La legge, l'egoismo e la paura

La legge, l'egoismo e la paura JEMOLO RISPONDE A GALANTE GARRONE E AI LETTORI La legge, l'egoismo e la paura Il carissimo Sandro Galante Garrone, annunciando la pubblicazione del prezioso Diario di Piero Calamandrei, citava una annotazione di questo di quarant'anni or sono, l'inizio della seconda guerra europea: «... Jemoìo, catastrofico come sempre»; e soggiungeva di suo che Jemolo è catastrofico anche ora. con la riserva che qualche argomento però lo ha. E' vero che sbagliavo nell'inverno '39-40 pensando che la guerra sarebbe stata vinta dai nazisti, e spero in Dio di sbagliare anche oggi, vedendo la catastrofe nell'individualismo senza freni, nell'egoismo, nella paura diffusa per cui la polizia e la magistratura non possono contare in una pur minima collaborazione dei cittadini per combattere il terrorismo, e ravvisando alla base la scomparsa del senso di autorità, in chi governa e nella massa dei cittadini, nei maestri e negli scolari, nei genitori e nei figli: che egoismo e paura si sono sempre dati, ma l'edificio sociale reggeva, pur lasciando una larga massa d'ingiustizie e di errori, perché c'era questo senso di autorità. E mi duole che sia su una rivista giuridica, la Giurisprwdenza italiana, pubblicata a Torino, ma naturalmente letta solo da magistrati ed avvocati, e non su un quotidiano, un buon saggio dell'avv. Francesco Canfora, sul dovere dei cittadini di obbedire alle leggi, non solo come dovere sancito dalla Costituzione, ma avente una base etica. Cortesemente nelle «Lettere della domenica» del 30 settembre mi corregge il sig. Renato T. Ferrari, a nome del gruppo «giovani industriali'. L'autorità è caduta, riconosce, ma lo sbocco non è l'anarchia; scrive: »In effetti l'autorità che i cittadini contestano è quella che non rende un servizio sociale; che emana leggi e regolamenti assurdi, che si puntella con l'abuso del potere». -L'autorità caduta rappresenta una parte solamente di quella infrastruttura autoritaria che non risponde ai bisogni della gente, che trascina nel tempo istituti e convinzioni superati nel giudizio e nei sentimenti dei cittadini». Mi duole che il Ferrari non dia esempi concreti: che non dica se la rivolta del padre verso il figlio decenne che a una sua osservazione risponde che le idee del padre sono stupide, o verso il figlio quattordicenne che impreca perché gli si negano le chiavi di casa per uscire la sera, la punizione dell'adolescente che sulla lavagna o sui muri scrive frasi ingiuriose per l'insegnante o il preside, rispondano a convinzioni superate. Mi duole soprattutto che non ricordi come nei Paesi liberi, ed in particolare nel nostro, sia a disposizione di tutti un sistema di ricorsi ai giudici ordinari od amministrativi, contro ogni violazione di diritti o d'interessi, e quanto i giudici siano inclini a riconoscere questi diritti, del resto già assicurati dalla legge al lavoratore subordinato, pubblico e privato; e come ci sia piena libertà per tutti di criticare ogni legge, compresa la Carta costituzionale, e di questa libertà si faccia ampio uso; e dove davvero c'è un contrasto con la coscienza collettiva intervenga il referendum (e peggio per gl'italiani se se ne giovano soltanto ove spronati da un partito politico: e fin qui non si sia visto alcun referendum promosso da una iniziativa assolutamente al di fuori delle direttive dei partiti, come in tema di vivisezione o di caccia). Continuerò a dire che ammettere che l'obbedienza sia dovuta solo alle leggi con cui consentiamo, non alle altre, e cosi giudicare se una legge, anche in sé non cattiva, sia ormai superata, è anarchia: ed è certamente presunzione quella di chi, non essendo più che esperto nel campo in cui la legge opera, afferma che essa è Inutile (quante volte a noi profani, che ritenevamo male spesi nelle attuali tra versie economiche i miliardi per l'esplorazione del cosmo, si è risposto che la costruzione di satelliti e di sonde spaziali era stata feconda d'invenzioni utili ad ogni sorta d'industrie?). Il termine anarchia non evoca soltanto gli anarchici ciel secolo scorso, uccisori di. sovrani e granduchi. ma quanti non vogliono sottosta re alle grandi regole del vivere sociale, quelle fissale dalle leggi, e quelle del buon senso, per cui ogni uomo deve fare il possibile per guadagnare il suo pane, e cosi adattarsi an¬ che al lavoro non gradito: nel mio vocabolario è già anarchia l'abbandono in massa dei lavori certamente necessari, ma non graditi, come l'agricoltura. Cosa ben diversa è la rivoluzione — la sommossa, la chiamava Mazzini— che implica voler sostituire a una struttura un'altra, capovolgendo magari i valori (dittatura del proletariato, non più l'eguaglianza, ma la preferenza nelle retribuzioni, nella chiamata a far parte del gruppo dirigente, dell'operaio sull'intellettuale), che presuppone sempre la creazione di una struttura ove viga il principio di autorità, l'obbligo di sottostare alle leggi volute dalla maggioranza. Tanto la vecchia che la nuova struttura troveranno oppositori, a viso aperto, se la loro legislazione lo consenta, come lo permette la nostra: dissimulati se non sia ammessa la critica. L'oppositore a viso aperto, che sa come presto o tardi sarà colpito con la morte o la prigione o il campo di lavoro o l'internamento in un manicomio, e non chiederà mai grazia, come Gramsci, e l'oppositore che dissimula il suo sentire, compie i gesti rituali che il sistema gl'impone (la partecipazione ai comizi, quel dato tipo di saluto, quei termini di compagno o camerata), ma cerca di minare il sistema: insegnante, facendo conoscere, sia pure chiamandole erronee o superate, le ideologie avverse: semplice cittadino, non parlando mai di politica, ma facendo sempre appello alla ragione, ricordando quel che le leggi biologiche ed economiche impongono, cercando in Socrate od in Galileo i suoi esempi. Sarà vittima come loro se la struttura contro cui lotta ha difensori vigili ed intelligenti, ma talora riuscirà. Qui. nella opposizione occulta, sorgono casi di coscienza: l'oppositore occulto può spingersi fino a non eseguire nel modo migliore l'opera pubblica, l'acquedotto, la strada, che gli è stata commessa e che sarà vantata come una benemerenza del regime? Direi di no. Ricordo che dopo la guerra franco-prussiana del 1870, un consiglio di guerra giudicò il maresciallo Bazaine, ch'era rimasto inerte nella sua fortezza di Metz; Bazaine si giustificava: con la caduta dell'Impero, con la Comune, tutto era crollato, non c'era più un governo: e il duca D'Aumale che presiedeva il consiglio, rispose: —C'era ancora la Francia —. Occorre sempre distinguere regime e collettività. Si. caro Galante Garrone, resterò pessimista, o catastrofico, se vuoi, non solo per il terrorismo che ottiene i suoi successi lasciando emergere solo una tenue minoranza di magistrati, agenti dell'ordine, cittadini coraggiosi; non solo per la svalutazione che continua: non solo perché siamo ad un rigetto di quella che Gaetano Mosca chiamava la «formula politica» cioè di quel complesso di principi per il quale in una società le diverse classi si sentono parti complementari di un tutto: ma per che non scorgo da alcuna par te assertori di costruzioni nuove, sia pure antitetiche a tutto il mio sentire, che abbiano qualche consistenza, che non siano palesemente utopistiche: come sono, appunto, quelle che negano un ordine qualsiasi, un'autorità cui si debba obbedire. A.C. Jemolo

Luoghi citati: Francia, Torino