Chiara a colpi di scena

Chiara a colpi di scena «La spina nel cuore»; una provincia sordida Chiara a colpi di scena Piero Chiara: «La spina nel cuore», ed. Mondadori, pag. 157, lire 6000. Un nuovo approdo sul lungolago di Luino. in un altro dei misteriosi ritorni dei protagonisti di Piero Chiara: questa Luino entrata ormai nei luoghi del romanzo novecentesco. Ma non sono più, per Chiara, i ritorni del tutto scapestrati del Piatto piange, nemmeno gli sbarchi velieri della Stanza del vescovo: se mai, la spinta inquieta del Cappotto di astrakan. Con Una spina nel cuore lo spoglio del brio, della malizia, dell'abbandono spensierato all'avventura come alla vita, diventa più netto, quasi totale. La sala fumosa dell'albergo Metropole, gemello del caffè Clerici, è un raro passaggio, una tappa da cui si dirama la vicenda affondata ben addentro alle valli, alle chiesuole, alle baite di una provincia non godereccia ma sordida, una landa spinosa da cui emerge la devozione contaminata di Caterina, motrice immobile come spesso accade nei romanzi di Chiara. Il protagonista — in prima persona — se ne invaghisce sbadatamente e ne gode nelle camere del Metropole o nelle forre del retroterra, nientaffatto il primo e non l'unico nemmeno prò tempore in una catena d'indifferenti profittatori dell'arrendevole, bella e fredda fanciulla. Già vittima di un prepotente gerarca, poi d'un bigliettaio e del padrone dell'albergo, anche il protagonista la lascia al colmo del suo amore, la cancella per un po' nella lontananza, finché, al ritorno, è ripreso a sua volta dalla passione trasformata in amore. Ma ormai Caterina è passata per rassegnazione, per un po' di calore si direbbe, al fidanzamento con un orrendo macellaio. E la seconda parte del libro vede i tentativi, ora. di ricupero della ragazza che pian piano si fanno ricerca e scoperta più completa del suo passato, nonché del suo sommerso presente di sposa putativa con un attempato amante. L'elemento dell'indagine, coi suoi colpi di scena, è una costante di Chiara, almeno dal Pretore di Cuvio. Ma quello che nel recente Cappotto era un sottile giallo, complicato dal movimento speculare delle figure e dal rimbalzo degli scenari: e che nella Stanza era una suggestione atmosferica, non originalissima forse ma finemente variata e caricata di una sottile sensualità, qui si allenta e prende qualche tono del racconto d'appendice. La vicenda stenta a precisarsi e a coinvolgere il lettore; taluni personaggi hanno del ripetitivo e del voluto. C'è Caterina, certo, la vera figura che si aggiunge alla galleria di Chiara, condannata alla fatica di vivere: quel «connubio fatale d'innocenza e infelicità» di cui parla La Fontaine. E basta questa intuizione della fantasia, silenziosa, ferma, a giustificare l'impianto ripetitivo del racconto, il suo puro supporto naturale. Da lei esso prende il segno d'una maturazione dolorosa dell'autore di tante invenzioni vorticose, di tante avventure sonore. E' come se tutti i suoi dongiovanni fossero chiamati alla resa dei con¬ ti, e l'indulgenza verso quella che appariva una prassi mascolina tutt'al più squallida e favorita solo dall'appetito di controparti deteriori, ora si ritraesse per lasciar posto alla rivelazione del suo prezzo reale, dei guasti nell'altro fronte. Anche la lingua maliziosa di Chiara, il suo miscuglio ironico di aulico e colloquiale, di retorico e dialettale, cede a un narrare più asciutto, meno vario, solo tentato dai notturni o dai ronchi alpestri, da qualche interno graveolente. Ammicchi, complicità, la sua stessa celebre Lust zu fabuUeren sono scomparsi. E' la maturazione di ciò che si avvertiva nei silenzi di Matilde. Lo scrittore si è fatto più severo; ci guarda tutti non più con l'invito d'un compagno di allegrie ma con la severità dello sguardo dietro le spesse lenti con cui è ritratto nel retro della sopracopertina. Car,0 Carena

Persone citate: Clerici, La Fontaine, Piero Chiara

Luoghi citati: Cuvio, Luino