Sconfitta per Ecevit, avanzano le destre Turchia verso un «interregno militare»? di Igor Man

Sconfitta per Ecevit, avanzano le destre Turchia verso un «interregno militare»? Conquistati dai conservatori i 5 seggi della Camera e 33 (su 50) del Senato Sconfitta per Ecevit, avanzano le destre Turchia verso un «interregno militare»? DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ANKARA — Sulelman Demirel ha vinto le elezioni del 14 ottobre. Anzi ha stravinto, se si considera che codesta consultazione a medio termine (rinnovo di un terzo del Senato, elezione per coprire cinque seggi della Camera rimasti vacanti) aveva il valore di un referendum sui ventidue mesi di potere di Bulent Ecevit. Il partito della giustizia (Demirel) ha conquistato tutti e cinque i seggi della Camera e ha avuto eletti 33 senatori (su cinquanta). Il partito repubblicano popolare (Ecevit) ha preso solo dodici senatori; tre sono andati al partito nazionale della salvezza di Erbakan (integralista islamico) ed uno l'ha strappato il movimento di azione nazionalista del funesto colonnello Turkes. In termini di voti espressi e di percentuali, la vittoria di Demirel è invero schiacciante. Il partito della giustizia, rispetto alle elezioni parziali del '77, passa dal 36 al 47 per cento circa; Ecevit scende dal 40 al 28 per cento. La sconfitta è dura e amara per un sincero democratico come Ecevit, ma non si può dire che la vittoria possa inorgoglire troppo Demirel. Il voto di domenica è in fatto un voto di protesta, di disperata protesta e di frustrazione, teso alla speranza di un cambiamento purchessia; 11 popolo è stanco, l'inflazione galoppa verso il settanta per cento, mancano parecchi beni di consumo, la produzione ha raggiunto quota zero, i disoccupati sono il trenta per cento della popolazione attiva, il debito estero ha rag¬ giunto una cifra da capogiro: dodici miliardi di dollari. Il terrorismo ha generato una guerra civile strisciante. L'elettore che, a suo tempo, rovesciò Demirel perché deluso dalla sua politica di grandeur — opere del regime e debiti su debiti —, oggi gli rilascia di nuovo una cambiale, ma tutt'altro che in bianco. Il primo a rendersi conto della difficoltà dell'impresa è proprio Demirel: si vuole infatti che tenda a rinviare l'assunzione delle responsabilità di governo, anche perché non ha la maggioranza assoluta alla Camera. Domenica notte siamo andati nella sua casa, vigilata come un fortilizio, insieme con altri giornalisti. «Mano forte, (questo il significato del suo nome) grondava sudore a dispetto del freddo pungente. -Abbiamo vinto cinque a zero», ha esclamato raggiante, alludendo al clamoroso successo riportato alla Camera dei deputati. Ma non è andato oltre nelle dichiarazioni: 'Parlerò più tardi: a mente fredda si ragiona meglio, dice un vecchio proverbio turco». Per lui. tuttavia, ha parlato il vicepresidente del partito. Bilgic. Telegraficamente ha detto: 'Nessun nuovo fronte nazionalista. Niente coalizione, la sola via d'uscita: elezioni anticipate». Ma la Costituzione turca non consente al presidente della Repubblica di sciogliere il Parlamento se non dopo tre voti di sfiducia al governo nell'arco di diciotto mesi. Questo significa che Demirel vuol fare incancrenire tutto, mandando allo sfascio definitivamente Ecevit, che sulla carta potrebbe rappattumare una maggioranza e tirare avanti? E' possibile, sennonché non sembra che i militari, gelosi custodi della democrazia (e lo hanno dimostrato in questi ultimi otto mesi gestendo la legge marziale con estremo discernimento), siano disposti a sopportare oltre il degradarsi della situazione. Poiché hanno i mezzi per farlo, potrebbero imporre a Demirel di assumere subito il fardello governativo. Gli osservatori, però, avanJ zano altre due ipotesi: 1) un 'interregno militare» caldeggiato da generali falchi come Bolugiray, responsabile della legge marziale ad Adana, e Ulug Pascià di stanza a Istanbul: 2) un nuovo governo Ecevit con l'appoggio estemo del partito della salvezza e il concorso dei soliti indipendenti. Quest'ultima ipotesi appare, peraltro, piuttosto fragile giacché vengono ventilate le dimissioni dal governo del ministro di Stato Mustafà Killc. Igor Man (Continua a pagina 2 In prima colonna)

Luoghi citati: Ankara, Istanbul, Turchia