C'è il pubblico al telefono di Stanislao Nievo

C'è il pubblico al telefono ESPERIENZE DI UNA TRASMISSIONE C'è il pubblico al telefono Per un mese ho condotto un racconto, racconto d'agosto come lo chiamavo, giorno per giorno, o capitolo per capitolo, alla Radio, sul secondo programma. Per 4 ore e mezzo — ogni giorno da lunedì a venerdì — in diretta, ho parlato, telefonato, letto lettere, risposto a quesiti, intavolato discussioni e conversazioni con un pubblico vasto e sconosciuto sugli argomenti più vari, a volte ovvi, a volte stimolanti, a volte di difficile collocazione, come sono spesso le storie degli uomini quando si accendono in prima persona, pressanti e drammatiche, o si legano a principi di cui il mondo parla da secoli e su cui le soluzioni sono controverse, piene di opposti, come è la natura del nostro agire. E' stata una esperienza che non avevo mai fatto prima. Un'esperienza per uno scrittore (e per tale ragione mi avevano chiamato) a volte stimolante, spesso giornalistica, talvolta molto stancante, altre volte con punte di partecipazione e di slancio sconosciute. Ora ho finito. Forse scriverò una storia, con tutti i personaggi, umili e sconosciuti, irruenti e delicati, allegri e noiosi che si sono affacciati per un momento alla vita di questo mio mese radiofonico. Lascerò sedimentare un po' questa massa, giornaliera e fittissima, di attenzioni e di grida umane. Dico grida dal profondo, sia pure che impure, toccanti e disordinate. Qualcosa, forse, verrà a galla. E' importante per uno scrittore un'esperienza simile? Posso dare solo la mia risposta, singola e molto unilaterale. E' stato faticoso. I tempi, almeno i miei tempi di scrittura e prima ancora di pensiero, sono più lunghi generalmente di quelli che di volta in volta avevo a disposizione durante la trasmissione di Radioduestate, e su cui si articolava il mio intervento, in pratica. Questo faceva sì che avvertissi una specie di «discursus interruptus» limitante lo spazio di intervento, o almeno la ricerca di qualcosa di diverso, marginale o profondo che fosse, e che ci si potrebbe aspettare da uno scrittore. Insomma, più che portare la propria figura «giornalistica», attiva, di medio personaggio d'oggi, è la capacità di sapere ascoltare e capire che serve in una vicenda del genere. Anche rubriche diverse, fisse, come il GR. i bollettini delle valute e alcuni programmi musicali provocano quel senso di intoppo di cui sopra, cancellando sul nascere atmosfere forse desiderabili per uno scrittore, almeno per uno come me. A parte questo, e la mancanza di un po' di repertorio di musica classica, penso comunque che sia stato un mese unico per la mia esperienza. Serie di eventi e problemi, spesso appena sfiorati nel passato, sono entrati come un vento squassante, a volte anche pesante, ma vero. vivo, dentro di me. portando a nodi di situazioni umane che in qualche modo bisognava sciogliere. Almeno un po'. E' stata un'ottima ginnastica mentale, e anche di umiltà. Ho avuto molti amici ospiti in studio, che mi hanno confermato, per programmi del genere, la validità del dialogo sempre rinnovato. Ma la regina della trasmissione è stata la telefonata col pubblico. Molte più le donne che gli uomini ne sono state protagoniste. Gli argomenti di maggior interesse: solitudine, femminilità, invidia, pena di morte, ecologia e animali domestici, erboristeria, bisogno di scrivere poesie, distacco della gioventù di oggi, e infine un po' di lettura, di aldilà, di divinazione, e anche un po' di allegria, di festa. Le lettere arrivate, talvolta fitte e lunghissime, qualche volta scritte da mito-' mani, hanno rivelato una diffusissima sensibilità inattesa, che da qualche parte aspetta un po' d'aiuto. Malati e handicappati sono un'altra vasta fascia che ascolta. Spesso costituiscono una grande fonte di mancanza di carità sociale e individuale per noi che ne viviamo al di fuori. Man mano che i giorni del mese passavano, mi accorgevo che l'unica energia, l'unico fulcro che rimaneva nel fondo era trovare un po' di co¬ raggio dentro di sé. Da lì. da quel punto di appoggio — ognuno, nei limiti personali, può lentamente sollevare il proprio mondo. La radio è musica e parole. Ogni silenzio, se non pause brevissime, musicali, non è sopportato. Era per me motivo d'ansia, qualche volta. Dal lato opposto la posizione, per quanto limitata, di autorevolezza di chi parla al microfono aiuta, dopo momenti iniziali di ansia che la voce non riesce a nascondere. E' stato piacevole? Non lo so. Interessante, commovente qualche volta, allegro e esuberante altre volte, e anche noioso. Numerosissime testimonianze di nuovi amici sconosciuti mi hanno fatto sapere che stavano bene in quelle ore. Una riprova che il racconto e i suoi partecipanti avevano trovato insieme. Solitudine, bisogno d'amore, sensibilità e un pizzico di speranza ne erano il cemento. Una sera, la telefonata di un ex carcerato politico del 1932 ha svelato attraverso una musica e una canzone un ricordo. Era una canzone scoppiata una sera nel braccio politico di un carcere e allargatasi come motivo irrefrenabile di libertà perduta ai bracci criminali della prigione, con sconvolgenti risultati di par¬ tecipazione emotiva tra i carcerati. Il protagonista di quel lontano episodio, il suo nome è Ottorino, descriveva quella sera di tanti anni prima come un attimo di assoluto, di pietà — anche di pienezza della propria esistenza. Ottorino ha descritto al telefono talmente bene, e concisamente — ma con assoluta libertà d'espressione — quel ricordo che è stato per me uno dei migliori momenti dell'intera trasmissione. Questa telefonata mi ha fatto pensare che il tentativo, durato un mese per me al microfono, fosse avviato nella stessa direzione. Il tentativo di risvegliare, se non nel ricordo certo nel comportamento dimenticato di qualcuno, qualcosa di simile, una partecipazione, o almeno un attimo di fratellanza fatto più di emozioni che di eventi. L'esperienza radiofonica, se vale, è per questi momenti, dove chi parla come conduttore passa la palla e il ruolo all'altro capo, a chi ascolta e le parti si rovesciano in uno strano, appassionante giroscopio. Per il resto quel che se ne trae è un po' di pubblicità. Ecco cos'è stato per me il mese passato al microfono. Ora però ritorno, più in silenzio, a scrivere. Stanislao Nievo