I rapitori a «tariffa fissa»

I rapitori a «tariffa fissa» E' ancora in pieno boom P«estate nera» dei sequestri di persona in Sardegna I rapitori a «tariffa fissa» Sono i «manovali» delle varie Anonime sarde - Il compenso di un capo-carceriere è di 170 milioni; un semplice «custode» riceve 20 milioni. Al riciclatore, anche la metà del riscatto DAL NOSTRO INVIATO NUORO — «Il latitante è una pentola buona per tutti i coperchio, mi dicono che sia una battuta di Graziano Mesina, «Grazianeddu», l'unico bandito sardo che avrebbe ancora la scintilla del «baiente». Tant'è che è stato l'unico dei banditi sardi ad etichettare la sua vita di violenza dopo essere stato «politicizzato in carcere» con una frase pronunciata al momento dell'arresto e passata alla cronaca: -Oggi è morto un bandito, è nato un guerrigliero». Il polo di ogni rapimento è il latitante. Numerosi autorevoli opinioni indicano nei pochi nomi alla macchia 1 quadri che esercitano un ruolo determinante nella macchina dei sequestri. Sono i Ciriaco Calvisi. 50 anni, Gonario Carta, 49 anni, Salvatore Carta, 49 anni, Salvatore Cassitta, 34 anni, Salvatore Monni, 49, Giovanni Talanas, 32 anni, Piero Piras, 34 anni, Pasquale Stocchino, 31 anni, Gavino Piras, procuratore legale, di 47 anni, Mario Capiali, 40 anni. Ci sono tra loro anche le nuove leve del banditismo sardo, quelli di cui quando si parla si sente dire che hanno infranto il codice barbaricino: mancano di parola e usano la violenza gratuitamente. «Un continentale non può capire il mondo di un pastore, che cosa rappresenta la pecora: essa è lavoro non patrimonio-proprietà: tu mi togli la pecora e mi condanni perché mi togli il lavoro: così si può uccidere chi ruba una pecora, diventando un "baiente" che è uno che si fa rispettare, altrimenti non ci sarebbe più stima per lui. In un paese dove l'abigeato è il reato più. comune, la difesa del gregge diventa fenomeno sociale», dice il maggiore Murtas, un sardo impegnato da anni nella «piccola guerra» della Barbagia. «E adesso — riprende —, non mi dica la prego che il pastore sardo è povero ed è per questo che ha un certo comportamento. Il pastore sardo nella maggior parte dei casi è ricco». E gli facciamo i conti in tasca. Una pecora vale 70-80 mila lire, anche qualcosa di più se è un montone pregiato, molto di più. Ma stiamo alla media: una pecora rende pulite 100 mila lire all'anno, per cento pecore il guadagno è di 10 milioni; ma il gregge qui in Sardegna è quasi sempre di 500-800-1000 capi e ci sono allevatori che pagano il servo pastore con tariffa sindacale sborsando fino a 600 mila lire al mese. In più l'allevatore tiene anche maiali, i pascoli sono quasi sempre di sua proprietà, per cui l'allevamento è al netto per quello che riguarda l'alimentazione. Ma il pastore è anche esposto a tutte le insidie del rapporto con il latitante, il suo senso unico è la solitudine. Vive tra le montagne e negli spazi a contatto con chi vive alla macchia, una parola sfuggita, un dubbio, ed è la vita che è in gioco. Adesso c'è anche qualche servo-pastore laureato: ma l'alta percentuale è di analfabeti o di gente che ha la quinta elementare ma analfabeta di ritorno. Il Pecoraro vive all'aperto, la sua vita è a contatto con la natura, ha sulla testa il cielo azzurro e le stelle, sente i suoni della notte e il fruscio dell'erba e delle foglie. Ora pensiamo di prendere uno di questi pastori e trapiantarlo in una fabbrica di Ottana. Si trova d'un tratto chiuso in una stanza zeppa di manometri e tubi, un ambiente per lui alienante, vede entrare del liquido nero e lo vede uscire bianco. Non capisce, non capirà mai quello che fa. Non riuscirà nessuno a spiegargliene l'importanza. Fosse un'industria conserviera e vedesse per esempio entrare pomodoro e uscire conserve forse allora potrebbe capire il senso di quello che fa. Ma questa roba maleodorante che gli passa tra le mani gli è ostile. Le fabbriche qui sfruttano e sputano fuori disoccupati, ed è qui che nasce il mercato del sequestro. Ci diceva un pastore colto, intervistato nelle campagne di Iglesias, Efisio Ardau, sintetizzando una storia complessa che un qualunque disoccupato può essere avvicinato da uno cht non conosce e che gli propone: « Vuoi guardare delle bestie? Ci sono 20 milioni per te». La cifra è forte, sproporzionata ma invitante. Il disoccupato, senza alzare la testa, guardandosi bene dal piantare gli occhi in faccia allo sconosciuto, gli domanda che genere di bestie? E si sente rispondere: bestie a due gambe. Non è un caso se accetta. In Sardegna la grossa percentuale di quanti lavorano nel giro dei sequestri è condannata alla manovalanza. Nell'85 per cento dei casi il basista e il latitante rappresentano le figure del «capo». Ma è pur sempre un livello infimo nella scala della gerarchia del rapimento. I due perni attorno ai quali ruota il sequestro sono la manova- lanza vera e propria costituita da pregiudicati, il «capo» che dà ordini alla sua squadretta, e quello che soltanto custodisce ostaggi Finalmente so la cifra che' guadagna un capo responsabile della custodia di un ostaggio: 170 milioni. Ma l'ingranaggio più delicato resta quello del riciclaggio perché il riciclatore deve avere «canali» importanti per fare un lavoro pulito e rimettere in circolazione le grosse somme «segnate». Si vede riconosciuti cosi capacità, estro, inventiva e chissà cosa diavolo altro, per cui gli tocca un 50 per cento del ri-, scatto. E' lui il vero parassita dell'impresa sequestri. Il basista è sfuggente, prende poco, 2-3 milioni, a seconda dell'importanza del sequestro, ma resta fuori dal gioco pericoloso, buono per altre imprese. Poi ci sono i fiancheggiatori, gli esecutori materiali, infine l'organizzatore, quello che viene definito la mente, il cervello. Di lui, o meglio di loro, non si conosce niente, mai scoperti. Chiedo al maggiore Murtas se dietro ai sequestri c'è, come pensano molti, una carica eversiva ben precisa: «Non in Sardegna, direi», risponde, e aggiunge: «Hanno un deterrente eversivo maggiore le vicende di Ottana per esempio, o gli scioperi dei traghetti perché questi sì mobilitano i sardi contro lo Stato e il governo diRoma». Mario Barlona A&rTtr\ A CoUTfe^PlAPÉCO&re, <,C0&U,/HAQe/ vecAMeio-re, Rapito... ci §

Luoghi citati: Iglesias, Nuoro, Ottana, Sardegna