L'Italia e Punita delle sinistre

L'Italia e Punita delle sinistre L'Italia e Punita delle sinistre I parenti difficili L'unità delle sinistre di cui si ricomincia a parlare è un problema ricorrente, ed è un problema ricorrente perché le sinistre non sono state mai o quasi mai unite. Molto meno unite che le destre, almeno in Italia. Dalla Destra storica al fascismo, dall'età giolittiana all'età democristiana, la classe dominante è sempre riuscita a costituire, per usare una nota espressione gramsciana, un «blocco storico., la sinistra, mai. La destra ha sempre trovato buone ragioni per restare unita, nonostante le divisioni profonde storiche e politiche (basti pensare alla «questione cattolica»). Le sinistre hanno sempre trovato buone ragioni per restare divise, nonostante la proclamata unità (la parola «unità» è tipica del gergo di sinistra). Il secolo trascorso dalla nascita dei partiti operai si può dividere in quattro grandi tappe. Tutte queste tappe sono state contrassegnate da contrasti che hanno contrapposto i contendenti non come parti di uno stesso schieramento ma come nemici irriducibili. Al momento della formazione dei primi partiti socialisti, il campo di battaglia (questa espressione del linguaggio militare non è affatto fuori luogo) si scinde fra marxisti e anarchici; nell'età della Seconda Internazionale, tra revisionisti e ortodossi, o, che è lo stesso, fra riformisti e rivoluzionari; negli anni del primo dopoguerra, scoppiata la rivoluzione in Russia, tra menscevichi e bolscevichi, o tra antileninisti e leninisti, fra coloro che continuano a mantener fede ai principi della democrazia e i fautori della dittatura del proletariato intesa come dittatura della sua avanguardia; infine, nel secondo dopoguerra, con particolare riguardo all'Italia, fra socialisti (o socialdemocratici) e comunisti, cioè fra una sinistra che si considera inserita nella tradizione della democrazia occidentale (che è poi l'unica democrazia, per quanto imperfetta, che sia mai esistita) e una sinistra che ha accettato come svolta storica decisiva la Rivoluzione d'Ottobre. Non si tratta di scaramucce di poco conto, ma di una vera e propria guerra senza esclusione di colpi (parlo, si capisce, di una guerra ideologica dove i «colpi» sono invettive, contumelie, calunnie, insinuazioni, ingiurie, ed altrettali assalti verbali). Chiunque abbia avuto una qualche familiarità con la letteratura della sinistra non può non essere stato sconvolto dalla enormità delle accuse che si sono lanciati i rappresentanti delle diverse correnti nelle più diverse occasioni. Accuse di tradimento, da un lato, degli ideali rivoluzionari, dall'altro, degli ideali umanitari. Quando si parla di unità delle sinistre, dunque, non bisogna nascondersi che la disunione viene di lontano, ed è diventata particolarmente profonda dopo la rivoluzione sovietica. Il che spiega fra l'altro perché attualmente sia più drammatica nei Paesi in cui vi è un forte partito comunista, come in Italia. Tanto profonda, tanto drammatica, da indurre ogni persona ragionevole a bandire l'illusione che basti un incontro al vertice fra i due segretari dei partiti della cosiddetta sinistra storica per risolverlo, anche se un incontro è sempre meglio che lo scontro. Eppure il problema dell'unità non solo tattica, ma strategica, non solo strategica ma ideale, della sinistra è fondamentale per lo sviluppo della democrazia in Italia. Sulla base dell'esperienza storica continuo a essere convinto che le migliori democrazie siano quelle in cui i partiti si alternano al governo e all'opposizione. Del resto, una delle regole fondamentali della democrazia è che governa chi ha la maggioranza. Si tratta come ognun vede di una regola puramente formale, in base alla quale nessun partito ha il diritto di governare in quanto tale — a differenza di quello che accade nell'Unione Sovietica in cui un partito specificamente nominato, il partito comunista, è designato dalla Costituzione (art. 6) come «il nucleo del sistema politico» —, ma ogni partito acquista il diritto di governare se si verifica la condizione prevista. La regola in base alla quale nessun partito ha il diritto di governare in quanto tale ma lo acquista soltanto in quanto ottiene la maggioranza dei voti è fondamentale per lo sviluppo della democrazia proprio perché permette governi alternativi, e consente a un partito di esercitarsi nei due ruoli del governo e dell'opposizione. Un argomento banale ma inconfutabile (talora bisogna pure avere il coraggio di essere banali di fronte ai ragionamenti troppo sottili degli oratori politici): se ci fosse stato un unico partito di sinistra in Italia, nelle prime elezioni dopo la caduta del fascismo (2 giugno 1946), la maggioranza relativa, e quindi la prerogativa, secondo una prassi costituzionale consolidata, di formare il governo, sarebbe toccata a questo partito e non alla democrazia cristiana. Nelle ultime elezioni i voti del partito comunista sommati con quelli del partito socialista, per non parlare di altre frange di sinistra, hanno superato quelli della democrazia cristiana. E anche in questo caso il diritto di formare il governo sarebbe spettato alla sinistra. Che cosa voglio concludere? Una cosa molto semplice: che la ragione principale del predominio democristiano è la divisione della sinistra, o, per dirlo con parole ancor più elementari, mentre il partito degl'interessi costituiti è uno solo, i partiti degl'interessi emergenti sono stati sinora due o più di due. Una constatazione non è una soluzione, d'accordo. Ma non c'è soluzione, posto che la si voglia veramente, che non passi attraverso questa constatazione. Se non altro la constatazione richiede una spiegazione, e l'unità delle sinistre non farà un passo avanti sino a che non sarà data una risposta chiara, non evasiva, non truccata, non ideologicamente deformata, alla domanda: quali sono le ragioni reali di questa perpetua divisione? Inutile pensare che si possa superare la disunione con accorgimenti tattici, con il simulare accordi apparenti e col dissimulare disaccordi reali, e senza essere andati sino in fondo nella ricerca delle cause che l'hanno determinata, e non solo da questi ultimi anni in poi, perché, lo ripeto, la lacerazione all'interno dei partiti, dei gruppi, delle sette, che si sono sinora divisi la rappresentanza della classe operaia, è un dato storico permanente. L'unico modo per superare questa antica lacerazione e il continuo pullulare di scissioni all'interno della sinistra (nelle ultime elezioni addirittura tre liste alla sini- stra del partito comunista), è di rendersi conto delle cause che le hanno determinate e continuano a determinarle. Mi domando come si possa giungere a una reale e stabile unità delle sinistre senza aver capito quali sono le ragioni profonde che la impediscono. Al di fuori di un'analisi spregiudicata, anche spietata, della loro storia, non c'è per le sinistre storiche e non storiche altra possibilità che quella della rissa perpetua o dei trattati di carta. Si potrebbe finalmente anche scoprire che molti argomenti che ciascuno continua a portarsi dietro e a custodire nella cassetta degli oggetti preziosi sono diventati di fronte ai problemi del nostro tempo fragili o inconsistenti, da buttar via come una moneta svalutata. Intanto ancora una constatazione s'impone (una constatazione, non una spiegazione ! ) : in generale i soli Paesi in cui la sinistra è rimasta più unita ed essendo rimasta più unita è riuscita ad avere quella maggioranza di governo che le varie e multiformi sinistre italiane non hanno mai avuta, sono i Paesi in cui la tradizione del partito socialista democratico non è mai venuta meno, e il partito socialista, non quello comunista, costituisce la forza trainante dell'intera sinistra. Norberto Bobbio

Persone citate: Norberto Bobbio

Luoghi citati: Italia, Russia, Unione Sovietica