Nuoro, rilasciata anche Cristina dentro un pulmino abbandonato

Nuoro, rilasciata anche Cristina dentro un pulmino abbandonato Di notte, lungo la statale, dopo 82 giorni di prigionia Nuoro, rilasciata anche Cristina dentro un pulmino abbandonato E' lo stesso veicolo in cui i banditi rinchiusero la madre, domenica scorsa, al momento della liberazione - Pagato un riscatto di 500 milioni - Ora tutta la famiglia è su uno yacht OLBIA — Quando la «Volante» della polizìa si è accostata al pulmino abbandonato la ragazza era rannicchiata su uno dei sedili anteriori, ricoperta da un sacco a pelo azzurro. Di fronte alla luce delle torce a mano ha sbarrato gli occhi, tremante. Poi ha udito una voce amica: «Set Cristina?'. «SI», ha risposto. «Stai tranquilla, tutto è finito: siamo della polizia. Ora vieni pure con noi-. Cristina, 15 anni, è uscita dall'abitacolo rinfrancata e ha mormorato: «Grazie, grazie, per avermi liberata-. Si è cosi concluso mercoledì notte il drammatico sequestro Cinque, compiuto il 7 luglio scorso in una villa di S. Pantaleo, non lontano dalla Costa Smeralda: è finito, inaspettatamente, nello stesso posto dove, la notte fra domenica e lunedi scorso, era stata liberata Luisa Scaccabarozzi in Cinque, 41 anni, madre di Cristina, abbandonata anch'ella nel pulmino in sosta da lungo tempo accanto alla casermetta disabitata dei carabinieri di «Donnacori», sulla vecchia statale Nuoro-Macomer, a sette chilometri dal capoluogo. Via radio il capo-pattuglia ha informato la questura e pochi minuti più tardi Cristina Cinque era a Nuoro dove l'attendevano funzionari e agenti che per ottantadue giorni avevano vissuto il dramma della sua famìglia. C'è stata ancora una telefonata alla villa della famiglia Cinque, una breve sosta negli uffici della Mobile, quindi un nuovo viaggio in 127 verso Olbia. A metà percorso l'incon tro con i genitori che attendevano angosciati la liberazione. Un abbraccio e qualche lacrima: 'State tranquilli, sta bene. Ora è davvero finita*. Tutto ciò è avvenuto fra le 2,15 e le 5 del mattino di ieri giovedì. Da quasi due ore la ragazza attendeva nel pulmino «850» dove, dopo una marcia in campagna di circa un'o ra e mezzo, era stata accorri pagnata da tre o quattro ban diti. 'Resta qui in attesa — le aveva detto uno dei rapitori — poiché tra un po' verranno a prenderti'. Più tardi era tran sitata una pattuglia di polizia ma gli agenti non avevano | immaginato che la ragazza potesse essere 11. Dopo un'ora è passata la seconda pattuglia. 'Diamo uno sguardo al pulmino', ha detto il brigadiere D'Urso: un controllo fatto più per scrupolo che per sospetto. Cristina Cinque era 11, in attesa di un volto amico. Giunta alla villa di S. Pantaleo (dalla quale l'industriale milanese Giorgio Cinque e la moglie Luisa non si erano mai allontanati dopo la liberazione della donna, facendo diffondere la falsa notizia che sì erano recati in Corsica), la famiglia si è trattenuta alcune ore senza ricevere nessuno, esclusi alcuni amici e gli inquirenti, ai quali hanno rilasciato scarne dichiarazioni; poi, quasi di soppiatto, se ne sono allontanati. La voce più attendibile li dà ospiti su uno yacht di conoscenti che ha preso il largo da Porto Cervo. Non c'è fretta di verbalizzare le loro dichiarazioni. Anzi: è prassi costante che agli ostaggi liberati vengano concessi alcuni giorni di riposo da dedicare soprattutto alla riflessione e alla ricostruzione minuziosa dei drammatici avvenimenti. Il riscatto pagato dall'industriale cartaio di Novate Milanese è stato di mezzo miliardo versato mertedl notte lungo la Nuoro-Bitti, non lontano dal luogo ove alcuni giorni prima i carabinieri avevano ingaggiato un conflitto a fuoco con i banditi che attendevano gli emissari di Giorgio Cinque, il giornalista Gian Maria Dossena e il meccanico Nello Ghisolf i. A consegnare il riscatto, però, sono stati altri due emissari (non sardi): tutte banconote da cinquanta e centomila lire racchiuse in una borsa per scarpe. Il cambio degli emissari è stato una mossa di Giorgio Cinque per sviare i controlli delle forze dell'ordine e facilitare cosi la liberazione della figlia. Ora, in attesa che scatti l'indagine per tentare di individuare i rapitori, si compiono con discrezione battute e si controllano ovili ma tutto lascia prevedere che tanto impegno non verrà premiato. Gli inquirenti e gli esperti del banditismo barbaricino hanno già dato una catalogazione al sequestro Cinque, cosi come a quello degli Schild, di Fabrizio De André e Dori Ghezzi e tanti altri rapimenti compiuti negli ultimi tempi: c'è una matrice orgosolese, e barbaricina più in generale. In tutte queste imprese delittuose la banda ha quasi sempre i medesimi custodi, mentre possono essere diversi gli esecutori e gli ideatori. Tra questi ultimi figurano persone assolutamente insospettabili, di lontana estrazione agropastorale, che possono passare inosservati nella zona frequentata da ricchissimi turisti grazie alla loro attività economica. Tra i custodi, invece, emergono i nomi di notissimi latitanti: da Gonario Carta, orgosolese, a Piero Piras e Antonio Stocchino, entrambi di Arzana; da Tore Cassitta, gallurese. a Ciriaco Calvisi di Bitti. Quest'ultimo è definito 'il latitante buono' e gode di protezione in tutto il Nuorese. ma gli inquirenti non sono dello stesso avviso e lo sospettano implicato in moltissimi rapimenti. Carta. Piras e Stocchino sono stati condannati all'ergastolo: anche a Cassitta era stato inflitto l'ergastolo per il sequestro e l'uccisione di Puccio Carta, figlio del presidente dell'Alisarda. ma una clamorosa sentenza della Corte d'Appello di Cagliari (il presidente della Corte, il dott. Raimondo Pili, è stato di recente destinato ad altro incarico) lo aveva mandato assolto condannandolo soltanto per un tentativo di omicidio. Cassitta è estraneo all'ambiente orgosolese, ma è «sopportato»: si pagherebbe, secondo gli inquirenti, la protezione con la custodia di ostaggi e altri compiti nell'economia dei sequestri di persona: ma se è importante, anzi indispensabile, assicurare alla giustizia i latitanti appare ancora più importante indivi duare i basisti. Si parla diffusamente dipersone non benestanti e che pure fanno studiare i figli all'estero, di persone che investono centinaia di milioni lungo la costa orientale sarda Forse è giunto il momento che anche la Guardia di Finanza compia accertamenti sui tanti singolari arricchimenti. Antonio Pinna