Anche i giornali nazisti parlavano dello «Stato partigiano» in Ossola di Giuseppe Mayda
Anche i giornali nazisti parlavano dello «Stato partigiano» in Ossola Trentacinque anni fa, in Italia, la stagione delle «zone libere» Anche i giornali nazisti parlavano dello «Stato partigiano» in Ossola Nel settembre-ottobre '44 la grande valle del Novarese (1600 km quadrati, 28 Comuni, 80.000 abitanti) scacciò i nazifascisti ed elesse una Giunta libera e democratica DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE DOMODOSSOLA — Ricorre in questi giorni il trentacinquesimo anniversario della repubblica partigiana dell'Ossola che, nata all'inizio del settembre 1944. si concluse nel sangue un mese dopo — il 14 ottobre — con l'occupazione nazifascista di Domodossola. Delimitata dal confine con la Svizzera, la sponda piemontese del lago Maggiore, la città di Gravellona e le pendici del Capezzone, quella dell'Ossola (1600 chilometri quadrati. 28 Comuni. 80.000 abitanti) fu la più ricca, la più popolata, la meglio organizzata fra le repubbliche partigiane sorte in Italia durante l'estate '44 quando la liberazione di Roma, a giugno, e di Firenze, in agosto, avevano schiuso la prospettiva di una insurrezione generalizzata capace di anticipare di mesi la liberazione totale del Paese. La spinta offensiva alleata, purtroppo, si esaurì dinanzi all'Appennino tosco-emiliano e le quindici «zone lìbere», create in base alle direttive del Cln, ebbero vita breve, dai 120 giorni dell'Alto Tortonese ai cinquanta di Bobbio. La ri¬ conquista tedesca e fascista, con i rastrellamenti dell'autunno, distrusse le repubbliche partigiane ma il seme democratico trapiantato in quei territori avrebbe dato frutti. L'Ossola ebbe, nelle sue file, uomini come Vigorelli. Marchesi, Malvestiti, Santi, Terracini. Pajetta, Tibaldi. Moscatelli e il figlio di Cesare Battisti, Giglno. DI lei dovette occuparsi persino il giornale ufficiale della Germania nazista, il «Das Reich», ammettendo l'esistenza in Piemonte di «uno Stato partigiano» dove -una Giunta funge da governo repubblicano ed un medico ex socialdemocratico, di nome Tibaldi, ha assunto la carica di prefetto-. Cosi, nel panorama delle «zone libere» che prosperarono in quella stagione di speranze, lotte, delusioni, l'Ossola rappresentò un caso a sé anche perché — come scriverà Piero Malvestiti — -non fu preparata da politici pensosi o da guerrieri capaci e lungimiranti, non entrò in nessuna combinazione diplomatica e in nessun piano di guerra-. Essa, tuttavia, anticipò nelle proprie istituzioni, in modo concreto e rivelatore, lo Stato parlamentare e democratico. -Anche se la nostra repubblica doi'esse durare una sola settimana — disse il socialista Tibaldi alla "Giunta provvisoria di governo di Domodossola e della zona liberata" insediata il 10 settembre '44 nell'edificio di pietra grigia di Palazzo Ceretti — dobbiamo fare e pensare come nell 'Italia di ieri non s'è fatto né pensato; dobbiamo comportarci come gli uomini della repubblica romana del 1849-. Bonfantinl (socialista). Ballarmi (indipendente). Colombo (comunista). Cristofoli (azionista). Nobili (liberale), don Gabalà (democristiano). Gisella Floreanini Della Porta (comunista) e Menotti (democristiano) furono gli esponenti politici che costruirono e guidarono per un mese la «zona libera». Se è vero che la civiltà di un paese si misura nelle aule dei tribunali, allora la repubblica dell'Ossola potè insegnare a più d'uno: non pronunciò nessuna condanna a morte, neppure per due spie confesse dei tedeschi: i caporioni fascisti non finirono in carcere ma vennero internati nella colonia montana di Druogno, la più bella della provincia di Novara, per le istruttorie politiche si nominò un giudice straordinario, l'avvocato Ezio Vigorelli — i cui figli. Bruno e Pof i, erano morti eroicamente a giugno all'Alpe Casarol — e nel suo primo decreto affermò che «non riteniamo né equo né opportuno trarre in arresto chiunque abbia fatto parte del partito fascista essendo sufficiente l'emissione di mandati di comparizione». Cosi, in tutta l'Ossola, rinacque la vita democratica con i consigli comunali, i sindacati. 1 comizi, i dibattiti e i giornalisti olandesi, americani e inglesi accorsero dalla neutrale Svizzera a vedere il miracolo di una piccola, sconosciuta repubblica che-riscopre le democrazia-. Ma a metà dell'ottobre la «zona libera» fu sommersa dalla riconquista. Il 5. nella zona di Arona-Stresa e Gozzano-Gravellona, i nazifascisti ammassarono oltre 12.000 uomini e non avrebbero potuto scegliere meglio il momento dell'offensiva. I partigiani dell'Ossola erano sfiduciati: nei quaranta giorni della repubblica avevano atteso invano l'insurrezione generale, l'avanzata decisiva degli Alleati, i lanci di armi e di viveri. La battaglia arrivò nel pieno di un autunno prematuro con la neve che aveva già imbiancato le cime e la nebbia stagnava nelle valli. Il 9 ottobre la «Folgore» conquistò Ornavasso dopo sei ore di combattimenti Per tre giorni i partigiani riuscirono a resistere passando anche al contrattacco; poi i nazifascisti spezzarono il fronte e dilagarono. La Giunta provvide a sgomberare con ordine, a pagare i debiti, a mettere al sicuro carte e documenti, a far sfollare in Svizzera chi non voleva rimanere sotto Salò e a depositare in mane fidate il denaro pubblico (a guerra finita verranno presentati i conti e risulterà che il governo dell'Ossola aveva speso 9 milioni, 537.476 e 85 centesimi). L'11 ottobre i nazifascisti scatenarono un violento attacco nel settore centrale del fronte partigiano che contava su 3.000 uomini con poche munizioni, poche mitragliatrici pesanti, nessun cannone, nessun cannoncino anticarro e aveva dinanzi un nemico quattro volte superiore per numero, sostenuto dall'artiglieria, da reparti di carri armati e da aerei. L'indomani. 12 ottobre, in Val Cannobina caddero combattendo Alfredo Di Dio. comandante della divisione autonoma «Valtoce». e il colonnello Attilio Moneta. La sorte dell'Ossola fu segnata e i fascisti entrarono nella sua capitale nel pomeriggio del 14. dopo aver fatto bombardare il campo d'aviazione. -L'Ossola l'é morta- scrisse un partigiano di Mergozzo alla sua famiglia. Era vero ma se il principio che aveva ispirato il Cln nella creazione delle «zone libere» era quello di -riportare la l'ita cwile delle popolazioni (...) al concetto e alla pratica della libertà ainministrativa-. la repubblica dell'Ossola aveva assolto in pieno il suo compito. Giuseppe Mayda
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