Se manca quella certa voglia di Michele Fenu

Se manca quella certa voglia Se manca quella certa voglia Dichiarazioni di Luca Montezemolo; «Me l'aspettavo, ma non pensavo così presto» Nel 1976, In una piovosa domenica di ottobre, Niki Lauda aveva rinunciato a difendere un titolo mondiale quasi conquistato: la pista del circuito giapponese del Fuji era battuta dalla pioggia e la visibilità era scarsa. Lauda, sofferente per i postumi dell'incidente del NUrburgring, si era trovato a disagio nell'abitacolo della sua Ferrari. Due giri, poi era rientrato al box. «Basta — aveva detto —, è una follia correre in queste condizioni, lascio». £ il campionato era stato vinto da James Hunt. Adesso, per un singolare caso del destino, sia Lauda che Hunt, protagonisti di quella' drammatica stagione, entrambi campioni del mondo, hanno abbandonato l'attività sportiva. Hunt l'ha fatto fn; giugno, dopo il Gran Premio, di Monaco, Lauda venerdì, al-' la vigilia del Gran Premio deiCanada. Più o meno simili le motivazioni: la mancanza di stimoli per continuare, un senso di inutilità e di noia, la paura. Le corse di Formula 1, al di là delle suggestioni spettacolari e del fascino da cui sono, circondate, costituiscono per i piloti un impegno stressante, una fatica sia fisica che psichica. Prove, allenamenti, gare per quasi tutto l'anno ormai, trasferte snervanti, un ritmo di vita allucinante, una concentrazione che deve essere totale, una voglia di vincere che sgomenta. Un corridore deve vivere solo per le competizioni, perlomeno se desidera emergere, senza badare a rischi e pericoli, senza pensare ad altro, alla famiglia, ad esempio. Guai se si rompe la molla dell'orgoglio, della voglia di vincere, guai se la passione per le corse sfuma, se il lavoro, duro, diventa un peso. Guai se un pilota apre gli occhi, comincia a riflettere, a domandarsi se nel mondo non ci sono cose più interessanti del filare a 300 l'ora incapsulati dentro un mostro di metallo e plastica. Nel 1976 Lauda aveva voglia di combattere e di vincere. Il suo ritiro al Fuji era stato un gesto preso con lucida intelligenza. Una battaglia persa per preparare una grande rivincita, rivincita giunta puntualmente nella stagione successiva. Ora il «no* è definitivo, la guerra è davvero perduta. Ma anche questo addio ha il sapore di una scelta compiuta con coraggio, sema tentennamenti, con fiera determinazione. E' chiaro che la decisione di Lauda rappresenta l'atto finale di una meditazione, di un travaglio. I problemi con la Brabham-Alfa, la nascita di un figlio, gli impegni in una attività — quella di proprietario di una società aerea — più piacevole e stimolante, la frustrazione di dover correre con una vettura non competitiva: un cocktail che ha indotto Lauda ad un ritiro solo in apparenza fulmineo. «Mi aspettavo — dice Luca Montezemolo, amico di Lauda dai felici tempi in cui il pilota correva per Mar anello — che Niki avrebbe compiuto un gesto del genere, ma non cosi presto. Mi pare, in ogni caso, che sia intelligente da parte sua ritirarsi mentre è ancora un pilota di alto livello, come ha dimostrato recentemente a Imola nel Gran Premio Dino Ferrari, prima di imboccare il viale del tramonto». «Lauda — continua Montezemolo — è un campione che ha avuto molto dall'automobilismo, ma cheha anche dato tanto: ha operato per anni al vertice in una attività logorante, non priva di rischi. La Formula 1 perde un grosso personaggio, uno dei più grandi piloti del dopoguerra, 1 cui meriti nel rilancio della Ferrari non possono essere .'nascosti. Come uomo può piacere o meno, essere simpatico o antipatico, ma la sua Intelligenza, 11 suo talento e la sua abilita sono evidenti». «Non sono ancora riuscito a parlargli — conclude Montezemolo —, ma posso tentare un giudizio sul ritiro: gli mancano ormai la volontà di combattere e di rischiare, ed è comprensibile in chi, come lui. da diversi anni a questa parte ha sempre lottato ai massimi livelli. Tra i piloti ancora oggi in attività, Niki è quello che ha vinto di più e al quale si è sempre chiesto di più, forse perché non tutti erano convinti delle sue eccezionali doti». Senza Lauda, senza quest'uomo in apparenza freddo e scostante, senza questo pilota polemico e intelligente, la Formula 1 è più piccola. Otto anni di carriera in un lampo, quattro di amore-odio con la Ferrari che sono già leggenda: sembra ieri, Lauda era una promessa e ora è un «ex*. Nello sport gli assi sono meteore. C'è solo un mito che resiste, mentre i piloti passano: si chiama Ferrari. Michele Fenu

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