«I capi sono lavoratori come noi»

«I capi sono lavoratori come noi» «I capi sono lavoratori come noi» Lettera di un delegato sindacale della Meccanica Mirafiori Continuando nel dibattito sulla realtà all'interno della fabbrica, un delegato della Meccanica Mirafiori, Epifanio Guarcello, ha scritto questa lettera che volentieri pubblichiamo. Certa stampa interessata sta fornendo una fotografia della fabbrica in cui è difficile riconoscere il proprio ambiente di lavoro. Sono in Fiat dal '68 ed ho visto, pertanto, le vicende di questi anni, credo con molta conoscenza di causa essendo attivo sindacalmente. Ebbene l'intervista rilasciata da un anonimo capo a »la Repubblica» ha preso una casistica episodica, l'ha generalizzata, ha dato da intendere che tutti, dico tutti, i duemila capi della Mirafiori sono passati per quella sorta di 'forche caudine» costituite' dalle 'persecuzioni» operaie. Mi sembra, senza voler nascondere problemi, un quadro decisamente esasperato e non corrispondente al vero. C'è un dato reale, espresso in quell'intervista, che invece è comune praticamente alla totalità dei capi: si tratta della loro crisi di identità. E'vero, i lavoratori non intendono più accettare i capi come struttura gerarchica. Per dirla con le parole di quell'intervista: i capi che premiano e puniscono come vogliono. Denunciare i ritardi, e anche gli errori nei confronti di questi lavoratori, da parte del sindacato, può essere persino ovvio. Ma occorre fare attenzione ad alcune cose. In primo luogo non tutti i capi sono uguali. C'è quello che si rifiuta di mettere in libertà i lavoratori, poiché la mancanza di materiale è un pretesto della direzione per -mandare a casa» e dividere una lotta dei lavoratori. E c'è chi affibia tre giorni di sospensione perché un operaio gli ha detto: «Se crede che si possa tornare indietro di trent'anni si sbaglia». C'è il capo che non condivide le scelte di ristrutturazione dell'azienda e, pur essendo preparato tecnicamente, non -fa carriera», ed il capo die dà un giorno di sospensione ad un lavoratore che, avendo il mezzo di trasporto rotto, invece di mettersi n mutua, chiede un giorno di permesso personale (che non è retribuito). In altre parole, non tutti i capi accettano nello stesso modo la perdita del ruolo di dispensatore di favori, aumenti al merito e biglietti di punizione. Ho fatto questi esempi non per dire che allora certi capi sono da combattere con la violenza ed altri no. Ho elencato dei fatti concreti, piuttosto per confermare che per la stragrande maggioranza dei lavoratori, dei delegati e per il sindacato, i capi sono lavoratori come gli altri. Ed allora si richiede da loro lo stesso atteggiamento degli altri lavoratori. Lo si vuol vedere scioperare per questioni sindacali, come contro il terrorismo. Forse occorre ricordare che certi diritti nei confronti dell'azienda li hanno conquistati grazie alle lotte di tutti gli altri lavoratori. In questo contesto si colloca la proposta sindacale che i capi non abbiano un ruolo gerarchico, bensì tecnico, all'interno di una diversa organizzazione del lavoro. E' un'impostazione que- III1i:illllll<ll MIIIIIIIII MIIII]i::l!lll.llllllzpcdirldqarnmeclsret sfa che si può ritrovare nei documenti della Firn. Non voglio nascondere che ci siano stati dei ritardi, delle difficoltà di attuazione, ma voglio contemporaneamente sottolineare in altre parole due cose: in primo luogo che i capi non sono la controparte scelta dai lavoratori; in secondo luogo die non è vero die tutti i capi siano «dei bastardi». Resta comunque il fatto che rispetto a quelli che meritano l'appellativo suddetto, le forme di lotta al crumiraggio restano quelle usate nei confronti degli altri lavoratori che non scioperano. Si è parlato di intimidazioni telefoniche, di avvertimenti mafiosi. Non nego che ci possano essere stati e che ci siano; nego categoricamente che sia la regola, la pratica diffusa. Escludo inoltre che questi episodi siano unilateralmente diretti. Intendo dire che i delegati ed operai attivi sono stati oggetto di uguale minaccia Concludendo: forme di esa¬ sperazione nei confronti dei capi derivano spesso dal loro comportamento. Questa, comunque, non è la regola. La Fiat stessa, in un documento circolante durante la fase contrattuale, e pertanto 'Calda», ammette l'episodio delle 'Violenze» ai capi. Ma quello che l'azienda non ammette è il suo atteggiamento paternalistico che tende a recu-, perare i capi in un progetto restaurativo dentro la fabbrica di climi di altri tempi. Sta ai capi svincolarsi da questo abbraccio che non evita comunque lo svuotamento della loro funzione. E purtroppo interviste come quella citata non giovano al miglioramento dei rapporti tra lavoratori ed uno strato che l'azienda vorrebbe collocare a gestire -la governabilità, della fabbrica. Governabilità che va letta come accettazione dei valori, delle filosofie, del modo di lavorare e quindi della .disciplina, padronale, che la Fiat vuole instaurare nelle officine.

Persone citate: Epifanio Guarcello