Senza legge non si può rinviare l'accensione

Senza legge non si può rinviare l'accensione Senza legge non si può rinviare l'accensione Com'è noto, il decreto-legge per il contenimento dei consumi energetici fissa, differenziando a seconda delle zone sia i periodi dell'anno durante i quali è consentito l'esercizio degli impianti di riscaldamento (articolo 3) sia le misuro massime del relativo orario di attivazione giornaliera (articolo 4): solamente le località comprese nella zona F sono esenti da qualsiasi vincolo. Tuttavia, né i periodi di esercizio né gli orari quotidiani cosi stabiliti dal legislatore rivestono carattere di assoluta tassatività. E' lo stesso articolo 3 a fare espressamente «salvo» quanto disposto dall'articolo 6. Attorno all'esatta portata' delle eccezioni contenute in quest'ultima norma si è avuto proprio ora un grosso dibattito, con primi e principali interlocutori il governo, la giunta regionale piemontese ed il prefetto di Torino. Posto che, in teoria, le deroghe potrebbero essere di due tipi, le une nel senso di aumentare i tempi per l'esercizio degli impianti e le altre nel senso di accorciarli ulteriormente, si tratta di accertare anzitutto se, stando al decreto-legge, vi è posto per entrambi i tipi di eccezione. Nessun dubbio sorge per quanto concerne l'eventualità di maggiorazioni. Dal testo dell'articolo 6 si ricava, infatti, con chiarezza che «/a Regione, sentito il prefetto competente per territorio e su proposta del sindaco, può aumentare / periodi di durata e di esercizio degli impianti: adottando in materia provvedimenti aventi validità stagionale e, in secondo luogo, che «// prefetto può autorizzare la maggiorazione della durata e degli orari», con provvedimenti aventi validità massima di quindici giorni. Nulla si dice, invece, a proposito della possibilità di riduzioni. Il silenzio farebbe immediatamente propendere per una risposta senz'altro negativa, se non fosse che da taluno è stata ventilata la tesi secondo cui l'attribuzione di un potere (qui, quello di aumentare) implicherebbe anche l'attribuzione del potere inverso (qui, quello di diminuire). A tal fine, si adduce l'esempio delle norme sulla libertà provvisoria: la disposizione che prevede il potere di concederla, comprende anche il potere di rifiutarla. Oppure l'esempio delle norme sulla libertà religiosa: la disposizione che la sancisce tutela anche la libertà di non professare alcuna fede. Ma, a ben guardare, gli invocati parallelismi non funzionano nel nostro caso. L'alternativa dell'aumentare è non già il diminuire, bensì il non aumentare. Ed appunto Regioni e prefetti possono, sulla base dell'articolo 6, deliberare la maggiorazione o rifiutarla. La stessa conclusione negativa in ordine all'esistenza di un potere di diminuzione trova piena conferma in altre considerazioni, ancor più sostanziali. Poiché l'articolo 3 del decreto-legge parla di periodi «consentiti» dal legislatore, con ciò riconoscendo ai cittadini il diritto di fruirne liberamente, è evidente che nessuna autorità amministrativa può incidere su quel diritto in termini riduttivi senza l'espressa previsione di un apposito potere in tal senso. Non si dimentichi che l'inosservanza dei periodi degli orari comunque stabiliti comporta l'irrogazione di una pena amministrativa, da lire 100 mila a un milione. E' principio fondamentale che qualsiasi obbligo la cui trasgressione ricada sotto una sanzione giuridica deve trovare origine in una statuizione della legge o di una autorità espressamente legittimata a porre l'obbligo. Caso mai l'esperienza di questi giorni potrebbe suggerire una modificazione del decreto-legge nel corso delle operazioni necessarie per la sua conversione in legge: si tratterebbe di introdurre, accanto all'ipotesi dell'aumento, o della maggiorazione, l'ipotesi della riduzione. Sarebbe una previsione pienamente in linea con le esigenze della austerità e del risparmio energetico, sempre invocato a parole, ma ben raramente servito nei fatti. Giovanni Conso

Persone citate: Giovanni Conso

Luoghi citati: Torino