Otto siciliani in assise (2 ex agenti) per il feroce delitto sull'autostrada

Otto siciliani in assise (2 ex agenti) per il feroce delitto sull'autostrada La Spezia: un'esecuzione mafiosa, la vittima aveva 22 anni Otto siciliani in assise (2 ex agenti) per il feroce delitto sull'autostrada Il giovane fu prelevato di notte in albergo e fu crivellato di proiettili nei pressi di Deiva Marina - Gli assassini indossavano divise da poliziotti - L'omicidio il 27 luglio del '77 LA SPEZIA — Si processa in Corte d'assise un gruppo di otto siciliani accusati del feroce «delitto dell'autostrada», avvenuto il 27 luglio di due. anni or sono, vittima Agatino Coniglione, catanese di 22 anni, un'esecuzione che rivela tutti i caratteri della liturgia mafiosa. E' una cittadella in stato d'assedio, presidiata da ingenti forze dell'ordine, la scuola media di via Napoli nella cui palestra, ieri mattina, il dibattimento ha preso il via per concludersi tra due o tre mesi. Hanno paura i parenti della vittima dell'esecuzione, la moglie, i genitori, i due fratelli che, tutti in abito nero, fanno una rapida apparizione in aula e non si costituiscono parte civile; hanno paura due degli imputati, ex poliziotti radiati dal corpo, uno dei quali per difendersi ha rivelato il nome di quattro persone che ora risultano implicate nel processo. Agatino Coniglione, finito un paio di volte in carcere dove già aveva corso il rischio di essere raggiunto dalla vendetta di stampo mafioso, era stato inviato in soggiorno obbligato per quattro anni a Santo Stefano Magra, pochi chilometri da La Spezia, il 26 luglio 1977. Su di lui pesavano alcuni gravi sospetti come quello di essere ben inserito nel giro della criminalità organizzata, come quello di essere stato guardaspalla di influenti boss E in quell'albergo lo prelevarono, alle 3,45 del 27 luglio, un mese dopo il suo arrivo, tre uomini che indossavano la divisa degli agenti di p. s.: .Ci segua in questura per accertamenti., gl'intimarono. Fu trovato morto, ammanettato, crivellato di colpi del quali uno alla nuca, alcune ore dopo, vicino a Deiva Marina. Un caso complicato, ma in breve tempo le indagini imboccarono ur.a pista concreta. Poco lontano dal luogo della esecuzione, fu rinvenuta una « 124. gialla appartenente a Francesco Tramontana, allora non ancora maggiorenne, nativo di Paterno. L'auto era stata abbandonata a causa della rottura della coppa dell'olio. Poco dopo, in un paese, in provincia di Genova, la traccia decisiva: due divise di agenti e un berretto con le sigle G. D. Cosi si rasali al poliziotto Giuseppe D'Arrigo e a un altro agente, Giuseppe In corvaia. al quale D'Arrigo aveva consegnato la propria divisa. Entrambi prestavano servizio a Milano. Incorvaia rivelò quattro nomi: Bruno Gentile, Domenico Zanti, Salvatore Affatigato e Giancarlo Braschi: poi disse: •Le divise le ho date a loro, non pensavo certamente che volessero commettere un delitto.. I quattro respinsero ogni addebito, ma gl'inquirenti raccolsero altri elementi di prova e arrestarono pure un ottavo personaggio. Angelo Passalacqua. Probabile movente dell'assassinio: uno «sgarro» compiuto dal Coniglione. Dopo un'ora di Camera di consiglio, alle 11,30 il presidente Pasquale Capotorto legge un'ordinanza con cui la Corte respinge un'eccezione procedurale sollevata dal difensore di Tramontana, aw. Salaroli. Ed ecco aprirsi il primo capitolo della cupa storia di violenza e di sangue, emblematica di questo nostro difficile tempo. Davanti ai giudici è chiamato l'ex agente Giuseppe D'Arrigo, mentre tutti gli altri imputati sono allontanati dal presidente che evidentemente vuole evitare possibili intimidazioni. Ventiduenne, di Catania, basso, tarchiato. D'Arrigo esordisce : .Verso il 20 luglio del 77, Incorvaia mi chiese la mia divisa dicendo che ne aveva bisogno perché doveva portare la sua in lavanderia.. E il presidente: «Questa è una novità. Non l'ha mai dichiarato». .Ma è cosi — ribatte D'Arrigo — Diedi ad Incorvaia la chiave del mio armadietto e lui prese gl'indumenti: Presidente: «Ma lei ha sempre detto di aver consegnato la divisa a Milano, in piazza Beccaria». D'Arrigo: .Infatti è cosi Incorvaia prese la divisa dal mio armadietto, la mise in una busta e poi m'invitò a portargli la busta in piazza Beccaria.. Per un po' si va avanti cosi, con il ballo di questa divisa che sarebbe servita a tragici scopi. Presidente: «Conosce gli altri imputati?». D'Arrigo: .Di vista. Venivano'nel locale che frequentavo con Incorvaia, ma soltanto con Braschi forse ho bevuto una volta. Con gli altri mai.. Presidente: «Dal caricatore della sua pistola mancavano sei pallottole e lei il 30 luglio, cioè tre giorni dopo il delitto, chiese sei pallottole a un collega». D'Arrigo: .E' vero, ma avevo adoperato l'arma sull'Etna i primi giorni di luglio durante una licenza.. Presidente: «Lei scrisse una lettera a un amico: "Caro Massimo, la situazione è grave, non ti stupire se andrò a San Vittore o all'obitorio"». D'Arrigo scrolla le spalle: .Non l'ho spedita, l'ho scritta così, per uno sfogo della fantasia. Giovedì, alla ripresa del processo, sarà interrogato l'altro agente, Incovaia, personaggio chiave. c> ^

Luoghi citati: Catania, Deiva Marina, Genova, La Spezia, Milano, Paterno