Non solo l'ideologia spinge gli artisti a lasciare l'Urss di Livio Zanotti

Non solo l'ideologia spinge gli artisti a lasciare l'Urss Dai ballerini del Bolscioi agli assi del pattinaggio Non solo l'ideologia spinge gli artisti a lasciare l'Urss In un mese, cinque hanno ottenuto asilo in Occidente - L'ambasciatore a Roma pretendeva che il regista Bondarciuk consegnasse tutto il compenso appena ricevuto per il film «Waterloo» (150 mila dollari) - La furiosa lite del musicista Mstilav Rostropovich DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — C'è un capitolo della storia nascosta dell'Urss dietro le ultime fughe in Occidente di celebrità russe: quello dei rapporti tra il potere e gli artisti. Se ne sono andati in cinque nel giro di un mese. Prima i ballerini del Bolscioi in tournée negli Stati Uniti, Aleksandr Godunov, a New York, i due Koslov, Valentina e Leonid, a Los Angeles; adesso gli assi del pattinaggio su ghiaccio, Ludmila Belusova e Dmitri Protopopov, rimasti in Svizzera. E'come se improvvisamente rifiutassero di tornare in Italia Fracci, Milva e Rivera. Ci si domanda perché; se lo domandano anche i russi, informati delle defezioni dalle radio occidentali che trasmettono nella loro lingua. Due episodi, entrambi con artisti famosi come protagonisti, dicono molto anche se non tutto sulle ragioni che alimentano questa particolare «Russia esterna», popolata da un'emigrazione di virtuosi d'ogni musa. Serghiej Bondarciuk aveva appena terminato di dirigere il film «Waterloo» e stava in un appartamento dell'hotel Excelsior, a Roma, aspettando che i responsabili della società produttrice andassero a concordare con lui la forma del pagamento. «Ho fatto i conti: fanno 150 mila dollari, li vorrei tutti in biglietti da mille ciascuno», disse loro Il regista sovietico si apprestava a lasciare l'albergo, il giorno seguente, ma una telefonata della sua ambasciata 10 costrinse a trattenervisi ancora. «L'ambasciatore vi prega di ricevere il consigliere culturale», gli dissero da via Gaeta. Fu questione di mezz'ora. E Bondarciuk ebbe la conferma che non si era sbagliato neanche un pò nell'immaginare i motivi della visita: 11 funzionario inviato dalla rappresentansa diplomatica sovietica voleva proprio i dollari, tutti. «Voi sapete di avere dei doveri con il fisco, compagno Bondarciuk», ripeteva quello. «Certamente ed io onoro gli obblighi con lo Stato», replicava il regista. «Fatemi vedere la legge ed io pagherò fino all'ultimo centesimo dovuto». Finirono davanti all'ambasciatore in persona; ma la legge non venne fuori e Bondarciuk se ne andò senza pagare. Lo avevano minacciato di sequestrargli i dollari alla dogana di Mosca, una volta rientrato in patria. Lui, sema scomporsi, li denunciò regolarmente ed entrò nel Paese con la borsa in cuoio acquista-' ta a Roma colma di biglietti di banca. .Riuscì anche a farsi, una bella dormita, arrivato a casa. Ha raccontato che era riposatìssimo quando andò al ministero della Cultura, convocato urgentemente dal ministro. Lo accolsero come il primo della classe al quale è saltato in mente di fare una birichinata. Però via via che con il procedere della discussione egli manteneva fermo il proprio punto di vista, il ministro perdette la calma. «La legge, mostratemi la legge ed io pagherò», insisterà Sembra incredibile ma è la verità: la legge non esisteva e sembra che non esista ancora oggi. Il ministro dovette ammetterlo, fino ad allora ci si era sempre «messi d'accordo», come dire che si era proceduto a «trattativa privata» tra lo Stato e i singoli cittadini. Il ministro esclamò però che faceva affidamento sul senso patriottico del regista e fu in quell'istante che Bondarciuk cavò di tasca due ritagli di giornali italiani che riportavano la medesima notizia: due brillanti cacciatori, un miliardario americano e il figlio del membro del Politbjuro Kirill Mazurov, avevano pagato 30 mila dollari ciascuno per abbattere una decina di leoni nel parco nazionale del Kenia. «Io pago allo Stato, ma non perché il figlio di Mazurov vada a caccia con 1 miei soldi», gridò Bondarciuk. E poiché nel Politbjuro del pcus c'erano anche dei suoi buoni protettori, oltre a Mazurov, non pagò e tutto finì lì. Ebbe nervi meno saldi e peggiore fortuna Mstislav Rostropovich, il direttore d'orchestra e violinista che vive ormai tra Filadelfia e Gine- vra. Questioni di soldi, per non parlare delle altre, egli ne aveva sempre avute con le autorità sovietiche. Una volta decise di aggirare l'ostacolo; agli organizzatori di una serie di concerti da lui diretti, a Londra, fece sapere che al compenso in denaro avrebbe preferito un regalo. Gli offrirono una rarissima anfora etrusca. Rostropovich ne rimase incantato, da esperto collezionista quale è. A distoglierlo giunse però anche per lui la visita del solito funzio-, nario dell'ambasciata. «Come facciamo, non possiamo certo dividercela. E poi si tratta di un regalo», osservò il musicista. «Effettivamente no, non possiamo dividerla. Pertanto sono autorizzato a ritirarla e a consegnarvi la parte a voi spettante in moneta», rispose il funzionario. Rostropovich non riuscì a dominarsi, afferrò il vaso e lo scagliò in terra, tra i piedi del funzionario, gridando l'immaginabile. Livio Zanotti