Lo scandalo dei telefoni sotto controllo si sgonfia dopo 7 anni in lievi condanne

Lo scandalo dei telefoni sotto controllo si sgonfia dopo 7 anni in lievi condanne La pena massima, 1 anno e IO mesi, a Beneforti e Ponzi Lo scandalo dei telefoni sotto controllo si sgonfia dopo 7 anni in lievi condanne ROMA — Con 24 condanne, a pene assai inferiori a quelle sollecitate dal pubblico ministero, e con 21 assoluzioni si è concluso davanti al giudici del Tribunale di Roma il processo contro investigatori privati ed ex dipendenti della «Slp» coinvolti nella scandalo delle intercettazioni telefoniche abusive compiute sugli apparecchi di privati cittadini e di enti pubblici e privati. Le condanne maggiori sono state inflitte all'ex dirigente della Crlmlnalpol di Milano Walter Beneforti ed all'Investigatore privato Tom Ponzi, che soltanto grazie alla sospensione condizionale della pena, concessa a tutti gli imputati, non dovranno scontare un anno e dieci mesi di reclusione. I giudici hanno condannato, poi, Pietro Ballotti, ex capo del personale dell'«Italcable», ad un anno e otto mesi; l'ex maresciallo del «Sid» Alessandro Micheli, il tecnico elettronico Bruno Mattioli e Milena Del Console ad un anno e sei mesi; i «detectives» Augusto Fatale, Antonio Ponzi, fratello di Tom, Domenico Gravina ed Alessandro Morgante ad un anno e cinque mesi. Ad altri 14 imputati minori, in gran parte tecnici delta «Slp», il tribunale ha inflitto un anno di reclusione. I reati per 1 quali il gruppo di Imputati, complessivamente 45, era stato rinviato a giudizio vanno dalla associazione per delinquere, alla corruzione di incaricati di pubblico servizio, alle intercettazioni abusive. A tutti è stata applicata l'amnistia per l'accusa di aver violato il diritto alla segretezza delle comunicazioni. Si è cosi concluso 11 primo «round» giudiziario di una vicenda che sette anni fa suscitò scalpore ed appassionò l'o¬ pinione pubblica per il livello dei personaggi coinvolti e per le dimensioni di un fenomeno di spionaggio sulla cui esistenza molti si erano dichiarati scettici. L'inchiesta giudiziaria fu avviata nel marzo del 1972, quasi In sordina. Fu un giornalista dell'Espresso, Giuseppe Catalano, a denunciare all'autorità giudiziaria che 11 telefono della sua abitazione era stato messo sotto controllo. Il dott. Luciano Infensi, allora pretore, accertò, con la collaborazione dei carabinieri, la fondatezza del sospetti é decise di allargare il campo delle Indagini, giungendo, in breve tempo, a clamorose scoperte: mani esperte, per conto di misteriosi personaggi, avevano provveduto a mettere sotto controllo i telefoni di uomini politici, di industriali, di banche, di giornali, di personalità dello spettacolo e di alti magistrati. Le indagini passarono poi, per 11 tipo di reati contestati, alla procura della Repubblica. Lunghi e spesso contrastati accertamenti non consentirono comunque al dottor Domenico Sica di stabilire le responsabilità dei mandanti della vasta operazione di «spionaggio» clandestino. Il magistrato dovette conclude re 11 suo lavoro affermando di non averraccolto prove vali de contro funzionari di polizia e responsabili dell'ufficio -affari riservati» del ministero dell'Interno. Furono cosi prosciolti l'ex capo della polizia Angelo Vicari, il prefetto Federico D'Amato, il questore Alessandro Milione ed altri autorevoli personaggi coinvolti nel caso dopo la scoperta di una attrezzatissima centrale di ricezione delle conversazioni telefoniche installata in una palazzina alla pe riferia di Roma.

Luoghi citati: Milano, Roma