Il dramma di chi vuole studiare di Clemente Granata

Il dramma di chi vuole studiare INCHIESTA SUGLI ATENEI MENTRE SI AVVIA L'ANNO ACCADEMICO Il dramma di chi vuole studiare DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MILANO — La ragazzetto è incollata al megafono e fa una disquisizione sul femminismo. Si formano le prime code davanti agli sportelli delle segreterie. La •Statale' incomincia ad animarsi. E' un mattino caldo. Distesi sul verde smeraldo dell'erba, tra le splendide architetture dei cortili, alcuni giovani sono intenti alla lettura. Siamo qui per rivolgere alcune domande agli studenti, così come faremo a Roma e a Napoli: università di massa, rigore degli studi, quali riforme, se c'è o no sfacelo negli atenei, se i giovani sono disposti ad accettare attività non corrispondenti al titolo di studio conseguito, timori, drammi, speranze. Ecco un gruppetto: Claudio Rognoni, Marina Petrognani, Carlo e Michele Ticozzi, studenti di giurisprudenza i primi tre, •matricola' d'ingegneria l'ultimo. «Certo che la liberalizzazione degli accessi cosi com'è stata fatta ha rappresentato un errore, dice Rognoni. I risultati si vedono, lo studente, che non ha la base necessaria cambia indirizzo o rinuncia». Carlo Ticozzi: «Ma la classe politica è fatta cosi. Si accoda alle mode demagogiche e poi si assenta. O magari considera l'università un proprio feudo-. Petrognani: «Cosi fatalmente tutto si abbassa, si degrada, strutture, livello degli studi. C'è chi va a specializzarsi all'estero, ma quanti possono permetterselo?». «E poi. sbotto Rognoni, c'è l'impressione che anche certi insegnanti validi, dato il clima generale, si adagino un po'. Detto in parole povere, non dimostrano una gran voglia di lavorare». «E invece, fa Petrognani, il contatto assiduo docente-allievo è fondamentale». Carlo Ticozzi: «Anche il buon funzionamento delle biblioteche è importante. Dovrebbero essere accessibili sino a tarda ora, invece sono aperte per un periodo di tempo troppo limitato. Mancanza di personale, dicono. Ma perché non pensare di affidarne la gestione agli studenti che offrono più garanzie dietro un modesto compenso? Si fa un gran cianciare di "partecipazione", ecco, questa potrebbe essere una partecipazione seria». Petrognani: «La conseguenza è che lo studente si trova abbandonato a se stesso. Le reazioni sono varie. C'è chi protesta in modo stupido o pericoloso, ma da qualche tempo a questa parte c'è anche chi con la forza della volontà (o della disperazione) si butta sui libri, consapevole che ha un solo alleato, il proprio cervello. O lo sfrutta o deve arrendersi». •E' vero, interviene Rognoni, negli ultimi tempi qualcosa è cambiato. Sarà il pungolo della crisi, sarà che ci si è accorti di uscire dall'Università squalificati, fatto sta che molti cercano di alzare il tono dello studio». Carlo Ticozzi: «Insomma, ci si rende conto che l'ultima ancora di salvezza è avere un buon livello culturale e tecnico». Rognoni: «Solo che ci si scontra con tante difficoltà. Prendiamo per esempio la tesi. Lo studente che cerca di fare sul serio vuole affrontare qualche lavoro impegnativo. Ebbene, vada in segreteria. Sfoderando il miglior sorriso, le diranno che sino all'82 non si possono prende- re tesi sulle materie fondamentali di giurisprudenza. Come incoraggiamento non c'è male, non le pare? Specie per chi come me si trova alle soglie dell'ultimo anno ed è a posto con gli esami». Petrognani: «Cosi c'è il rischio che anche la buona volontà sia, tradita. Si vive un po' incerti, un po' frastornati». E poi c'è il problema del domani. Carlo Ticozzi: -Ci siamo iscritti a una facoltà che c'interessa e speriamo in un lavoro adeguato al titolo di studio. Ma non facciamo drammi se non lo troviamo subito». Petrognani: «Noi studiamo e speriamo, se poi non si ottiene ciò che desideriamo... vorrà dire che ci aiuterà il nostro spirito di adattamento». «Io mi sono Iscritto a ingegneria interviene Michele Ticozzi, che sinora è rimasto in silenzio, il mio sogno sarebbe stato il ramo aeronautico, ma mi hanno avvertito che soltanto quattro laureati su ottanta trovano lavoro, allora ho scelto ingegneria nucleare. Dovrebbe esserci più spazio. Bene, male? staremo a vedere. In ogni caso prenderò ciò che troverò ». Serio, studioso, pieno di buona volontà, critico sema ombre di demagogia, un po' disincantato. E' questo l'identikit dello studente universitario alle soglie degli Anni Ottanta? Accontentiamoci di cogliere, segnalare le note positive che giungono dalla •Statale- di Milano senza pretendere di generalizzare, senza indulgere ai facili ottimismi. ROMA — Gid nella capitale (presenti dalle parti di piazzale delle Scienze camionette della polizìa per la vicenda del divieto della manifestazione di solidarietà con gli imputati del .7 aprile., tra inquietudini e tensioni peraltro non paragonabili a quelle del 77), già a Roma il panorama appare più mosso, variegato, anche prendendo in esame piccoli •campioni-. Ai discorsi che abbiamo ascoltato a Milano, dominati da una buona dose di pragmatismo, si aggiungono interventi piit velleitari, florilegi di cose sciocche e stantie (•Le lezioni soffocano lo spirito critico, la creatività degli studenti.;. Se si ascoltano frammenti di autocritica per i fatti del 77, essi appaiono talora confusi, contraddittori. Né mancano propositi di rivincita f.Si provi a tornare, Lama, si provi •). Ma sono discorsi condivisi dalla maggioranza degli studenti? Maurizia Fusaroli e Daniela Serini, iscritte a etnologia: «No, deve essere chiaro. Chi parla cosi è una minoranza. Solo che accade che quei tali stanno qui dal mattino alla sera, si portano anche il tegamino, scrivono sulle pareti, si fanno sentire insomma. Cosi appaiono un esercito, ma sono gruppetti. Comunque il clima sta cambiando. Lo scorso anno le lezioni non sono state disturbate. E' già un passo in avanti». Ma Zeri parla di sfacelo, di università da chiudere. Carlo Castriota, studente di legge: «Zevi è stato radicaleggiante. Guardi, io nel '63 ero alle elementari, ma so che allora Zevi fu uno dei protagonisti. Troppo comodo mettere gli studenti sul banco degl'imputati dopo averli strumentalizzati». Eugenio Magnarin (legge): ■Comunque la polemica estiva sull'università c'è stata è anche grossa, rovente. Adesso vogliamo rimboccarci tutti le maniche e incominciare a lavorare sul serio? Se no va a finire come tutte le polemiche. Polverone, bla-bla-bla. e poi si continua come prima». Come rimediare? Castriota: «L'università di massa va bene, ma una maggior serietà è necessaria». Paolo Sciarillo (lettere): «Intanto il professore dovrebbe seguire di più lo studente che frequenta. L'unico rapporto purtroppo avviene all'esame». Afa non siete troppi? Castriota: «E' vero, ma allora si adotti qualche rimedio. Non mi sta bene la cosiddetta università d'elite, ma non credo che caschi il mondo se introducono una forma d'ammissione per chi ha fatto studi secondari diversi dall'indirizzo che intende prendere». Eie - vie d'uscita- dai corsi universitari, dopo due o tre anni, con relativo diploma come avviene all'estero? Castriota: «Possono anche andare purché non precludano allo studente la possibilità di rientrare nell'università sino al conseguimento della laurea». Un sorriso, poi: «Queste cose le dico adesso, ma avrei i miei dubbi se dovessi ripeterle in un'assemblea. Viltà? Non credo. Diclamo che è questione di abitudine. Sinora hanno sempre parlato gli altri, la minoranza, e noi ci siamo lasciati prendere la mano. Quasi ci è venuto un complesso d'Inferiorità Ma anche le abitudini si possono cambiare». NAPOLI — «I cancelli, i cancelli». Zi grido echeggia lungo il corridoio che porta al rettorato. E è subito un accorrere di uscieri. Si chiudono i battenti, compaiono catene e lucchetti. A Napoli, da piazza del Municipio, sale verso l'Università in corso Umberto un corteo. E' composto di edili che hanno costruito la mensa universitaria e adesso vogliono essere assunti in pianta stabile dall'Ateneo. Gli studenti appollaiati sulla gradinata guardano senza scomporsi. E' una scena ormai abituale. Che cosa dicono questi studenti? A consunte battute di stampo sessantottesco sull'autoritarismo dei professori alternano discorsi da cui emergono disagi reali, preoccupazioni concrete, timori per l'avvenire quanto mai seri in una città come Napoli. Enzo: «Certo che l'università è uno sfascio. Sfascio di strutture e di tutto il resto. Non è possibile studiare con tranquillità. E i professori ne approfittano, selezionano e stangano». Luca: «Lo sa chi sono 1 più colpiti? I fuori sede, i pendolari. Vita d'inferno la loro. Viaggi estenuanti, mense con cibo immangiabile». Maurizio: «La selezione qui esiste, eccome. Diminuirebbe però se i fuori sede avessero la possibilità di studiare meglio». Luca: «Diplomi universitari dopo due, tre anni al posto della laurea? Ma scherziamo? E' un modo di svilire l'università». Mau- rizio: «Ma se oggi per entrare in qualunque posto che non sia da buttare ti chiedono la laurea». Enzo: «Togliere il valore legale al titolo di studio? E' assurdo. Come faremmo a dare i concorsi pubblici? Se a noi tolgono la speranza del concorso tolgono tutto. Lo vogliono capire o no?». E ha un gesto, un'espressione autenticamente sofferti, non retorici, non d'occasione. Clemente Granata

Luoghi citati: Milano, Napoli, Roma