Liggio e l'«Anonima» inchiodati dalle accuse di Rossi di Montelera di Vincenzo Tessandori

Liggio e l'«Anonima» inchiodati dalle accuse di Rossi di Montelera Processo in appello a Milano Liggio e l'«Anonima» inchiodati dalle accuse di Rossi di Montelera DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MILANO — Come regola vuole, l'onorata società tenta di far saltare, o, comunque, ritardare il processo alla Corte d'Appello per i rapimenti di Pietro Torielli junior, Luigi Rossi di Montelera ed Emilio Baroni. Gli uomini legati alle cosche palermitane e rimasti impigliati nella rete gettata dai giudici milanesi intuiscono che il dibattito è molto importante e sono impegnati a fondo per ottenere un verdetto favorevole. Cosi don Agostino Coppola, prete con accentuate tendenze criminali, si è preparato a lungo, nei tre anni di carcere fra la sentenza di primo grado e l'apertura di questo dibattimento, sui testi giuridici per ribaltare una sentenza che lo ha condannato a 14 anni di prigione. E cosi Michele Guzzardi. fratello minore di una famiglia poco conosciuta in Sicilia, che qui al Nord conta, o almeno contava fin quando hanno ucciso il «padrino». Francesco Guzzardi. ha cercato di uscire comunque dal dibattimento. Michele Guzzardi era accusato di non essere estraneo al rapimento di Pietro Torielli. Fu assolto anche se 1 dubbi sulle sue responsabilità non vennero cancellati. Ora, forse, avverte il grosso pericolo, il nuovo giudizio è un rischio fin pesante. I suoi difensori hanno quindi cercato di strapparlo alla Corte: hanno presentato un'eccezione perché la convocazione in aula era stata consegnata dall'ufficiale giudiziario alla moglie e non nelle mani dell'imputato, come invece la legge impone. Ma la Corte non sembra avere intenzione di frantumare il processo e ha deciso di non separare alcuna posizione. Il ruolo di Michele Guzzardi nella vicenda del sequestro Torielli è essenziale. Aveva detto di essersi adoperato per aiutare la famiglia del rapito nel contatti con 1 banditi: poi — aveva aggiunto — era stato messo da parte. Ma la sua non è una figura cristallina. Si legge nella sentenza emessa nell'autunno 1976 dai giudici del tribunale di Milano, che pure lo rimandava assolto: -Michele Guzzardi è descritto nel rapporto 9 febbraio 1973 dei carabinieri di Vigevano come capo di clan mafioso siculo-calabrese». Poi vengono indicati inquietanti e solidi legami con personaggi che gli inquirenti sospettano di appartenere alla mafia della «terza generazione». Michele Guzzardi è in aula, il volto teso, attento, pronto a salutare il pubblico accusatore e i giudici quasi a dimostrare la propria ovvia innocenza. Indossa l'abito nero per la morte del fratello. Francesco, il «padrino». Si è tentato di strappare questo protagonista dalla scena e si tenterà di rimettere in discussione cose assodate nel dibattito di primo grado. Si tenterà, da parte dei difensori, di far riaprire il dibattimento o, almeno, una parte di esso. Si cercherà di dimostrare che Pietro Torielli Junior non è mai stato nella cella di Treviglio dove le indagini stabilirono che era stato anche l'industriale di Vigevano e dove fu trovato Luigi Rossi di Montelera. E si tenterà di scalfire il racconto lucido, freddo, puntuale, esatto di Luigi Rossi, di dimostrare che lui. a Moncalieri. nella segreta della cascina «Le Palme» di Giuseppe Ugone. non ha mai messo piede. S'invocheranno nuovi sopralluoghi, forse nella speranza che il tempo abbia sfumato in modo decisivo il ricordo delle vittime cosi da garantire qualche spazio alle difese che. proprio su questo punto, in primo grado, avevano accusato gli insuccessi maggiori. Cosi questo lungo prologo al processo continua. Il dibattimento, dopo le decisioni di oggi sulle eccezioni, sarà poi sospeso fino a lunedi 22 quando, secondo il programma, verrenno ascoltati gli imputati, quelli almeno che non snobbano il processo, come finora ha fatto Liggio e come ha fatto Salvatore Ugone. il solo, per il momento, che sia riuscito a rinviare il giudizio. Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Milano, Moncalieri, Sicilia, Treviglio, Vigevano