico al fine di mistificare la realtà*. Quindi' appunta l'indice sul metodo di lotta scelto dai clandestini: ^Questi agiscono con un metodo che mi sia consentito definire mafioso: usano la minaccia, verso gli avvocati per esempio. Come agire, allora? Non solo tirando per la nostra strada ma applicando al processo tutte le garanzie e le norme». Gli insulti ai giudici della Corte d'assise di Torino durante il «processo dei cento giorni», l'atmosfera che regnava nell'aula, ma soprattutto fuori dell'aula, gli incitamenti all'azione raccolti dal «gruppi di fuoco» dalle molte sigle, gli attentati quotidiani, 1 feriti e i morti della primavera '78, tutto questo, secondo il magistrato, giustifica e spiega l'accusa di «istigatone all'insurrezione armata». Prosegue Fleury: «/ brigatisti hanno detto e scritto nei comunicati che il processo alla rivoluzione non si può fare. E' vero, perché la rivoluzione è qualcosa che si muove e divieneStato, ma il fatto che essi siano processati dimostra che non sono la rivoluzione». Si era avuta prima la lettura dei verbali di interrogatorio dei brigatisti: una catena di «non voglio rispondere». Soltanto Isa aveva parlato e' spiegato perché 'l'esecuzione di Moro è stato l'atto di umanità più alto in una società del genere». Aveva dipinto il quadro di un'Italia corrotta e putrescente, vero e proprio detonatore che fa esplodere la lotta armata. In mattinata i brigatisti, tutti presenti tranne, naturalmente. Guagliardo. che è latitante, avevano tentato di leggere il comunicato: il presidente aveva detto di no, loro se n'erano andati dopo aver lanciato in aria il documento, che poco dopo tutti leggevano « ma non ufficialmen te». Il comunicato, quattro pagine minutamente scritte a mano, è diviso ih due capitoli. Il primo è dedicato alla «boftaglia del 2 ottobre», cioè alla sommossa dell'Asinara. Si legge che -dopo il 24 settembre, quando in seguito alla cattura di un compagno sono venute alla luce le linee generali di un progetto di liberazione di massa, la macchina controrivoluzionaria si è messa in movimento». Il potere, sostengono 1 brigatisti, si impegna in un tentativo di soffocamento della vita all'Interno del carcere. Gli ordini giunti dal ministero erano rigidi, applicarli toccava ai secondini. Si legge nel comunicato: 'Se per il ministero di Grazia e Giustizia essi sono niente dì più che carne da macello, per le forze rivoluzionarie essi equivalgono a semplici fantaccini di carta che possono essere annientati sema alcun problema anche dalla più periferica cellula della guerriglia. Per loro non c'è scorta e non c'è scampo e la medaglia alla vedova è una ben magra consolazione!». In questa situazione, affermano i brigatisti, agli agenti si presentavano queste alternative: 'dimissioni immediate, collaborazione nelle forme più svariate col movimento rivoluzionario o il rischio oggettivo dell'annientamento. Del resto, è stato proprio grazie a queste svariate forme di collaborazione che siamo stati in grado di raccogliere tutte le informazioni sulla struttura di controllo del campo, di procurarci l'esplosivo, i detonatori, le micce, e di preservarli dalle perquisizioni dei carabinierie degli agenti carcerari». Oggi la sentenza. Vincenzo Tessandori Firenze. L'imputato Giuliano Isa legge il messaggio delle Br durante l'udienza in assise (Tel.)

Luoghi citati: Firenze, Italia, Milano, Torino