Qual è il vero obiettivo di Frane Barbieri

Qual è il vero obiettivo Qual è il vero obiettivo (Segue dalla l'pagina) nisti non vanno divisi tra eurocomunisti e non eurocomunisti, sostenere che l'atteggiamento tanto contraddittorio sulla Cee non crea un fossato fra i pc, mettere in chiaro che il giudizio sul sistema sovietico non è una discriminante decisiva, essendo per tutti l'Urss un capitale punto di riferimento. Insomma, molte linee di demarcazione tracciate dall'eurocomunismo in rosso vengono ridipinte in colori molto più sfumati per perdersi su vari punti nel grigio. Riconfermato come termine, l'eurocomunismo non esce dalle peregrinazioni dì Berlinguer rafforzato né come concetto né come corrente articolata su scala continentale. Ne esce però meglio disegnato ed arricchito il progetto del -nuovo internazionalismo-. Anzitutto laddove allaccia le prospettive dell'Europa a quelle del Terzo Mondo. Il segretario del pei, nel lanciare le sue visioni aperturiste, risulta spesso contorto e reticente. La ragione sta probabilmente nell'eccessiva preoccupazione, appunto ecumenica, di progredire senza strappi, differenziarsi senza urtare, criticare sema rompere. Questa volta ci sembra di poter interpretare le sue tesi in questi termini: l'Europa attraversa una crisi profonda, strutturale e non soltanto congiunturale. Nello stesso tempo monta la crisi nel Terzo Mondo. Il denominatore comune delle due crisi è l'antiquato sistema dei rapporti tra sfruttatori e sfruttati, fra Nord e Sud; di conseguenza ambedue le crisi possono trovare una soluzione soltanto nel quadro di un nuovo ordinamento economico del quale l'Europa deve farsi promotrice assieme ai Paesi del Terzo Mondo. Ma soltanto un'Europa delle sinistre unite potrà realizzarlo. Ecco il punto del •nuovo internazionalismo». Un internazionalismo che possa abbracciare tutte le forze di sinistra del Continente (per imporre un nuovo modo di vita e di consumo in Occidente) e tutte le forze progressiste del Terzo Mondo (per costruire i rapporti di reciproca fiducia, indispensabili per arrivare assieme ad un nuovo ordinamento). Berlinguer coglie senza dubbio bene l'interdipendenza fra le crisi mondiali, il fatto che la crisi occidentale proviene dal Terzo Mondo e che quella del Terzo Mondo proviene dall'Occidente o, per dire meglio, dal Nord sviluppato. Coglie in modo giusto anche la circostanza che nella ricerca di un nuovo ordinamento economico non è l'Europa, ispirata ai principi di giustizia e altruismo, che salva il Terzo Mondo, ma è l'Europa che salva se stessa, dato che l'attuale meccanismo di scambi, materie prime a prezzi bassi e tecnologie a prezzi alti, sta per saltare o è in gran parte saltato con prospettive molto più allarmanti per la civiltà europea che non per quella dei Paesi emergenti. Se l'Europa si trova scossa dalle lotte di classe, tanto per restare nei termini berlingueriani, una lotta di classe di portata molto più ampia scuote oggi il mondo nel suo insieme, contrapponendo i Paesi sottosviluppati a quelli industriali. Una lotta che vede per molti aspetti anche la classe operaia europea ed occidentale dalla parte degli -sfruttatori-. Per quanto anch'essa si consideri sfruttata, bisogna constatare che nel tenore di vita e nella spirale consumistica in cui si è trovata coinvolta tale classe operaia europea, si trova buona parte delle ricchezze sottratte ai Paesi del Terzo Mondo. Per restituire la giusta parte di quelle ricchezze a chi appartengono bisogna che si decidano a rinunciare alle loro condizioni di privilegio tutte le società ed economie sviluppate nel loro insieme, -sfruttatori- e-sfruttati-. I privilegi occidentali non stanno soltanto nel capitale, stanno anche nei salari. E' scontato che un capovolgimento simile non può essere compiuto senza le sinistre. E' altrettanto probabile che que- \ sta impresa meglio di tutti possano realizzarla le sinistre. E fra tutti gli schieramenti mondiali l'Europa si presenta come la più adatta a procedere con credibilità e con probabilità di successo verso queste mète. Di qui l'importanza del nuovo internazionalismo-. concepito nel contesto europeo e proiettato sul Terzo Mondo. Nel rendere omaggio alle intuizioni del nuovo concetto berlingueriano non ci si può esimere dal ravvisare anche i suoi tratti unilaterali e strumentali. Presentando il vasto quadro della nuova visione dell'internazionalismo, il quotidiano delle Botteghe Oscure è arrivato a sostenere che la vastità del nuovo concetto supera anche la questione dei rapporti tra il pc italiano e Mosca: schemi e pregiudiziali antiquati e sorpassati. E' vero che l'autonomia del pei viene determinata oggi a Roma e non a Mosca. Vero pure che il concetto del -nuovo internazionalismo- appare di pura marca italiana. Tuttavia, e in più proprio per questa ragione, colpisce il fatto che il partito comunista italiano consideri assorbiti o resi non determinanti i suoi rapporti con l'Urss in chiave di una visione più vasta e globale del mondo ed in funzione della alquanto tardiva scoperta di un Terzo Mondo. Ci sembra, al contrario, che il progetto di un'Europa protesa verso i mondi emergenti implichi nuovi punti di differenziazione e di distacco dall'Urss, invece di cancellare quelli riguardanti gli stretti rapporti intereuropei. La polìtica di Mosca nei confronti del Terzo Mondo si ispira a tutt'altro internazionalismo: quello vecchio stampo, tendente ad egemonizzare i nuovi Paesi, trasformandoli in una specie di appendice povera del blocco sovietico e spingendoli alla rottura radicale con l'Occidente sviluppato anche con il fine di costringere l'Europa a trovare nell'Unione Sovietica, l'unica alternativa di salvataggio, i mercati e le materie prime che il Vecchio Continente corre il rischio di perdere nel Terzo Mondo. La strategia sovietica è risultata chiara anche nei confronti registrati attorno alla Conferenza dei non allineati. L'Europa potrà trovare uno sbocco alle sue crisi nei Paesi emergenti solo strappando quegli spazi di collaborazione all'egemonizzazione sovietica. Se dovrà essere il -nuovo internazionalismo- a risolvere la crisi dei rapporti tra il nostro continente e il mondo sottosviluppato, allora sarà inevitabile che sia contrapposto all'internazionalismo vecchio stampo, strumentalizzato tuttora da Mosca. Cercare di far convergere, invece, i due internazionalismi e sostenere che con il nuovo viene assorbito o sorpassato quello vecchio avrebbe come effetto l'apertura contemporanea sia dell'Europa che del Terzo Mondo alla penetrazione sovietica. L'Europa può contare su un vantaggio nei Paesi decolonizzati, in quanto non si presenta come una superpotenza. Per acquistare credibilità deve presentarsi anzi in contrasto con le superpotenze, ma contro due, non contro una sola. In quanto sia gli Usa che l'Urss offrono al Terzo Mondo la propria variante dell'egemonia. Nell'abbraccio ecumenico con l'Urss non avrebbe molte probabilità di successo nemmeno il secondo obiettivo del viaggio europeo di Berlinguer, quello dell'unità delle sinistreAppunto perché si prospetta l'abbattimento dell'esistente linea di demarcazione fra le due Europe, che è quella fra capitalismo e socialismo, risulta necessario più che mai stabilire una chiara linea di demarcazione fra i due modi di concepire ed attuare il socialismo. Aprendosi il nuovo problema, non è per niente detto che non rimanga quello vecchio. Anzi, emerge più che mai irrisolto. Di fronte all'ultima sfida di Breznev, una miscela piuttosto esplosiva di promesse e minacce, sorgono più accentuate anche le responsabilità delle sinistre europee: una Europa sguarnita nel senso politico, civile, ideologico, ma oggi anche in quello militare, non sarebbe in grado di puntare sui traguardi enunciati da Berlinguer. Omettere questa circostanza farebbe nascere il sospetto che il viaggio europeo di Berlinguer abbia avuto il suo vero inizio a Mosca, questa estate, nel suo improvviso incontro con Breznev. Frane Barbieri

Persone citate: Berlinguer, Breznev