Come è arrivato su questo podio

Come è arrivato su questo podio La carriera del nuovo «re» Come è arrivato su questo podio A vederlo ieri sul podio di Mon-. za, mentre alzava il braccio di Villeneuve quasi a riconoscergli parte del merito della sua vittoria, sembrava l'incarnazione della felicità. Su quel podio, quello del campione del mondo, sognano di poter arrivare tutti. Frutta il denaro, la fama e l'ammirazione, che sono stati da sempre i punti termi della vita e delle speranze di Jody Scheckter. Per spiegare perché ha deciso di fare II pilota di Formula 1 Scheckter non ha mal speso paroloni. Correre è bello, ma se correndo si può guadagnare bene è meglio. Come tanti suoi colleghi, è cresciuto tra i motori, le macchie d'olio, le vetture da sogno che suo padre custodiva nel garage di East London, In Sudafrica, dove è nato il 29 gennaio del 1950. Un giorno (un bel giorno, direbbe adesso) il garage venne utilizzato dalla Ferrari per custodire le vetture che dovevano partecipare al Gran Premio. Scheckter aveva poco meno di vent'anni. Viste le Ferrari, pensò che era assurdo restare in Sudafrica se in qualche parte del mondo c'erano vetture come quelle da guidare. Parti per l'Inghilterra a 21 anni, con 300 sterline in tasca e poco altro. La trafila tu quella comune a tanti: Formula Ford, Formula 3, Formula 2, tante corse inutili fatte solo nella speranza che qualcuno prima o poi si accorga che sei il più bravo. A Scheckter bastò un solo anno per dimostrarlo: nel '72 la McLaren gli offrì una macchina per il Gran Premio degli Stati Uniti Est e lo confermò per la stagione successiva. Jody aveva fretta, pensava di avere già Imparato tutto quello che c'era da imparare, e naturalmente si sbagliava. Tutti ricordano ancora il suo Incidente In Francia con Fittlpaldi nel '73 (e Fittlpaldi quasi lo prese a pugni) e quello di Silverstone, quando coinvolse nove vetture in un incredibile groviglio. E poi tamponamenti, uscite di pista, errori senza fine. Dissero allora che non aveva cervello e che l'unica cosa che gli importasse era tenere schiacciato a fondo l'acceleratore sempre, anche quando non era necessario. Eppure, già in quegli anni, quel pilota a Enzo Ferrari piaceva. Lo vedeva in televisione e ne apprezzava il coraggio, la folle determinazione di arrivare comunque prima degli altri. Nel '74 Tyrrell lo chiamò a sostituire Stewart e fioccarono le prime vittorie. Nel '77 passò alla Wolf e arrivò secondo nel mondiale. Ferrari cercò di ingaggiarlo, ma non fu possibile. Lo prenotò per l'anno successivo, e a Montecarlo Scheckter firmò il contratto in gran segreto. Disse più tardi di aver accettato per un motivo molto semplice: voleva vincere II Mondiale di Formula 1, aveva 28 anni e poco tempo da perdere. L'unica scuderia che per serietà, capacità, organizzazione, prestigio poteva garantirgli questo risultato era la Ferrari. Sapeva, disse, che avrebbe dovuto lavorare di più, impegnarsi In lunghi, interminabili collaudi che ti spezzano le ossa e ti fanno passare la voglia di guidare. Ma è proprio questo, in qualsiasi campo, il prezzo del successo. Raffinò il suo linguaggio da scaricatore di porto, imparò a comportarsi da persona civile che deve rappresentare non un semplice team di Formula 1, ma un'industria tra le più famose del mondo. E' davvero sorprendente come Scheckter sia cambiato dopo un ' solo anno di Ferrari. Non solo nel carattere, ma anche nello stile di guida, diventato più prudente, più attento. Sposato, padre felice di Toby, nato l'anno scorso, vivea Montecarlo dove ha aperto un ufficio che gli serve per investire il suo denaro. E mentre I telex dell'ufficio ronzano e gli affari, vanno avanti, lui corre sullai spiaggia per tenersi in torma. E a chi gli si avvicina per chiedergli se è davvero Jody Scheckter, risponde: «No, gli assomiglio. Me lo hanno già detto in molti». Vittorio Sabadin

Persone citate: Enzo Ferrari, Jody Scheckter, London, Scheckter, Tyrrell, Vittorio Sabadin

Luoghi citati: Francia, Inghilterra, Montecarlo, Silverstone, Stati Uniti Est, Sudafrica, Villeneuve