Casana: sequestrati dal mare ma la prigione è in Barbagia di Mario Bariona

Casana: sequestrati dal mare ma la prigione è in Barbagia Ricostruito il sequestro dei due torinesi Casana: sequestrati dal mare ma la prigione è in Barbagia DAL NOSTRO INVIATO IGLESIAS — C'è un matrimonio e molti degli invitati sono arrivati vestiti dei costumi tradizionali. Prevale il nero, gualche pizzo bianco e quell'oro rosso dei bottoni e dei monili lavorati a mano che sono cose preziose tramandate di madre in figlia dalle donne sarde. Dopo il pranzo nuziale gli uomini cantano per la sposa. Una voce intona «Su mottu» e gli altri «entrano» in coro. Non c'è nulla del canto d'osteria, c'è l'imponenza inve-' ce del canto monostrofico. E' una specie di dolce nenia il testo di una serenata ninna-nanna. chedice «Su celu biancu biancu i promitti cilixia / su mali pari mancu I po tenni cumpangia i de sa turrì 'e su forti i si tiri barbarla i deu dongu bona notti / a sa piciocca mia / su rei turcu moni / regnad in barbarla i accostadi tesoru i che mamma è giai dumo» (dal cielo che sempre più si imbianca verrà la brina, è più lieve la sofferenza se non si è soli, dalla torre del forte si vede la costa dell'Africa, io dò la buona notte alla mia ragazza, il re moro dei Turchi è il sovrano della barbarla, avvicinati tesoro la mamma già dorme). La paura del mare che ha portato dall'Africa gli invasori e le razzie dei pirati è radicata nel sardo — ci dicevano — e ci veniva riproposta come una delle prove che il sequestro dei due ragazzi Casana portati via da uno scoglio sotto gli occhi dei genitori non era opera di sardi. Sembrava l'estremo, quasi assurdo tentativo di scrollarsi di dosso l'insetto schifoso del sequestro. Cosi, quando ci dicevano (gli stessi ufficiali dei carabinieri) «Questo è certamente un rapimento atipico* noi non capivamo che elementi «reali» ci fossero a puntellare queste affermazioni. Si pensava che ci si riferisse a quel braccio di mare che di scoglio in scoglio si sarebbe potuto attraversare con i calzoni rimboccati per andare a prendere i due ragazzi e portarseli via. Abbiamo dovuto assistere di lontano col binocolo alla ricostruzione del trasporto via mare degli ostaggi per cominciare a capire che qualcosa di concreto c'era. L'ufficiale dei carabinieri («Niente nomi mi raccomando*) ci dice: «Certo che è un rapimento atipico. Nell'Iglesiente non c'è mai stato un sequestro, questo è il primo. Non c'è malavita e in quattro anni un solo delitto, è stato tra due cognati: un momento d'ira, uno ha afferrato "sa pattada" affilato e acuminato coltello da pastore (fabbricato a Pattada, n.d.r.) e l'ha ucciso. Qualche furtarello, ma poi l'Iglesiente non è geograficamente adatto a questo tipo di reato, almeno nelle forme in uso in Sardegna, manca lungo la costa sudoccidentale nell'entroterra quella ragnatela di strade bianche non asfaltate che uniscono altre zone alla Barbagia e lungo le quali si svolge ormai il "traffico dei sequestrati"*. Pino al Sinis da dove comincia l'intreccio dei tratturi è una pianura piatta e pu¬ lita, dall'alto l'elicottero può seguire qualunque movimento. La vegetazione offre scarso riparo. Per l'ostaggio qui ci sono soltanto due soluzioni. Nasconderlo in una miniera di carbone abbandonata o in qualche grotta, oppure portarlo in Barbagia secondo una tecnica ormai divenuta tradizione in Sardegna. Da qui via terra è praticamente impossibile. Troppo rischio. Resta il mare, del resto grotte e miniere abbandonate e ovili li abbiamo battuti uno ad uno, ed è molto che i banditi abbiano corso tale rischio. «Allora il gommone non è servito soltanto per il trasporto dallo scoglio al punto più vicino di terraferma ma per portarli via mare ad un approdo da dove partono delle "strade bianche"?». L'ufficiale si alza e va a una carta geografica. "Ad arrivare qui — e segna un punto sopra Cabras —, conun gommone o un motore da 25 cavalli ci vogliono meno di due ore. Loro hanno ordinato ai genitori di non muoversi prima di un 'ora ma sapevano anche che ci sarebbe voluto molto tempo prima che scattasse l'allarme*. «Si rubano molti gommoni durante la stagione?» chiediamo. «Non molti, ma uno è siato rubato proprio qualche giorno prima del sequestro». Chiediamo: «E' vero che un abitante dell'Iglesiente non riesce a farsi capire da un nuorese e viceversa? ». Ci fa alcuni esempi, dei due modi di dire, per esempio, per chiudere la porta e andare a mangiare. Dice: «A Fertiglia parlano friulano. Ad Alghero catalano, a Cagliari il Campidano, a Carloforte il genovese: quanto a storie di separatismo e di lingua sarda (e io sono sardo) mi viene da ridere». Questo dovrebbe costituire comunque una difficoltà per accordarsi: dialetti diversi, mentalità diverse, ambiente sociale di estrazione diversa. Non dovrebbe essere facile arrivare ad una saldatura fra gruppi di lingua e costume differente. Qui ci sono profonde tradizioni di lotte operaie. «Questo è il triangolo rosso della Sardegna». «Non vogliamo emigrare: questa è la nostra terra, non vogliamo neppure diventare delinquenti» ci dicevano ieri alcuni operai delle tende rosse che chiedono lavoro alle miniere Serucci e Nuraxi Figus (60 per cento Eni 40 per cento Regione sarda); chiedono dei corsi di qualificazione e di porre riparo a una situazione che vede in questa zona concentrati 14 mila disoccupati, un quarto dei senza lavoro della Sardegna. Mario Bariona

Persone citate: Casana, Figus, Turchi